Venezia73: The Age of Shadows, spy-story made in South Korea

Venezia73: The Age of Shadows, spy-story made in South Korea

September 4, 2016 0 By Angelica Lorenzon

1 (2)A Kim Jee-woon manca solo dirigere un musical e poi potrà affermare di aver sperimentato ogni genere cinematografico. Ebbene sì, l’acclamato regista sud-coreano in tutti questi anni si è sbizzarrito passando da un genere all’altro, offrendo al pubblico un horror accattivante come A Tale of Two Sisters fino a divertirci con un western atipico come Il Buono, Il Matto, Il Cattivo, arrivando anche a dirigere un cast occidentale come in The Last Stand. Kim Jee-woon non si tira mai indietro a nuove sfide e non vuole essere ripetitivo, ed è per questa ragione che l’ultimo suo film presentato fuori concorso alla 73esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia è un esperimento del tutto nuovo per lui. Infatti si è cimentato in una spy-story a tinte noir: The Age of Shadows (밀정 – Miljeong), primissima pellicola coreana prodotta e distribuita dalla Warner Bros che può vantare di rappresentare la Corea nella selezione come Miglior Film Straniero agli 89esimi Academy Awards.

Sud Corea, anni venti. Il coreano Lee Jung-chool (Song Kang-ho) che lavora come agente nella polizia giapponese durante l’occupazione del Sol Levante sul territorio coreano, ha una missione di rilevante importanza: scovare la Resistenza coreana, un gruppo di ribelli che opera con violenza per affermare l’indipendenza della propria nazione. Sulle tracce del leader Kim Woo-jin (Gong Yoo), Jung-chool farà il doppio gioco, infiltrandosi nella Resistenza e estrapolando informazioni utili per la sua indagine. Ma ben presto i dubbi lo attanaglieranno e si ritroverà in mezzo a due fuochi, interrogandosi da che parte stare.

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È del tutto normale per un coreano preoccuparsi del suo paese, soprattutto quando negli ultimi anni in più occasioni s’è avvertito un pericolo interno da non sottovalutare. È per questa ragione che Kim Jee-woon ha scelto di dirigere questa spy-story, ambientandola nel decennio che va dal 1910 al 1920, rappresentando l’annessione giapponese della Corea, un durissimo periodo coloniale che durò ben 35 anni. Durante questo dominio, il Giappone attuò una politica di modernizzazione economica che tagliò fuori drasticamente il commercio coreano, sfruttando le terre come basi operative per un imminente attacco nei confronti della Cina settentrionale e della Manciuria. Fu così che nacquero diverse cellule di ribelli e Kim Jee-woon ha scelto di mostrare le prodezze del gruppo più violento in assoluto. In fin dei conti, in un periodo di nazionalismi come quello mostrato nel film, era inevitabile diventare una spia.

Kim Jee-woon si rifà ai classici di genere, ispirandosi in particolar modo ad Il Conformista (1970) di Bernardo Bertolucci, mantenendo però il suo stile unico ed eclettico. Piani sequenza mozzafiato, carrellate strepitose, un montaggio serrato che segue il ritmo della musica sempre più incalzante.

Il naturale contatto fra l’Asia e la parte occidentale del continente Euro-asiatico contaminano senza dubbio il modo di fare cinema del regista sud-coreano, ed è anche per ciò che The Age of Shadows è una lente d’ingrandimento sulla scena internazionale dei movimenti rivoluzionari.

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La caratterizzazione dei personaggi è uno degli aspetti che Kim Jee-woon cura di più durante la realizzazione delle sue pellicole. Nel caso del personaggio interpretato dal camaleontico Song Kang-ho, ci troviamo dinanzi ad un uomo in bilico fra il rispettare la legge giapponese ed il suo dovere in quanto coreano. Il regista si è volutamente focalizzato su di lui, partendo da un individuo per spiegare attraverso i suoi dubbi e le sue sofferenze l’atmosfera tesa del conflitto nippo-coreano.

Ogni storia drammatica è legata alla vita di ciascuno di noi, comprendendo le nostre stesse contraddizioni ed i timori che ci segnano. Alla fine, The Age of Shadows è la testimonianza della paura di perdere il proprio paese.