
The Danish Girl, la vera storia di un amore
February 22, 20161926 Copenaghen. Einar e Gerda Wegener sono una coppia di giovani artisti; lei è una talentuosa ritrattista ancora in attesa del grande successo mentre suo marito è un paesaggista affermato. Dividono una casa che è anche il loro studio, si amano con passione e desidererebbero l’arrivo di un figlio.
Un giorno Einar, per aiutare la moglie a terminare un ritratto, indossa delle calze e delle scarpe da donna e si appoggia un vestito da ballerina addosso. Questo gesto casuale libera nel giovane uomo un desiderio represso sempre più urgente di entrare in contatto con l’universo femminile che trova il suo definitivo maturarsi quando, per gioco, accompagna la moglie ad un ricevimento vestito da donna ingannando tutti gli altri invitati. Da lì in avanti Einar inizia sempre più spesso ad assumere socialmente l’identità di “Lily”, il suo vero io che per tutta la sua vita aveva tenuto dentro.
The Danish Girl, ultimo lavoro del regista premio Oscar Tom Hooper (Il discorso del re, Les Misérables) è, prima ancora che un film sull’identità di genere, una celebrazione della coppia.
Einar\Lily e Gerda sono, e rimangono per tutta la vita, una cosa sola, il prolungamento l’uno dell’altra. “Mi è sembrato di baciare me stessa” confida Gerda ad un’amica ricordando il primo incontro con Einar. Ed è forse proprio attraverso il corpo della moglie, che lui ama fisicamente con passione, il primo vero contatto con la sua vera identità.
L’intimità della coppia gioca infatti un ruolo fondamentale nell’evoluzione di Einar; è una sottoveste da donna indossata come una seconda pelle che la moglie gli sfila come farebbe un uomo con una ragazza prima di fare l’amore, a scatenare il desiderio profondo di essere amato e guardato come una donna.
È proprio Gerda, assecondando questo desiderio del marito, involontariamente, a liberare Lily e ad alterare irreparabilmente l’equilibrio canonico della sua coppia. E insieme alla presa di coscienza piomba su Einar una mole di indicibili dolori che vanno dallo smarrimento a una errata diagnosi di schizofrenia passando per una terapia di radiazioni.
Tom Hooper sceglie di affidare interamente il suo film alla straordinaria versatilità dei suoi giovani protagonisti, il sempre impeccabile Eddie Redmayne che permette alla sua mascolinità di scomparire per rinascere sotto gli occhi dello spettatore femminile ed etereo, e ad una incantevole Alicia Vikander che non lascia niente al caso rimanendo ad uno stesso tempo determinata e amorevole moglie per Einar e spregiudicata e insostituibile amica per Lily.
Ottimi i comprimari come il fedele amico di famiglia Matthias Schoenaerts, Ben Whishaw il giovanotto del quale Lily cattura l’attenzione durante la prima uscita pubblica e Amber Heard, la bella danzatrice che involontariamente accende la miccia del cambiamento in Einar.
Vi è senza dubbio ampio spazio anche alla riflessione sull’identità di genere, che viene trattata con lo stile sensibile e poetico di Hooper che non riesce a non indulgere talvolta in qualche inevitabile, ma tollerabile, tono melodrammatico.
Meravigliosa cornice di questa elegante e toccante pellicola, insieme alla fotografia delicata e minimale di Danny Cohen, la superba colonna sonora realizzata da Alexandre Desplat.
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