
Spectre, il braccino corto di James Bond
November 4, 2015 L’attesa era monumentale, ma Spectre è caduto e ha fatto un rumore troppo fastidioso per poter continuare la giornata con il sorriso sul viso.
Immaginate un ragazzo che ha aperto il giorno prima un blog di cinema e si presenta oggi in coda a qualche proiezione alla Mostra del Cinema di Venezia e con vanto ti rifila il gomito dicendoti “ehi, ci vediamo l’anno prossimo. Ah no, ci sei a Roma? E a Torino? Dai, alla fine è solo un Festival cinematografico”.
Il ragazzo è Spectre. Il blog di cinema è Skyfall, il tipo che si subisce il discorso siamo noi, entusiasti dell’idea ma che davanti quel “manca di strutture coesive” alziamo gli occhi al cielo e non vediamo l’ora di rivalutare il suicidio.
Spectre alla fine, non è un brutto film. No.
Un errore comune che molti spettatori medi e soliti analfabeti filmici compiono, è quello di mettere a paragone. Prima abbiamo citato Skyfall e quindi vengo a giustificare: Skyfall è sicuramente un prodotto molto più riuscito di Spectre e l’affermazione non arriva per pigrizia o per spocchiosità da intellettualoide, ma semplicemente da un lungo e complesso messaggio che troviamo in quasi 150 minuti di pellicola:
Ehi spettatore! Ti ricordi di Skyfall? Ti è piaciuto, vero? Bene, ora con Spectre continuo il discorso intimo e oscuro di Bond, il combattere contro i propri fantasmi, così chiudo e porto avanti, i temi aperti con Skyfall!
Cosa?
Sì, esattamente. Spectre, in parole semplicissime e lapalissiane, è una sorta di Skyfall – Parte 2 e non è da attribuirsi a una difficoltà di interpretazione del prodotto da parte dello spettatore, ma è il risultato di un processo narrativo che continuamente, crea paragoni e richiami a Skyfall, facendoti sempre pensare a quel film e non a Spectre.
L’intento del film è stato quello di spremere fino alla fine una formula stilistica e narrativa che ha trovato successo in Skyfall ma che si apriva e chiudeva all’interno di quella pellicola. Il voler portare nel nuovo Bond quella stessa formula pur sapendo di non avere la giusta storia tra le mani, riduce gli sceneggiatori a continui rimandi a Skyfall (e anche la necessità di vedere tale film per capire al 100% Spectre, quando invece i Bond movie dovrebbero essere godibili così, senza aver visto i precedenti 23 film), creando alla fine un prodotto che non ha un proprio cuore, se non qualche piccolo battito di Skyfall che cerca di portarsi dietro ma che è troppo debole per tenere in piedi quello che è il Bond più costoso mai realizzato fino ad ora.
C’è da fare anche una considerazione che rende la cattiveria del post nulla: i Bond movie sono sempre gli stessi film che subiscono una reinterpretazione continua e credo che gli stessi fan della ‘saga’ lo sappiamo e riescano ad andare oltre a queste cose, ma il problema è proprio nel voler riesumare la SPECTRE, l’organizzazione criminale nemesi di James Bond con a capo Ernst Stavro Blofeld (Christoph Waltz), ma senza creare attorno a questa o a questi, la giusta cattiveria. Sappiamo che Bond vincerà e non ci passa mai il dubbio che forse qualcuno potrebbe lasciarci le penne. Ricordiamoci di M, non Mallory ma Judi Dench.
Spectre quindi è come un datore di lavoro tirchio, avaro, che vive di avanzi e non vuole proporti (e comprarti) qualcosa di nuovo.
Prendere o lasciare, perchè come detto prima, globalmente Spectre è un film godibile, con tanta azione, esplosioni, sesso, insomma, il classico Bond movie, ma è un prodotto che rientra nello stile di film come Casino Royale, il primo della gestione Daniel Craig, e il feedback è quello “wow, bel film!”. Peccato che con Spectre siamo al quarto (e ultimo) e la collocazione si trova proprio lì, tra la patinatura e l’azione di Casino Royale e la poesia di Skyfall, senza pendere troppo da ambe le parti.
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