The Nice Guys, investigare pericolosamente a Los Angeles

The Nice Guys, investigare pericolosamente a Los Angeles

June 5, 2016 0 By Simone Tarditi

Los Angeles, 1977. Esterno. Notte. L’insegna marcescente di Hollywood sta cadendo a pezzi. Un anno più tardi, grazie all’iniziativa del fondatore di Playboy, Hugh Hefner, verrà completamente rimessa a nuovo, diventando vera meta turistica solo da quel momento in avanti. Un dolly compie un volo sulla città degli angeli, non ancora luminosa come adesso, ma già inquinata da fare schifo. C’è così tanto smog che gli uccelli non possono sopravvivere. La cinepresa atterra su una casa e procede al suo interno. Un ragazzino è ancora sveglio e, dopo poco, un tragico evento darà vita alla storia.

Una prostituta morta, un’attricetta in erba che vuole sparire dalla circolazione, due strambi tizi poco professionali (Russell Crowe e Ryan Gosling), accompagnati dalla figlia di quest’ultimo, sulle tracce della verità. Questi sono gli elementi principali di The Nice Guys, sceneggiatura e regia di Shane Black, per quello che è destinato a essere (di fatto, lo è già) uno dei film più divertenti di questa stagione cinematografica. Fluttuando comicamente tra Night Moves (Arthur Penn, 1975) e Inherent Vice (Paul Thomas Anderson, 2014, dall’omonimo romanzo di Thomas Pynchon), il film ripercorre il medesimo tema della ricerca di una ragazza scomparsa, come lo erano state Delly Grastner (una minorenne Melanie Griffith) e Shasta Fay Hepworth (Katherine Waterston, divina) nei due film appena citati. In tutti e tre i film, la gigantesca città di Los Angeles funge da scenario nel quale si dipanano le vicende.

theniceguysgif1La ricerca presuppone lo smarrimento. I nostri detective devono perdersi per riuscire a combinare insieme tutti gli indizi e risolvere i loro casi. I due protagonisti di The Nice Guys sanno di avere dalla loro solo quel grado di fortuna che è concessa agli audaci, agli impavidi, agli sconsiderati. Eppure riescono a barcamenarsi da un lato all’altro di Los Angeles, andando a ficcare il naso nell’Hollywood più marcia dei produttori di pellicole pornografiche (QUI trovate un nostro intervento sul fenomeno Gola Profonda), uscendo miracolosamente puliti da tutto lo schifo con cui entrano in contatto, sulle orme del loro illustre predecessore Doc Sportello, protagonista di Inherent Vice interpretato da Joaquin Phoenix (QUI la nostra analisi del film), il quale però aveva percorso quelle stesse strade un decennio prima di loro, nel 1969, in una città molto diversa da quella è diventata nell’anno in cui è invece ambientato The Nice Guys. Atmosfere e ambientazioni decisamente più cupe quelle nelle quali finisce con l’addentrarsi e sprofondare Harry Moseby (Gene Hackman) in Night Moves, detective integerrimo che finisce in un complotto più grande di lui e dal quale non c’è possibilità di salvezza alcuna, finendo alla deriva di se stesso, perdendo ogni punto di riferimento col quale orientarsi.

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Elemento imprescindibile per ognuna di queste narrazioni è l’analogia che intercorre tra la città e la figura della Donna. Los Angeles diventa concretizzazione di tutto quell’insieme di caratteristiche femminili che non rispondono a logiche e schematismi maschili. I nostri protagonisti si perdono all’interno e all’esterno di L.A. perché sono destinati a farlo, quella è la loro sorte e possono sperare di uscirne tutti d’un pezzo, o quasi, solo andando a fondo di ogni questione, perlustrando ogni zona oscura, cercando di costruire un mosaico composto dai frammenti di quello che è caos per loro. La città è Donna.

In mezzo a tutto il degrado metropolitano e umano brilla e risplende un’idea di Purezza ritracciabile in questi tre film: Delly, la ragazzina vittima dell’invidia materna di Night Moves; l’eterea Shasta, la giovane donna di Inherent Vice talmente alla ricerca di nuove esperienze che finisce con l’allontanarsi da Doc, l’unico uomo da cui è amata (e che ama), non potendo poi più tornare a essere la persona che era (trip allucinatori o meno); la piccola Holly di The Nice Guys, che diventa vera protagonista femminile del film, ergendosi a figura salvifica al di sopra di tutte le altre.

Che sia proprio Holly, una bambina, a rappresentare questa idea di Purezza lo s’intuisce anche dalla preoccupazione che ciclicamente torna nel film di Shane Black, ovvero l’ansia dei genitori e degli adulti in generale nei confronti sia delle nuove generazioni di per sé sia dei loro figli e figlie gettati in un mondo che vira sempre al peggio e che spaventa non poco, ma nel quale figure come quella di Holly saranno in grado d’inserirsi e forse renderlo anche un posto più decoroso in cui vivere.

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Simone Tarditi