
8 western che dovresti vedere dopo The Hateful Eight
February 2, 2016Il western è un genere morto? Niente affatto, sopravvive ad un progressivo e drastico calo degli appassionati dopo la stagione d’oro degli anni ’50, ma sembra avere avuto una rinascita, anche con produzioni a basso budget, nell’arco degli anni 2000.
Gli ultimi due film di Quentin Tarantino (Django Unchained e The Hateful Eight) non sono quindi un caso isolato e l’abbiamo visto con prodotti ingiustamente bistrattati come L’assassinio di Jesse James per mano del codardo Robert Ford, diretto da Andrew Dominik, o con il recente Slow West.
Ma quali western possono esservi sfuggiti negli ultimi anni? Abbiamo selezionato otto film per voi, nel caso siate affamati di sangue, deserto e pallottole.
BONE TOMAHAWK (2015)
La cittadina di Bright Hope è scossa dal rapimento di una donna bianca compiuto da una tribù cannibale che vive isolata in una montagna e sulla cui esistenza si son nutriti seri dubbi fino a quel momento. Un gruppo di uomini andrà alla sua ricerca.
Quello che colpisce di più in Bone Tomahawk è la brutalità disarmante che striscia sotterranea in tutto il film ed esplode in punti strategici della storia. Il cast è, per un western, uno dei più azzeccati ed efficaci degli ultimi decenni: Kurt Russell, sceriffo portatore di giustizia con gli stessi baffoni di The Hateful Eight (le riprese del film di Quentin Tarantino sono iniziate circa un mese dopo la fine di quelle per Bone Tomahawk), il camaleontico Richard Jenkins, caratterista eccezionale, Matthew Fox, che dopo la serie tv Lost sembra aver trovato un ruolo che gli calza a pennello, e Patrick Wilson, sempre più alla ribalta negli ultimi anni.
Opera prima del romanziere S. Craig Zahler, girata nell’arco di soli 21 giorni con un budget di neanche 2 milioni di dollari.
Imperdibile ed indimenticabile cult immediato, scritto, diretto e interpretato magistralmente.
ECHOES OF WAR (2015)
Due famiglie, distrutte dai danni della Guerra di Secessione, sopravvivono come possono. Questo equilibrio precario è destinato a ribaltarsi totalmente con il ritorno a casa di un parente di cui non si sapeva più nulla da anni. Echoes of War è un minuscolo dramma teatrale dalla modeste pretese nella realizzazione (pochissimi attori, pochissime location), ma che mira a raccontare una realtà molto più ampia, in grado di andare oltre alla narrazione stessa. Una costruzione della storia in continuo crescendo, che sfocia in un finale esplosivo.
Opera prima di Kane Senes. Buonissime prove attoriali di James Badge Dale (The Departed, Shame), Ethan Embry (Cheap Thrills, The Devil’s Candy), William Forsythe (l’indimenticabile Cockeye di C’era una volta in America di Sergio Leone).
Un western di nicchia, ma altamente consigliato.
MEEK’S CUTOFF (2010)
Un gruppo di coloni, alla ricerca di nuove terre, percorre l’Oregon Trail nel 1845 tra difficoltà di vario genere, lottando disperatamente per rimanere uniti fino alla fine del percorso.
Meek’s Cutoff è forse il western più atipico di questa lista, già solo per l’aver scelto il 4:3 come formato del film. Quella che può sembrare una scelta insensata, si rivela essere una carta vincente perché questo formato crea un senso maggiore di oppressione e di claustrofobia tra i personaggi e le loro vicende. Ed è paradossale, da un certo punto di vista, perché il film è interamente ambientato nei grandiosi spazi del deserto.
Un non-western, che fa un uso minimale dei dialoghi e che rifiuta ogni stilema della tradizione del genere, immerso in un non-luogo tale da illudere i suoi personaggi e lo spettatore di un’immobilità costante. Grande prova per Michelle Williams. Nel cast, anche Paul Dano e Bruce Greenwood. Regia di Kelly Reichardt.
BLACKTHORN (2011)
Butch Cassidy non è morto, ma è invecchiato serenamente in Bolivia. Una serie di eventi inaspettati lo catapultano nuovamente nella pericolosa vita che ha vissuto da giovane e che non solo non ha dimenticato, ma di cui non può fare a meno.
Un western revisionista, ma non per questo meno credibile di altri. Se c’è sempre stato un genere nel cinema che ha scherzato con il divario tra realtà e leggenda, è sempre stato il western. Magnifiche inquadrature e meravigliosi paesaggi accompagnano personaggi e spettatori da un lato all’altro della Bolivia. Grande prova, come sempre, per Sam Shepard, attore e cantore dell’America, in ogni sua sfumatura.
SWEETWATER (2013)
Nel territorio del New Mexico di fine ‘800 si scontrano un fanatico religioso, un bizzarro individuo e un ex-prostituta affamata di vendetta. Sottovalutatissimo western dei fratelli Miller, presentato alla trentunesima edizione del Torino Film Festival. Sul web sono piovute critiche negative, ma non fatevi ingannare da qualche voto di critici frustrati: Sweetwater è una bomba.
Ed Harris ci regala una delle sue più versatili e incredibili performance di sempre e il film è zeppo di trovate geniali. Violento, marcio, crudele e divertente. Imperdibile. Parecchie citazioni ai capolavori del genere, ma anche tanti momenti che vivono di quella pura creatività, slegata da Hollywood.
THE HOMESMAN (2014)
Un uomo viene incaricato di trasportare un gruppo di donne con seri problemi di salute mentale in un centro, distante centinaia di chilometri, che le possa curare e assistere. Grande ritorno al genere western per Tommy Lee Jones, nella doppia veste di attore, sceneggiatore e regista.
Meravigliosa la fotografia e una costruzione della storia tutt’altro che banale e noiosa. Un western più intimo e che rinuncia alle grandi sparatoria per la stragrande maggioranza del tempo, per concentrarsi su molteplici sguardi nell’animo umano, in tutte le sue forme. Ottima la prova di Hilary Swank. Un finale che più perfetto non si può.
THE SALVATION (2014)
Storie di guerra per il potere nell’America del West più cupo e crudele. Quando un uomo perde tutto, inizia una battaglia personale per fare giustizia in un mondo che l’ha privato di tutto.
Che ci fanno Mads Mikkelsen ed Eva Green (che per tutto il film non spiccica parola) in un western anacronistico e molto, molto classico? Inutile porsi la domanda, meglio guardare il film.
Non un’opera eccezionale e, a tratti, un po’ ripetitiva, ma che offre uno spaccato sociale su di un’America che sta per cambiare totalmente i suoi connotati, politici ed economici.
DIABLO (2015)
Un reduce (Scott Eastwood) della Guerra di Secessione parte alla ricerca della moglie rapita. Tra conflitti di personalità e possessioni, il protagonista scivola in un abisso di violenza lasciando dietro di sé una scia di sangue.
Scott Eastwood, a tratti, è tutto suo padre. Ottimo Walton Goggins, che, come Kurt Russell, ha recitato in questo film nello stesso periodo delle riprese di The Hateful Eight.
Se Diablo ha un merito è quello di aver mostrato com’è possibile fare un western a bassissimo budget e con una storia che più lineare non si può.
Interessante e innovativo l’utilizzo dei droni per le riprese aeree.
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