
Mr. Robot, sguardo di un eroe cyber-rivoluzionario
March 22, 2016E se un giovane hacker decidesse di averne avuto abbastanza del mondo di facciata in cui è costretto a vivere e provasse a dar vita ad un movimento cyber-rivoluzionario per far crollare tutto il sistema e fondarne uno nuovo? Queste sono le premesse di Mr. Robot, prodotto televisivo già cult negli USA, arrivato da poco in Italia.
Odi et amo di un mondo sempre più social, che rinuncia alla propria intimità per una manciata di likes, che si rifugia dietro a frasi fatte e comunica il vuoto che esse rappresentano, che se ne frega se una persona muore di fame a qualche chilometro di distanza e si dispera se fanno uccidere il suo personaggio preferito di The Walking Dead e blablablabla. Non staremo qui a fare la morale perché il fatto d’investire parte del proprio tempo a punzecchiare tasti del proprio laptop parlando di tutto ciò è già di per sé una contraddizione e diciamo la verità, Mr. Robot non critica questo mondo e il suo protagonista vuole solo far precipitare chi lo abita in una condizione pseudo-primordiale per rifondare una nuova società epurata (in realtà questa è una pure congettura: il finale apertissimo della prima stagione nulla dice né dei possibili esiti della cyber-rivoluzione né delle papabili soluzioni applicabili dopo aver “riavviato il sistema”).
Tra paranoia post 9/11 e crisi d’identità, la serie tv è un crudele specchio della società in cui viviamo, indagata e vivisezionata dal suo personaggio principale. Interpretato da Rami Malek (notevole già qualche anno fa in The Master al fianco di due cavalli di razza come il compianto Philip Seymour Hoffman e il ribelle Joaquin Phoenix, per la regia di Paul Thomas Anderson), Elliot è l’esempio perfetto di quello che comunemente viene identificato dalla società come outsider: zero amici, solitario, alienato, incomprensibile e indecifrabile.
Il successo del fenomeno Mr. Robot è facilmente ritracciabile in un mondo che scivola sempre di più verso il virtuale, il fittizio, uno gigantesco scenario di dati che viaggiano in ogni direzione e che investono un essere umano sempre più soggetto a milioni di stimoli contemporaneamente. Che ciò piaccia o meno, è il corso attuale degli eventi, un processo inarrestabile che non ha senso contrastare. Elliot, come personaggio, funziona per due motivi diversi: assurge a figura cristologica, un messia e una guida nella quale possono identificarsi i sempre più numerosi nerd (se stai leggendo queste parole invece che andarti a spaccare ammerda, probabilmente, almeno in parte, lo sei anche tu e non vergognartene perché è una cosa bellissima), e nel contempo, anche chi non sente di avvicinarsi a Elliot, sa benissimo che la crociata che sta intraprendendo il protagonista di Mr. Robot è quanto mai reale e vera.
Non ti è mai capitato di vedere un uomo, per strada, e di aver capito subito che doveva trattarsi di Gesù Cristo: non perché speravi che fosse così, o perché vedevi in lui una vaga rassomiglianza, ma semplicemente perché sapevi che era lui. Il Redentore, ritornato fra noi, proprio come si prometteva nelle vecchie storie … e più ti avvicinavi, più la tua certezza aumentava – non c’era assolutamente niente che potesse contraddire la tua prima sensazione di sorpresa … ti avvicinavi sempre più e poi lo incrociavi, terrorizzato all’idea che ti potesse rivolgere la parola … i vostri sguardi si agganciavano … era confermato. Ma la cosa più terribile era che anche lui sapeva. Ti aveva letto nell’anima: tutte le maschere non servivano più a niente …
(Thomas Pynchon, L’arcobaleno della gravità, Milano, Rizzoli, 2001, p. 420)
Elliot però non è un semplice hacker, un reietto psicolabile, un nuovo Cristo in cui può identificarsi un pubblico in costante crescita. Il protagonista di Mr. Robot è anche un maestro nell’arte di decifrare le persone, di cui è interessato a leggere il peggio di loro, è in grado di scavare nella vita altrui (pubblica e virtuale) per individuarne punti di forza e di debolezza e saper poi quindi premere i “tasti” giusti per ottenere quello che vuole. Al pari di un qualsiasi codice binario, Elliot può capire in fretta chi gli sta di fronte e prevederne le mosse successive, influire su di essere, modificarle. Tuttavia, è un maledetto essere umano anche lui, in preda alle debolezze più disparate, dalla dipendenza da morfina a quella per Facebook, che se anche ammette di odiare, non può fare a meno di visitare ripetutamente (e non solo per studiare chi gli sta intorno). Insomma, Elliot è un vero eroe perché come essere umano fa schifo come tutto gli altri, ma lui non solo ha deciso di spalancare gli occhi, ma di mettere in pratica le sue abilità per tentare realmente di stravolgere il mondo e, per farlo, deve prima distruggerlo.
Dopo Bosch (di cui vi abbiamo parlato qui), Mr. Robot è l’altro potentissimo acquisto del Berlusca per i suoi canali a pagamento. Nel corso dei decenni, più di un intellettuale e più di un politico hanno elogiato, con stupore, la grande libertà di espressione che il Silvio nazionale è solito concedere quando riveste il ruolo da editore. Posto che la sua capacità decisionale su quali format proporre sulle sue reti dev’essere prossima al nulla assoluto e che il fine ultimo, in tv come al cinema, siano i biggy money, fa strano che si sia voluto proporre al pubblico italiano una serie tv come Mr. Robot, che nella finzione sarebbe la prima ad attaccare e distruggere una struttura come quella di Mediaset, la quale o si è resa conto troppo tardi della “patata bollente” tra le mani o deve ancora realizzarlo, sempre che nel frattempo un Elliot in carne ed ossa non decida di fare la prima mossa, attaccare e riportarci ad un Anno Zero, ma non quello di Santoro.
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