
Amanda Knox, da Twin Peaks a Perugia, racconto di un omicidio
October 12, 2016Difficile approcciarsi ad un prodotto del genere per diversi e vari motivi: questa è la prima volta che Amanda Knox si racconta dopo la fine del processo, portando la sua versione dei fatti. Anzi, se non ve ne foste accorti, questo documentario porta proprio il suo nome. Ma perché questo? La vittima ricordiamo è stata Meredith Kercher quindi perché incentrare un prodotto solo ed esclusivamente sulla prima indiziata e, forse, anche colpevole del delitto di Perugia.
La data, la ricordiamo: 2 novembre 2007.
La ragazza perfetta tra morte e orge
Come descrivere, costruire e decostruire una persona: è l’indiziata numero uno, insieme al suo fidanzato di allora, Raffaele Sollecito. Un veloce giro sui social personali (i tempi di MySpace), qualche foto ambigua, magari scattata in un momento di spensieratezza con gli amici, come far finta di sparare con un cannone e l’identikit è fatto: Amanda Knox era una persona bella, brava, americana – punto da non trascurare di cui parleremo dopo – ma con un’indole violenta.
Ma andiamo per gradi. I grandi protagonisti di questo documentario sono, nelle parti di loro stessi, Amanda Knox, Raffaele Sollecito, Nick Pisa (giornalista del Daily Mail mandato a Perugia per documentare ogni cosa e raccontare ogni aneddoto) e Giuliano Mignini (Sostituto Procuratore Generale, coordinerà tutte le indagini).
Si parla molto della figura vergognosa in cui ne esce il ritratto dell’Italia e di chi ha mandato avanti le indagini in questo documentario. Questo perché? Tra le mole di prove e pressione mediatica e mondiale che il caso ha avuto, il non arrivare ad una chiara e delineata risoluzione del caso è stato dato dal modus operandi della scientifica italiana nel gestire le indagini: guanti e sacchetti per prove usati per più oggetti, impronte e DNA falsati, la necessità di mostrarsi all’altezza davanti una platea mondiale, Inghilterra e Stati Uniti in primis dato che rappresentano i paesi della vittima e dell’indiziata numero uno.
Inizia così un valzer mediato in particolare tutto incentrato sulla figura di Amanda Knox. Nick Pisa ammette “era lei l’attrazione principale”. Indiziata principale, nessuna inclinazione alla tristezza di aver appena perso un’amica e tanti troppi dubbi sul suo alibi, conditi dalle sue continue calunnie verso terzi. Amanda Knox si trasforma così in una sorta di ghiacciolo, fredda e ostile verso le autorità, tenera ed eccitata con Raffaele Sollecito. Su questo lato intimo le continue ricerche hanno evidenziato come i continui comportamenti di Amanda erano molto autoritari, in special modo verso Raffaele Sollecito, descritto come il ragazzo timido, probabilmente alle prese con la sua prima e vera relazione. In questa relazione quindi sembra che Amanda ne abbia pieno potere, portando Raffaele alla scoperta dei suoi giochi erotici e delle sue voglie di sesso con più persone assieme.
“La sera che ci siamo baciati, poi siamo andati a casa di Raffaele a fare sesso”
“La sera dell’omicidio ero a casa di Raffaele a leggergli Harry Potter e poi abbiamo fatto sesso”
“Nel mio appartamento non tornavo quasi mai, passavo la maggior parte del tempo a casa di Raffaele a fare sesso”.
Improvvisamente la brava ragazza americana, bianca, bionda, di buona scuola e famiglia si trasformava in una predatrice sessuale, in una padrona che nel suo intimi si intratteneva in sesso a gruppi e giochi erotici. La domanda sorge spontanea: il privato è privato, a meno che non entri in conflitto con il caso di omicidio, voglie, passioni o perversioni rimangono attorno alla coppia o al singolo, quindi perché tale interesse per le curiosità sessuali di Amanda Knox.
Il vero nemico, Nick Pisa.
Un cattivo in questa storia serve sempre. In tal caso il cattivo può e deve manifestarsi nell’assassino. Il documentario invece evidenzia due cattivi: uno è l’assassino, chiunque esso sia – sì, come per prodotti alla Zodiac o Memories of Murder, il punto interrogativo sull’identità dell’assassino resta sempre – l’altro è Nick Pisa, il giornalista del Daily Mail.
