Il caso Spotlight, l’abuso oltre il concetto di Fede

Il caso Spotlight, l’abuso oltre il concetto di Fede

February 18, 2016 0 By Gabriele Barducci

Introduzione

Walter Robinson, caporedattore della sezione investigativa Spotlight, seduto in macchina, osserva i camion che trasporteranno i giornali nelle diverse edicole di Boston e oltre. Domani mattina, chi comprerà il giornale, leggerà una storia che forse cambierà il modo di vedere la città, porterà delle proteste, un terremoto nel tema trattato o forse passerà in sordina, come è già successo anni e anni fa.

Nonostante siamo a inizio 2002, l’eco di quell’11 settembre 2001 è ancora vivo negli occhi, nella mente e nel cuore degli americani. Potranno mai sopportare un così grande, secondo, attacco al loro paese? Per di più, attacco che viene da direttamente da cittadini americani.

Il film che è uscito oggi al cinema, si porta dietro una scia di importanti nomination ai prossimi Premi Oscar 2016 e speriamo sia visto dal maggior numero di persone. Confidiamo in questo in una buonissima distribuzione nelle sale cinematografiche, ma esattamente come la vicenda che vede protagonisti i giornalisti del Boston Globe, nel dettaglio la sezione Spotlight, impegnarsi in questa rete fittissima e pericolosa di preti accusati di abusi su minori che vengono insabbiati dalla Chiesa, per poi essere subito dopo riassegnati in altre parrocchie, ci troviamo nella situazione di trattare questo tema e relativo articolo, con le pinze: Viviamo nel paese che ospita la città del Vaticano e sarebbe banale dire che gran parte delle decisioni culturali, politiche, economiche e perché no, anche di censura verso un prodotto (sono tanti i casi di videogiochi, considerati blasfemi, mai arrivati in Italia per via della censura ecclesiastica) che vengono prese nel nostro paese sono influenzate proprio da una netta posizione della città del Vaticano e dei suoi funzionari.

Per spezzare un momento la linea che seguirà il seguente articolo, viene da pensare e sorridere nel pensare a una specifica battuta fatta dal ‘topo di fogna’ nel film di Boris.


Comunque, la situazione in cui ci troviamo è, come affrontare un articolo del genere. Parlando del film? Assolutamente, ma potremmo solo dirvi di andare a vedere il film senza dubbi o domande, perché un filmone, uno di quelli grossi, uno di quelli che se vincerà almeno un Oscar (difficile che accada, visto che all’Accademy i film ‘scomodi’ molte volte non piacciono) non si parlerà mai di furto, uno di quei film che sono un chiaro atto d’amore verso i protagonisti e la loro professione.

Eppure, come nel caso del team di Spotlight, ci troviamo nella situazione di essere visti con occhi diversi, giudicati, l’Italia, il paese cattolico per eccellenza, la considerazione dei tanti cattolici praticanti che potrebbero negare quanto successo nel film, la considerazione che un’istituzione Sacra, è e rimane tale e quindi portare a galla determinate storie e situazioni, cosa fa di noi? Perdiamo la nostra umiltà? Il nostro Battesimo?

 

Parte 1 – Inferno

“Un sacerdote [John Geoghan] della chiesa di Saint Brendan a Dorchester è stato segnalato in passato come molestatore di bambini. Il cardinale [Medeiros] lo aveva mandato a farsi curare e per un lungo periodo, dopo il reinserimento in parrocchia, il prete aveva mantenuto un basso profilo. Ultimamente però, è stato visto spesso in compagnia di ragazzini, con i quali si intrattiene fino a tardi, tanto da riaccompagnarli a casa alle nove e mezzo di sera”
(Boston Globe Staff, Tradimento – Il caso Spotlight, Piemme, 2016, p.52)

