
Venezia73: Intervista a Jerzy Skolimowski
September 2, 2016Poche ore prima del conferimento del Leone d’oro alla carriera a Jerzy Skolimowski abbiamo avuto la fortuna e l’immenso onore di poter rivolgere qualche domanda al celebre regista polacco, autore di film cult come Deep End – La ragazza del bagno pubblico, Moonlighting (con Jeremy Irons) e dei recenti 11 Minutes ed Essential Killing.
Riguardo ai suoi ultimissimi film come “Essential Killing” e “11 Minutes”, ho come avuto la sensazione che lei stesse tentando di reinventare se stesso come regista e, invece che “vivere di rendita”, volesse ancora tentare di fare qualcosa di completamente diverso, di nuovo, esattamente come ai suoi esordi. Era così nelle sue intenzioni o è semplicemente successo?
11 Minutes è stato un caso molto particolare perché è stata una reazione ad un evento molto tragico della mia vita. Il mio figlio più giovane è morto improvvisamente e ovviamente ne sono rimasto devastato, sia nel corpo sia nella psiche. Allora ho pensato che l’unica terapia efficace per me, al fine di sopravvivere a quel momento così difficile, fosse mettermi a lavorare ad un nuovo film. E così ho fatto.
È vero che ha costruito “11 Minutes” a partire dal finale e via via ha scritto il film ripercorrendo all’indietro le vicende dei personaggi?
Sì. In quel momento specifico della mia vita sapevo di dover fare un film, ma non avevo nessuna idea perché tutti i miei pensieri erano molto tristi e lo erano anche i miei sogni. Una notte ho fatto un sogno molto strano che è in pratica il finale stesso di 11 Minutes. Perciò, al mio risveglio, ho pensato fosse un incubo terribile, ma che al contempo costituisse dell’ottimo materiale per un film. Quella è stata l’unica ispirazione che ho avuto in quel periodo. Da quel momento in avanti ho dovuto quindi “lavorare all’indietro” per trovare chi dovevano essere i personaggi coinvolti in quel drammatico finale. Questo è quello che è successo.
La potenza delle immagini e la freschezza registica di questo suo ultimo film fanno tornare alla mente i suoi primissimi lungometraggi di quando ancora era studente, come “Walk Over” o “Bariera”, ma anche di film successivi come “Deep End [La ragazza del bagno pubblico]”. Quando si è trovato nuovamente a lavorare dopo quasi un ventennio lontano dalle scene del cinema, è tornato con la mente ai suoi esordi o si è solo concentrato sul fare qualcosa di nuovo?
Non si può dire esattamente come funzioni la mente. Probabilmente ci son dei temi ricorrenti che tornano nei miei film anche a distanza di tempo, ma io non tendo a guardare indietro al mio passato. Non possiedo neanche una copia dei miei film, tant’è che quando gli organizzatori della Mostra del Cinema di Venezia hanno avuto bisogno di fare un video speciale sulla mia carriera, con una serie di spezzoni tratti dai miei film, da proiettare durante la cerimonia del Leone d’oro alla carriera, mi hanno chiesto se potessi dar loro qualche copia in pellicola dei miei vecchi film, ma io gli ho risposto che non le avevo. Hanno dovuto cercarle altrove. Sto cercando di spingermi sempre più in là con la mia filmografia, sento che non è ancora arrivato il momento di pensare al passato.
Riguardo ad “Essential Killing”, come è ricaduta la scelta di affidare il personaggio femminile principale ad Emmanuelle Seigner?
È stato molto semplice perché lei era perfetta per quel ruolo ed è un attrice di grande talento. La conosco da molti anni e d’ancor più tempo conosco Roman Polanski [marito di lei, NdR]. Abbiamo sempre voluto fare un film insieme e quando c’è stata l’occasione, ho scelto lei per quel ruolo. Non c’era nessun motivo economico o strategia produttiva dietro. La collaborazione che c’è stata, è nata dalla semplice voglia di fare qualcosa insieme.
Ci può raccontare qualcosa sulla sua attività di pittore oltre che di regista?
Non mi sono mai solo occupato solo di cinema nella mia vita. Tra i miei maggiori interessi ci sono sempre state anche la poesia e la pittura. Riguardo a quest’ultima è per me qualcosa che ha a che fare con lo spirito, pertanto devo essere in un particolare stato mentale per farlo e questo non succede sempre. Può capitare che passino mesi interi senza che dipinga nulla o, come è successo tra il 1991 fino a metà degli anni 2000, che dedichi anni interi della mia vita a questa forma d’arte. Per me la pittura è qualcosa legata allo zen, bisogna approcciarsi ad essa con serietà.
(Intervista a Jerzy Skolimowski condotta da Simone Tarditi presso l’Hotel Excelsior del Lido di Venezia in data 31/08/2016)
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