Perché questo? Essenzialmente il fulcro, il cuore della vicenda che è rimbalzata per tutto il globo è stato, appunto, l’influenza mediatica che ha avuto, in special modo di questa ragazza, Amanda Knox, amante, amica, perversa, troia, assassina, fredda e insensibile. Ma tutte queste parole, tutti questi profili e tutte queste storie devono pur partire da qualcuno. Ecco quindi Nick Pisa, contendo, sorridente il cui personaggio e professionalità può riassumersi in due frasi chiave:
“Ho sempre amato fare il giornalista, fin da piccolo. Sono sempre stato curioso”
“Di storie su Amanda ne ho scritte e ne sono state scritte a centinaia. Le notizie erano molte e andavano riportate subito. Non potevo certo mettermi a confermare ogni fonte che ricevevo”
Lo sciacallaggio mediatico che ha avuto il caso è stato tale che era più importante avere il proprio nome alla storia in prima pagina. Amanda Knox era una tavola imbandita per centinaia di persone, giornalisti, investigatori e psicologi. Meredith Kercher? Poca cosa, ormai non era più in vita. La vera storia era Amanda Knox che in tribunale più e più volte sorrideva. Confermare le voci che si sentiva in giro? Troppo mainstream, scriviamo. Eppure quel sorriso rimane, effettivamente, enigmatico.
Uomini timorati di Dio
Altra grande questione: le indagini gestite come dei principianti.
Interessante il gonfiarsi del Procuratore Generale durante i primi minuti del documentario:
“Sono un uomo affascinato dall’investigazione”
“Mi piace Sherlock Holmes”
“Credo in Dio e davanti i nostri errori non posso che attendere la giustizia divina per il colpevole”
Tante parole che messe in bocca ad un uomo che potrebbe indirizzare la colpevolezza come l’incriminazione di una persona con il gesto di una mano. E la sensazione è proprio quella. Gli interrogatori di Amanda sono stati gestiti con questo modus operandi: serviva un colpevole e subito.
Sulle teste di giudice e investigatore c’era un’incessante pressione mediatica e le stesse pressioni di governo statunitense e inglese. Serviva giustizia e forse, le autorità italiane non era all’altezza.
Il colpo di grazia è arrivato quando dopo una seconda verifica delle prove, si è venuti alla conoscenza di come prove e altri indizi siano stati raccolti e analizzati insieme agli altri reperti. Il risultato? Prove falsate e DNA mischiato e residui di esso ovunque. Se mai c’era modo di trovare DNA per incastrare qualcuno, ora non era più possibile. Ma alla fine che importa, c’è sempre la giustizia divina, no?
Ossessione
Mettiamo da parte il sesso di gruppo, la bellezza di Amanda o i suoi strani comportamenti. Per questo punto parlerò in prima persona per raccontarvi di una cosa che ho scoperto mentre ricercavo materiale per l’articolo che state leggendo.
Mentre mi addentravo nella questione, sono capitato in questa ‘cosa’, anzi, chiamiamola con il suo nome, una sindrome, questa: Missing white woman syndrome.
Di cosa parliamo? Essenzialmente l’accanimento mediatico – ops – nel parlare, proteggere e promuovere un certo di persone. Agli occhi degli americani, non importava se ad Amanda piaceva fare sesso con due o tre uomini contemporaneamente – seguendo il filo logico comune, il privato resta tale – ma importava della sua persona: Amanda è una ragazza americana, bianca, bionda, di buona famiglia, giunta in Italia con un programma Erasmus, quindi volenterosa, studiosa. Insomma quel tipo di cittadino che un pauese ‘coltiva’ per poi proteggerlo in tutti i modi nei momenti più difficili, che sia anche raccontare fandonie o segreti intimi. Amanda Knox in Italia rappresentava la persona rapita da un governo e autorità italiane incompetenti. Comunque vadano le cose, assassina o no, lei era una persona da difendere.
Alla fine della fiera, e del documentario, la realtà resta la stessa: dell’arma del delitto e del vero assassino ancora non c’è traccia.
Rudy Guede? La sentenza arriva dallo stesso Nick Pisa:
“Di Rudy Guede si è detto e letto poco. A noi non interessava lui, la star sotto i riflettori era Amanda Knox. Lei faceva vendere i giornali, non lui”
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