Il film diretto e co-scritto da Tom McCarthy ha nelle sue premesse più semplici, l’ottimo inizio per una storia di inchiesta giornalistica: il Boston Globe è stato da poco acquistato dal Times. Per la posizione e la tiratura, gli stessi giornalisti che ci lavorano, tendono a considerarlo quasi un giornale locale. Il nuovo direttore, Marty Baron, è un uomo quieto, calmo, ha sempre la giusta parola che soppesa prima di essere pronunciata (interpretato da un sempre ottimo Liev Schreiber). Qualche taglio è previsto, il web comincia ad evolversi a passi da gigante e bisogna in qualche modo ottimizzare i costi, gli sforzi e il personale nel cercare di portare ai lettori la voglia di continuare a comprare la carta stampata. E se gli sforzi della sezione investigativa del Boston Globe, concentrasse le sue forze su un piccolo trafiletto di un prete, padre Geoghan, che sembra abbiamo abusato più volte di minori negli ultimi sei mesi, si concentrassero tutti qui? Potrebbe uscire una buona storia? Sarà letta? Porterà un terremoto o solo una piccola scossa insignificante quanto i trafiletti pubblicati settimane prima?
Inutile dire che il singolo caso che cattura l’attenzione di Spotlight, non sarà nient’altro che la punta dell’iceberg. Un iceberg troppe grande, con dei numeri che nessuno si sarebbe mai aspettato che porta allo sconforto, e a nuove energie investigative, tutta la squadra.

Ma esattamente, come si svolge la narrazione del film. Inutile negarlo, è un film su un’inchiesta giornalistica, la più famosa seconda solo allo scandalo Watergate. Il film cerca chiaramente, una dimensione umana. Parliamo della Chiesa, di sacerdoti, quella parte di mondo a cui cerchiamo di aggrapparci nei momenti bui. E se neanche loro riuscissero a dare il giusto supporto nei momenti più fragili della nostra vita?
La lente narrativa però è focalizzata su diversi punti, che tratteremo nel dettaglio nel secondo punto, ma qui possiamo focalizzarci sulle vittime e sull’inferno da loro passato.

Nel film Phil Saviano, uomo abusato in giovane età, vomita in pochissime frasi, il disagio, la morte che portano nel cuore non solo verso la Chiesa e gli uomini che la rappresentano, ma verso l’intera umanità: per un bambino, di una famiglia povera, la fede conta tantissimo. Improvvisamente sembra quasi che l’interesse che ha un prete su di te, sia l’interesse di Dio. Ti senti quasi un miracolato, la possibilità di vedere il mondo da una diversa angolazione. I sacrifici vengono messi a dura prova ma la considerazione di avere Dio dalla tua parte è forte, un uomo di Dio che ti parla e si interessa alla tua persona è un privilegio di pochi. Almeno finché quest’ultimo non ti chiede di fargli un pompino.
Perché usiamo un linguaggio diretto? Per lo stesso motivo per cui lo staff di Spotlight ha cercato di avere più informazioni possibili da chi ha subito molestie. Non è un caso di incidente per cui, constatazione amichevole e via ognuno per la sua strada. Qui parliamo di bambini. Qui parliamo di preti e sacerdoti.

Il film va oltre il concetto di fede.

 

Parte 2 – Purgatorio

“I vertici della Chiesa sono rimasti ciechi dinanzi a tutto questo. Non si sono mai soffermati sui costi umani. Hanno pensato solo a proteggere la reputazione della loro istituzione sulla pelle dei bambini.
[…] Ho educato i miei figli nella religione cattolica e continuerò a farlo. La Chiesa ha compiuto molte opere buone e a tutt’oggi aiuta le persone bisognose. Ma voglio che sia punita per vere trascurato di proteggere i bambini. Deve assumersi le sue responsabilità.”
(Boston Globe Staff, Tradimento – Il caso Spotlight, Piemme, 2016, p.196)

 

Un secondo aspetto narrativo su cui si sofferma il film, riguarda il passato.

Le persone che hanno subito abusi accusano i giornalisti di essersi interessati solo ora, quando questa realtà è stata portata agli occhi di diverse redazioni giornalistiche almeno cinque anni prima, ma nessuno aveva risposto. Perché ora tutto questo interesse? Più volte emerge questa domanda nel film. Eppure non solo loro, ma molte altre persone avevano portato a galla questi fatti di insabbiamento. Tra questi c’è l’avvocato Garabedian (un fantastico Stanley Tucci) che già molti anni prima aveva portato a galla la questione che il cardinale Law, di Boston, era a conoscenza da più di 15 anni della situazione fragilissima di padre Geoghan e che non ha fatto nulla per cacciarlo, ma solo insabbiare la storia, chiedere il silenzio della famiglia del bambino toccato e spostare il prete in un’altra parrocchia. Un iter che si è ripetuto continuamente con circa 90 preti, solo nella città di Boston.
Eppure, nessuno aveva ascoltato questa storia. Ora la realtà non è cambiata, quindi perché solo ora?

