
A Royal Affair. C’è del marcio in Danimarca, ma anche dell’amore
April 1, 2016Danimarca XVIII secolo. Quando Carolina Matilde di Hannover (Alicia Vikander) arriva a corte dalla natia Inghilterra per sposare il re Christian VII, destino per il quale era stata allevata fin dalla più tenera età, non ci mette molto a capire che la sua vita in questo paese straniero sarà tutt’altro che facile. È proprio il contegno del suo sposo l’ostacolo più grande: immaturo, dispettoso, e talvolta persino crudele il re non mostra alcun affetto verso la sua giovane sovrana. Dopo la nascita di un erede l’infelicità della regina e la prepotente sregolatezza del re continuano nutrirsi l’una dell’altra fino all’arrivo alla corte danese del Dottor Johann Friedrich Struensee, un tedesco dalle non troppo celate simpatie illuministe, chiamato a ricoprire l’importante ruolo di medico personale di Sua Maestà.
Guadagnando presto la stima di Christian tanto da divenirne amico e confidente Struensee (Mads Mikkelsen), uomo abile e pragmatico animato dal un genuino proposito di cambiare le cose in un paese quale la Danimarca, allora ancora profondamente isolato dai fermenti che percorrevano il vecchio continente, finisce per attirare l’attenzione della regina triste che inizia a scuotersi dal suo torpore. L’inizio di una relazione fra il medico e la sovrana coincide con una sempre più forte e benefica influenza di Struensee sul sovrano che, sotto suo consiglio, inizia ad attuare importanti politiche volte ad una maggior attenzione e cura verso le fasce più deboli della popolazione. L’ondata di cambiamento è però destinata a scontrarsi contro gli ottusi e retrogradi componenti della corte spaventati dalla crescente influenza del medico sul fragile sovrano.
È con il viaggio di una donna che si apre A Royal Affair, la suntuosa ricostruzione storica danese, co-prodotta da Lars von Trier, diretta nel 2012 da Nikolaj Arcel, presentata al Festival di Berlino e candidata all’Oscar come miglior film straniero nel 2013. Il viaggio di Carolina non è molto dissimile da quello, anch’esso raccontato al cinema in tempi recenti, della contemporanea Maria Antonietta; un viaggio compiuto da molte altre donne, sovrane di intere nazioni ma in realtà schiave di un destino già scritto. Nel ruolo della sfortunata regina una ancora acerba, ma già eccezionalmente intensa Alicia Vikander, capace di alternare a una fanciullesca vulnerabilità, una forte regalità e, già allora, una decisa sensualità.
Al suo fianco, sovrano assoluto del cinema danese contemporaneo, un monumentale Mads Mikkelsen appena un anno prima della consacrazione internazionale de Il sospetto prima e della serie tv Hannibal poi, tratteggia con la commuovente umanità che riesce a regalare a ogni sua interpretazione cinematografica una delle figure storiche più enigmatiche del secolo dei lumi: il Dottor Johann Friedrich Struensee. Chiude brillantemente il cerchio nei panni di re Chirstian VII il giovane attore danese Mikkel Boe Følsgaard (in questi giorni nei cinema con Land of mine) che si aggiudicò il premio per la migliore interpretazione maschile nel 2012 alla Berlinale.
Magistralmente imparziale lo sguardo di Nikolaj Arcel (attualmente impegnato nella dell’adattamento cinematografico de La torre nera con Idris Elba, Matthew McConaughey) nell’analizzare il carattere dei suoi personaggi: se Christian il re bisbetico e immaturo sembrerebbe a tutta prima essere il candidato ideale ad accogliere su di se l’antipatia dettata da un giudizio affrettato, egli si rivela piuttosto una vittima sia delle circostanze di un destino beffardo che gli addossa responsabilità che non è in grado di affrontate che della macchinazione messa in moto, con le migliori intenzioni certo, da individui più assennati di lui.
Carolina, dal canto suo è forse troppo accecata da passione e infelicità per poter essere semplicemente una martire, ruolo che forse può arrivare a impersonare solo dopo la tragica conclusione, ma continua a lottare fino allo strenuo delle forze durante lo svolgersi della vicenda per mantenere intatta la sua dignità e non soccombere. Inutile ribadire che è Struensee il vero fulcro della storia e della vita dei personaggi. Per la coppia reale è prima medico, in seguito amico e consigliere ed infine amante e, come il suo ruolo, anche la percezione che ne ha lo spettatore diviene mutevole. I suoi nobili propositi di cambiamento finiscono per scontrarsi con una potente ambiguità dettata dal suo amore per Carolina e la figlia da loro concepita da una parte e dal sincero attaccamento verso Christian, del quale è l’unico a comprendere fino in fondo la fragilità e la solitudine, dall’altra,
A Royal Affair è vero grande cinema europeo con la sua capacità di raccontare la Storia, in questo caso attraverso le sue punte di diamante (interpreti, produttore, regista) fermati nell’istante che ha preceduto una meritatissima consacrazione che ha attraversato l’oceano, con classe e verità senza mai rinunciare a una profonda introspezione e a una perseverante autocritica. L’augurio che possiamo farci è che l’Europa possa continuare a raccontare al mondo la nostra storia e la nostra identità anche attraverso sforzi produttivi che non hanno paura di essere ambiziosi e di lanciare un guanto di sfida alle suntuose produzioni storiche anglosassoni e statunitensi che si dimostra capace, talvolta, di superare nell’attenzione verso la scrittura di caratteri e sentimenti.
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