Sicario, la paura del buio nella terra dei lupi

Sicario, la paura del buio nella terra dei lupi

September 28, 2015 0 By Simone Tarditi

sicario poster 2Denis Villeneuve compie un salto in termini geografici, dalla fredda e piovosa Pennsylvania di “Prisoners” al caldo torrido e soffocante al confine col Messico di “Sicario”, entrambi fotografati magistralmente da Roger Deakins, ma riesce sempre ad evidenziare prepotentemente i temi a lui più cari, unendo in un legame indissolubile i suoi film della fase “matura” (cioè quella dal 2009 in avanti).
“Sicario” ci mostra l’inizio dello smantellamento di una rete di narcotraffico che collega gli U.S.A. e la Colombia attraverso il Messico.

Il cinema di Denis Villeneuve (nonostante lui non sia quasi mai sceneggiatore dei suoi film) gravita sempre attorno a personaggi incapaci di controllare totalmente le situazioni in cui finiscono per essere coinvolti, con il risultato di minare sensibilmente la loro stessa identità.

In “Prisoners”, il detective Loki si perde nel caso in cui è coinvolto a tal punto da commettere errori grossolani e da scoprire indizi e verità quasi per caso; in “Incendies”, tutti i protagonisti sono spinti alla ricerca di persone legate al loro passato, attraversando il mondo intero e scoprendo realtà spaventose su loro stessi che mai avrebbero potuto neanche immaginare; in “Polytechnique”, l’instabilità del protagonista lo fa deviare così tanto da spingerlo a compiere un folle massacro in un campus universitario.
Con “Enemy” si raggiunge l’apice, con la scissione dell’essere umano in due parti completamente identiche, in una dicotomia paradossalmente perfetta di personalità opposte.

sicario kate 2015

In “Sicario” viene ripreso ancora una volta questo discorso. L’agente FBI Kate Macer (Emily Blunt) è una moderna Alice in un Paese degli Orrori in cui finisce per perdersi, smarrendo una parte di sé (la sicurezza) e sperimentando la vera paura. Kate viene usata e fatta addentrare in un mondo che non avrebbe mai dovuto conoscere fino a fondo e ne rimane devastata a tal punto da non essere più la persona che credeva di essere prima. Non sono solo le atrocità a cui viene sottoposta (cadaveri mummificati dentro i muri di un’abitazione, uomini mutilati e impiccati, morte sfiorata più volte) a smontare l’immagine forte e mascolina che di sé aveva creato, ma è soprattutto il rimanere intrappolata in una rete sotterranea di losche vicende che nulla hanno a che vedere con le leggi in cui lei ha sempre creduto e per le quali ha combattuto fino a quel momento.
Proprio come l’Alice di Lewis Carroll, la Kate di “Sicario” sprofonda, metaforicamente e realmente, in un labirinto sottoterra (forte il richiamo a “Prisoners”) dal quale non uscirà più la stessa di prima.

Quello che scopre là sotto, senza volerlo per davvero, è un mondo oscuro, che tale deve rimanere e di cui lei ha paura. Alejandro (Benicio Del Toro) le dice a tal proposito: “questa è una terra di lupi e tu non sei un lupo”.

E se di Kate assistiamo ad una progressiva regressione del personaggio, degli altri due protagonisti nulla può essere detto con certezza.

sicario josh brolin

Matt Graver (Josh Brolin) è uno sfrontato e presuntuoso membro della CIA, capacissimo di tenere all’oscuro dei reali scopi delle operazioni in cui è coinvolta la sua task-force. Indossa infradito in ufficio, imbraccia un fucile d’assalto nel deserto ed è manipolatore di persone in ogni momento.

E poi c’è Alejandro, un individuo enigmatico, di cui si scopre qualcosa di nuovo un cadavere alla volta.

Alejandro incarna la Morte, o almeno un emissario di essa sulla Terra. È un mietitore di anime, mosso in primo luogo dalla vendetta e con l’unico scopo di ristabilire quell’ordine che si è frantumato dopo la morte di Pablo Escobar (recentemente interpretato proprio da Benicio Del Toro nel deludente “Paradise Lost”) e la fine del cartello di Medellìn, a cui è seguito un inevitabile regno del terrore per mano delle bande dei narcotrafficanti. Un animale a sangue freddo, velocissimo nei movimenti.

Mentre scrivo, la Lionsgate (che ha prodotto “Sicario”) ha annunciato di essere già al lavoro su di un film stand-alone incentrato unicamente sul personaggio di Alejandro. Che sia un sequel o un prequel o entrambe le cose, non è dato sapere.

Queste tre diversissime personalità si trovano assieme con uno stesso compito, far saltare le teste, in tutti i sensi, dei narcotrafficanti per ricreare una sorta di equilibrio. Lo scenario in cui si muovono è il deserto, ambiente inospitale per eccellenza.

“Enemy” si apre con la frase “Il caos è ordine non ancora decifrato”, direttamente presa dal romanzo di Saramago cui il film s’ispira, e con “Sicario” Villeneuve vuole tornare a descrivere il caos, che non è più di tipo esistenziale-individuale, ma una vera e propria entità vivente.

L’arrivo della task-force a Juárez, sorretto dalla suggestiva colonna sonora di Jóhann Jóhannsson, è una discesa in un inferno popolato da una bestia feroce, di cui è impossibile definire i contorni. Quella bestia è il Male, che governa il traffico di droga ed esseri umani dal Messico fino in Colombia. Un mostro informe, che estende i suoi tentacoli sulla politica e sull’economia di quei paesi, popolati da poveri e succubi, che sono poco più che pedine da muovere su una scacchiera gigantesca, se non merce di scambio e carne da macello.

benicio del toro sicario

E in “Sicario”, come anche in “Prisoners” e prima ancora in “Incendies”, ottenere le giuste informazioni non è così immediato e pertanto la tortura diventa l’unico, brutale, mezzo per raggiungerle. Un’altra costante nel cinema di Villeneuve: la violenza, che avviene come qualcosa di necessario per i personaggi, come un motore verso la scoperta che li muove dall’interno. Qualcosa che serve a dar sfogo alla ferocia insita in ogni animale, uomo compreso. Qualcosa che serve a non aver paura del buio. Qualcosa che serve a diventare lupi che sbranano altri lupi.

Un film americano, nonostante sia diretto da un regista canadese, che non vuole avere il peso di una crociata, ma che vuole solo illustrare una realtà, non tanto ignorata, quanto semplificata dalla grande maggioranza dei film precedenti a questo, che hanno toccato un tema analogo senza narrare i retroscena di operazioni riguardanti la demolizione di organizzazioni criminali.

E se “Sicario” arriva solo a grattare la superficie di un problema irrisolvibile, lo fa comunque con una potenza inedita e travolgente.

Simone Tarditi