
The Grey, il mistico percorso della Morte
October 2, 2015The Grey è stato uno dei più grandi misunderstanding del 2012; accolto come l’ennesimo action movie della seconda vita cinematografica di Liam Neeson, snobbato dal pubblico ma lodato dalla critica. Quindi, perché vedere The Grey?
Molteplici sono i motivi e cerchiamo di riassumerli al meglio possibile.
Trama ridotta all’osso, Liam Neeson è un cacciatore che viene stipendiato da una società di energia sulle nevi per uccidere i lupi che potrebbero nuocere alla vita degli operai, gli stessi che Ottway (Neeson) ripudia come scarti della società. Il volo per riportarli a casa precipita e si salveranno solo una manciata di uomini. Nessuno li aiuterà, sono la feccia del genere umano “non verranno a salvarci, per loro siamo solo delle buste paghe in meno”, lo sconforto dilaga e a questo si aggiunge anche una lotta per la sopravvivenza quando scoprono di essere precipitati nel campo di caccia di lupi assassini.
The Grey, nonostante le premesse, è un film sulla morte. A tratti quasi biblico.
Una delle prime sequenze del film ci mostra Ottway in azione, uccide un lupo e poche ore dopo, si ritroverà con la canna del fucile in bocca pronto a suicidarsi ma l’ululato di un lupo in lontananza lo riporterà alla ragione. E’ quasi paradossale che un richiamo di un animale che aveva ucciso poco prima, riesca a salvarlo da un gesto sconsiderato.
“Io ti ho tolto la vita, tu mi hai ridato la vita e ora combatterò per essa”.
La morte serpeggia tra i sopravvissuti e nei 110 minuti del film. Non c’è tempo per il buonismo, Ottway davanti un compagno dilaniato e con pochi minuti di vita, arriverà subito al punto, non sarà possibile salvarlo e in quei secondi deve realizzare che tra poco morirà, accompagnandolo alla morte, dolcemente.
Presentato come un film di sopravvivenza, come spesso accade in questi casi, la metafora del lupo oltre a rappresentare la morte inevitabile dell’uomo, rappresenta anche le sue paure, proprio quelle che se non tenute a bada, possono portare ognuno ad un triste destino, infatti un occhio attento potrà osservare come gli stessi lupi sono rappresentati quasi in una salsa da cinecomics, attaccano, spariscono, sono grandissimi e iperrealistici.
Non c’è morale sul gruppo di sopravvissuti, sono tutti uomini della peggior specie, sono essenzialmente un branco, esattamente come il branco di lupi da cui devono vedersi. Il parallelismo dell’uomo e la natura si mostra come uomo e l’animale e mostrarci come queste due linee, si incontrano miseramente.
Come in una morale del miglior Cormac McCarthy, l’uomo è solo un cane bastardo, che merita di morire nel peggiore dei modi. C’è la volontà di andare avanti, spinti dalla classica luce di speranza in fondo al tunnel (nel film il gruppo si sentirà quasi in una botte di ferro quando riuscirà ad accendere del fuoco per tenere lontano gli animali).
The Grey è il classico racconto non tanto di sopravvivenza, ma di affronto della vita. Come tale e misteriosa che è, la non conclusione del film lascia quella speranza di aver visto degli uomini, resi reietti non tanto dalle loro azioni, ma dalla cattiveria del destino (o vita) e tutto questo si riassume nel personaggio di Ottway che ha una duplice lettura, da una parte c’è lui, una moglie amata, ricordata ma che ora non c’è e questo lo ha portato allo sconforto tanto da tentare il suicidio e dall’altra parte c’è Liam Neeson, attore che tre anni prima di questo film, ha perso la moglie in un incidente mentre praticavano sci.
Lo stesso Neeson ha dichiarato di considerare questo The Grey uno dei suoi migliori film nonché ‘terapia’ per uscire dalla profonda depressione che lo aveva colpito per il grave lutto.
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