
Alice non attraversa lo specchio, ma ci si arrampica goffamente
May 27, 2016Non sentivamo un bisogno necessario di parlare di questo film dato che non ci è assolutamente piaciuto e ringraziamo, in questo caso ancor più di prima, la visione in proiezione stampa.
In un semplice rapporto qualità/prezzo di un semplice device elettronico, tendiamo di norma a fare lo stesso paragone anche con i film al cinema: Alice attraverso lo specchio non merita sette o anche tre Euro del biglietto. Non saremo quindi qui a criticare senza sosta, troppo facile, troppo divertente e sicuramente poco professionale.
Perché Alice attraverso lo specchio non funziona assolutamente?
Prima di questa domanda, c’è un altro quesito da porsi: era veramente necessario, a livello narrativo, portare un sequel di Alice in Wonderland? No. A livello di merchandising? Sì.
Se state pensando a Star Wars – Il risveglio della Forza, sì, sono esattamente le stesse identiche cose: portare al cinema un prodotto che a livello commerciale è facilmente vendibile ad un pubblico grande, ma che narrativamente trova chiari ostacoli ci collegamenti o di semplice logica. Infatti la stessa trama non è assolutamente fedele alla controparte cartacea, anzi, con il classico espediente del viaggio nel tempo – sembra sia impossibile fare un film oggi nel 2016 senza metterci qualche ripercussione temporale – si cerca di narrare una storia, priva di logica, che risulta essere solo il classico rapporto di causa-effetto.
Inutile entrare nei dettagli, dato che la crisi ha colpito ogni settore produttivo di questo film, nessuno escluso. Anche i truccatori o gli autisti hanno avuto le loro colpe.
Alice attraverso lo specchio non funziona perché manca la mano ferma di un regista esperto. Il già tanto criticato Alice in Wonderland non era un prodotto di altissimo livello, ma preso con le pinze e sotto alcuni aspetti, funzionava benissimo. Insomma, il classico “non il miglior Burton, ma accettabile”. Alla fine è un discorso che si può applicare anche a film come Il Grande e Potenze Oz di Sam Raimi. Il succo, la mano forte nel gestire prodotti del genere, si evince nel momento in cui, anche il più piccolo dettaglio insignificante, che sia oggetto di scena o realizzato in CGI, riesce a regalare una propria lucidità e personalità agli occhi dello spettatore. Questa cosa qui non si ripete in questo sequel, portando all’attenzione soltanto un eterno minutaggio di computer grafica e nulla più.
C’è anche da chiedersi come mai tutto il cast del primo capitolo sia ritornato dato che la natura fallimentare del film è così palese che come abbiano fatto a non accorgersi del treno che gli stava vedendo loro addosso, è un mistero. Probabilmente qualche vincolo contrattuale firmato ai tempi di Alice in Wonderland.
Qualche giorno dietro, avevamo anche iniziato un discorso sulla qualità della computer grafica e della possibilità di realizzare un film interamente in green screen senza cadere in errori del genere. TRON: Legacy ne è un chiaro esponente: sacrificare sapientemente la sceneggiatura per raccontare in immagini.
Burton, dal canto suo, ha sempre lavorato con immagini e simboli e infatti se c’è qualcosa che teneva tutto unito in Alice in Wonderland, era proprio la sua mano.
Il problema è che James Bobin, qui alla regia, viene dal film dei Muppets
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