
Jurassic World, il parco è aperto
June 10, 2015“Qui non si bada a spese”
L’annuncio della realizzazione di Jurassic World ha portato critiche in ogni dove; sono bastati un paio di trailer e una sinossi per scatenare l’ira degli utenti del web:
“Ancora? Di nuovo un parco aperto e poi il dinosauro di turno che scappa e crea il panico? Un’altra volta?” così hanno detto persone che per la settima volta quest’anno, sono andate a vedere Fast & Furious.
Il parco a tema, grande sogno di John Hammond, finalmente è stato realizzato, è aperto da anni e tutto funziona perfettamente, senza registrare nessun tipo di incidente.
Dopo 20 anni, volti noti in questo Jurassic World non ne vediamo, tranne uno, il dottor Henry Wu, capo genetista che abbiamo già visto nel primo capitolo. Ora ha realizzato una nuova attrazione, l’ibrido Indominus Rex che diventato adulto, sfugge al controllo e semina il panico nel parco.
C’è una grandissima premessa da fare prima di parlare di Jurassic World: nessuno si aspettava il capolavoro, questo è ovvio, ma anche sparare a zero su un film ancor prima di uscire, con ancora nelle orecchie il rombo di motori della macchina di Dom Toretto, mi sembra abbastanza ridicolo.
Togliamo subito il dente dicendo che Jurassic World è un buon film, con difetti, come era prevedibile, ma lontano anni luce dall’essere un film orrendo.
Due.
Due è la parola chiave per questo film.
Jurassic World ha due diversi aspetti, uno è chiaramente nostalgico (probabilmente succederà la stessa cosa anche con il prossimo Star Wars VII), l’altro invece puramente commerciale.
La stessa sceneggiatura del film si può dividere in due parti distinte; una dove ricalca le stesse dinamiche dell’originale Jurassic Park, citando continuamente, l’altra invece prepara il terreno ai futuri sequel e si accoccola i nuovi fan, le nuove leve di spettatori che torneranno a giocare con i dinosauri o a comprare l’album di figure e iniziare la collezione.
Due sono anche i prodotti di cui parliamo: da una parte c’è il romanzo originale di Michael Crichton, pubblicato nel 1990, Jurassic Park, dall’altra c’è un signorino amato e odiato dal pubblico di nome Spielberg che opzionò i diritti cinematografici del libro ancor prima che venne presentato al pubblico e ne realizzò il film, dall’omonimo titolo, che ha dato vita a tutto nel 1993.
In quello stesso romanzo, Crichton toccò diversi temi: il rapporto dell’uomo con la natura, l’avanzare delle tecnologie e del progresso del potere genetico, la sopravvivenza della specie. Inoltre si affronta anche il concetto della manipolazione genetica e del possibile addestramento degli animali.
Sì, che ci crediate o meno, lo stesso Crichton nel 1990 affrontò questo tema, quindi vedere dei Raptor segugi non è frutto di una partita di stupefacenti tagliata male, ma semplicemente un rispolvero del materiale base.
Due sono anche gli sceneggiatori che sono riusciti a farsi accettare il proprio lavoro. Ricordate il periodo in cui furono svelate tutte le sceneggiature, scartate? Malattie preistoriche ve tornavano a vivere insieme ai dinosauri o, peggio ancora, raptor con innesti robotici, carichi di armi nucleari a conquistare il mondo.
Bene, tra tutte queste, Rick Jaffa e Amanda Silver l’hanno spuntata. Essi sono gli stessi (due) sceneggiatori che hanno riportato la saga del Pianeta delle Scimmie al cinema e nel film portano avanti un concetto già iniziato con Cesare: il confronto, il rispetto e la sopravvivenza della specie.
Jurassic World non sarà il film dell’anno o tanto meno il blockbuster dell’anno, dato che per quest’ultimo il trono è ancora a Mad Max: Fury Road (che targarlo come blockbuster è quasi un insulto, ma lasciamo stare), ma si inserisce perfettamente in quel fiume che ti traghetta in un emozioni nostalgiche, qualche buona trovata, un ritmo mal gestito dal regista Colin Trevorrow e tanto, tanto divertimento, perché ancor prima di cercare di stupire (fallendo), il film ci porta indietro negli anni ’90, coccolati dal theme originale di John Williams riadattato da Michael Giacchino adattandolo a una dolce poesia; un occhio quasi commosso a quello che è stato Jurassic Park ma con la fermezza di voler raccontare questa nuova ‘saga’ (o trilogia, ancora non ci è dato conoscere cosa vorranno fare lì alla Universal).
I dinosauri hanno accompagnato gran parte della nostra infanzia e l’attenzione nostalgica è tutta indirizzata qui, ma andiamo oltre il concetto dell’uomo che gioca a fare Dio, arriviamo al semplicistico concetto del rispetto e della possibile condivisione di un mondo da parte di una specie lontana almeno 65 milioni di anni.
Le fasi finali del film sono chiare, il parco chiude e gli animali diventano padroni assoluti di Isla Nubar (di nuovo) ma l’orizzonte non è ben definito, come capita quotidianamente ad ognuno di noi, che cerchiamo incessantemente un luogo, un confronto, il nostro posto.
I dinosauri ora non avranno vita facile. Il ritorno degli umani a pasticciare con il DNA giurassico è sempre lì, dietro l’angolo, come l’attesa di una risposta ‘umana’ per rivendicare il possesso dell’isola.
Neanche fossimo in Lost.
Anni di evoluzione e siamo sempre qui a fare gli stessi errori.
-Gabriele Barducci
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