
The Exorcist, un pilot spaventoso (non nel senso che credi)
September 27, 2016Che L’Esorcista, il film del 1973 diretto da William Friedkin, sia uno dei più importanti film della storia del cinema, un vero e proprio spartiacque, è un dato di fatto. La massa di sequel, pseudo-remake, parodie che nell’arco degli ultimi quarant’anni si sono aggrappati ad un “brand” che in termini economici ha funzionato alla perfezione (se si considera il tasso d’inflazione del dollaro, L’Esorcista ha guadagnato in tutto il mondo una cifra corrispondente a quasi 1 miliardo di dollari, non noccioline) altro non hanno fatto se non confermare la grandezza e la forza di un film impossibile da categorizzare in un solo genere.
Il più recente adattamento del romanzo di William Peter Blatty ha trovato la sua forma finale nella serie tv The Exorcist, produzione Fox, dopo essere stato lì lì per diventare un remake del film di Friedkin, il quale non ha comunque dato la sua benedizione al serial. Sì, ci si può perdere nel gorgo di meccanismi di questo tipo, ma è importante evidenziare il punto fondamentale di queste operazioni: il nome che sta dietro a un prodotto vale di più del prodotto stesso.
Padre Marcus Keane (Ben Daniels) è un esorcista in rotta di collisione con la Chiesa e in missione a Città del Messico per liberare un bambino dal Male mentre Padre Tomas Ortega (Alfonso Herrera) opera negli Stati Uniti e si occupa di una comunità di fedeli a lui affezionatissima, ma al contempo è dominato da sogni spaventosi in cui entra in contatto con gli episodi di esorcismo compiuti da Keane. La madre di famiglia Angela Rance (Geena Davis) chiede a Ortega di far visita a casa sua perché tema che uno spirito demoniaco si stia aggirando attorno ai suoi cari. L’incontro dei due Padri, uniti da quel che sarà un futuro destino comune, suggela il primo episodio di The Exorcist.
Questa volta sul piccolo schermo e non al cinema, si può notare un analogo iter produttivo e realizzativo a Jurassic World e Star Wars: The Force Awakens: riproporre elementi simili, se non identici, a quelli che avevano determinato il successo del primo film, ma al contempo deformare i contorni e i contenuti dell’opera in base al gusto del pubblico di oggi. La due domande spontanee sono: Ma perché fare tutto ciò? Ce n’era davvero bisogno? La risposta dei piani altissimi, che determinano ciò che piacerà e cosa no attraverso marketing, passaparola indotto, cocktail di sesso e sangue è ovviamente “Sì, ce n’era bisogno” e “Si ripropone qualcosa d’identico perché la gente associa il nome ad un immaginario già costituito ed esistente”.
Da quelle che sono le premesse del pilot di The Exorcist tuttavia pare che la formula utilizzata non sia diametralmente la stessa di più di quarant’anni fa, ma ad essere similissima è la costruzione della storia (un esorcismo e l’arrivo di esperti nel mestiere per risolvere la situazione), svuotata però del senso vero della pellicola di Friedkin, cioè quello di fare un film non sulle possessioni demoniache, ma sul mistero della fede. I tempi sono cambiati, ma forse non sono più maturi.
La concezione di un uomo di fede in crisi e con una pistola automatica puntata su di un emissario del Vaticano, il concepimento di una sorta di “Indovina chi” su quale sia la persona indemoniata all’interno dell’american family odierna, il prete guidato da sogni nolaniani che gli mostrano un passato non da lui vissuto e le letterine d’amore che si scambia con una donna sposata, i corvi realizzati con una CGI così vomitevole da far rimpiangere il Birdemic di yotobica memoria, lo spaventevole botox trumpiano di Geena Davis, esattamente cos’hanno a che spartire col rigoroso romanzo di Blatty e con il monumentale film di Friedkin? Il titolo, il nome. Basta quello.
PS: Alla fine del pilot viene mostrato un promo di sessanta secondo con anticipazioni sulla seconda puntata e pare una versione di The Walking Dead senza zombie, ma con orde di posseduti da sconfiggere. Ma veramente?
PPS: Linda Blair ha detto di essere potenzialmente interessata a prender parte alla serie. Annamo bene.
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