Come abbiamo già citato prima, l’iniziativa viene proprio dal nuovo direttore del Boston Globe, Marty Baron che, scavando nella sua vita, scopriamo essere ebreo. Potrebbe essere questa la motivazione? Una sorta di ‘guerra santa’ tra la redazione di un quotidiano e la potentissima istituzione della Chiesa?
Gli stessi giornalisti, che ricordiamo essere gran parte di Boston, hanno vissuto accanto a queste persone, padri che settimanalmente cercavano di dare la retta via ai fedeli, ma anche loro sono assaliti da diverse domande: potrebbero essere stati loro stessi dei complici in tutto questo? Una svista, una poca importanza ad un trafiletto ha dato forse più potere alla Chiesa nella libertà di insabbiare tutti questi casi di preti pedofili?

Domande senza risposte. Domande che notiamo sono motivo di critica, inutile, verso un film che cerca di spedire lo spettatore in quelle fila di gabbiotti della redazione. Siamo veramente interessati a sapere chi sia Mark Ruffalo? Sapere chi è la sua compagna? Dove abita? E la stessa cosa vale per tutto il resto dello staff. Siamo davvero così interessati a questo quando si parla di abusi su minori?

 

Parte 3 – Paradiso

Sacha Pfeiffer, dopo essersi assicurata di aver chiuso la macchina, entra in redazione, allunga il passo lasciandosi dietro i diversi gabbiotti di lavoro dei colleghi. Il suo ufficio è al piano di sotto. L’ufficio della squadra Spotlight. La loro storia è stata pubblicata, Marty Baron ha dato a tutti loro il weekend libero, ma lei non riesce a dormire, deve essere in ufficio per prendere eventuali telefonate e ricevere il feedback del loro lavoro che li ha tenuti impegnati per quasi un anno.

Per chi è arrivato fino qui, vogliamo rassicurare, non stiamo facendo alcun tipo di spoiler. Inoltre su questo tipo di film, gli spoiler sono inutili dato che stiamo parlando di fatti realmente accaduti e quindi, noti a tutti.
La pubblicazione di questi documenti e dell’intera storia ha avuto esattamente l’effetto sperato: un terremoto di proporzioni pazzesche che hanno portato alla luce migliaia di casi di abusi su minori, ma non soltanto sul suolo americano, me in tutto il globo.

Un’osservazione personale mi ha portato a notare che, tra le tante città nel mondo colpite da questo ‘inferno in terra’, non c’è una città italiana. Questo che vuol dire, che proprio noi siamo esenti da questi atti? Ritorniamo a pensare che tutti sia ancora insabbiato (probabilmente) da un’influenza diretta del Vaticano che ospitiamo nel nostro paese?
Spendo due parole in più per una considerazione, un’annotazione che mi ha portato a vedere come gran parte delle città elencate nel globo, sono, in qualche modo, città povere. O almeno anche se non povere, hanno realtà di quartieri, più o meno famosi, che vivono nell’assoluto caos, dove non solo le leggi ma anche Dio, sembra non aver potere.
Ecco quindi che le parole di Phil Saviano tornano a galla. L’istituzione della Chiesa come un potere, un potere che come tale ne viene abusato, un potere che dagli occhi di un bambino bisognoso di una possibilità, può rappresentare quel ‘tutto’ ma che segnerà la sua vita per sempre, in negativo.
Se c’è un Inferno, dovrebbe esserci anche un Paradiso. Ma dove lo possiamo trovare? Qualcuno potrebbe dire lì, nelle mani e negli sforzi dello staff di Spotlight. Forse.

Il Paradiso è un concetto soggettivo, possiamo trovarlo ovunque vogliamo e ovunque ci piaccia.
Walter Robinson, in promozione stampa a Roma, dove eravamo presenti insieme a Michael Keaton, che lo interpreta nel film, sembra avere ancora un fuoco che gli brucia ardemente:
“Potevamo fare di più. Ormai il giornalismo investigativo negli U.S.A. è in fase terminale. Ripongo tutte le mie speranze in questo film, sperando che abbia lo stesso impatto che ha avuto il nostro lavoro anni fa”.

Foto di Gabriele Barducci

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Gabriele Barducci
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