
RomaFF11: Intervista a Bogusław Linda (Afterimage)
October 16, 2016Bogusław Linda ha recitato in più di un’occasione nei film di Andrzej Wajda, regista simbolo della Polonia, venuto a mancare pochi giorni fa. Vero Cinema ha avuto la fortuna d’incontrarlo e intervistarlo durante la promozione del film Afterimage (QUI la nostra recensione) nell’ambito della Festa del Cinema di Roma. L’attore, uno dei più importanti interpreti polacchi contemporanei, uno di quei pochi che può essere definito a tutti gli effetti una star del cinema nel suo paese, ha ricordato Wajda e ha parlato di sé, di come ha intrapreso questa strada, del cinema di oggi, della televisione, dell’importanza dell’arte, dei manifesti cinematografici polacchi, ma soprattutto di quanto Afterimage non sia solo il testamento di un maestro, ma anche un film profondamente radicato nella Storia che si riflette sul presente che stiamo vivendo, in costante ricerca di un ideale di libertà, slegato da ogni contesto politico.
Dove si sono svolte le riprese di “Afterimage”?
Il film è stato girato quasi interamente a Lodz, che era la città in cui viveva Strzeminski, ed è stata una scelta fatta anche per documentare proprio quelle strade che lui percorreva tutti i giorni. Solo le primissime scene che si vedono in Afterimage sono state fatte in una zona di montagna, sempre in Polonia.
La Polonia è sempre stato un paese in cui la censura nel cinema è sempre stata molto forte, gli stessi Wajda e Skolimowski ne sono stati colpiti più volte. Attualmente com’è la situazione?
In realtà la situazione non è molto chiara neanche in questo momento. Sentiamo sempre di più questi tentacoli della politica che ci avvolgono e stringono. Lo Stato sicuramente vuole impadronirsi della cultura ed è una cosa che ovviamente non mi piace. Una cosa che posso dire è che quest’ultimo film di Andrzej Wajda, che doveva essere un film su di un artista, è diventato un film sulla libertà.
In Italia si nota quanti meno film vengano fatti rispetto ad una volta. A livello produttivo cosa sta succedendo in Polonia?
Devo dire che il numero di film prodotti non è cambiato molto nel corso degli anni, ma sicuramente in quest’ultimo periodo si può osservare il numero crescente di questi giovani registi polacchi veramente bravi e credo sia una tendenza che si sta sviluppando sempre di più.
In Polonia vengono prodotte molte serie tv? C’è un incontro-scontro con il mondo del cinema?
A parte la filiale polacca della HBO, che trasmette prodotti di qualità, devo dire che tutte le altre serie tv polacche sono mediocri e non fanno in alcun modo concorrenza al cinema.
Tu hai avuto modo di collaborare con Andrzej Wajda in più di un’occasione, insieme avete fatto molti film. Hai mai notato in lui, soprattutto negli ultimi anni, una preoccupazione per i tempi che stiamo vivendo, dominati da paura, paranoia, terrore spesso indotti proprio da media? Cosa pensava il regista del mondo di oggi?
Non penso che ne fosse preoccupato, non l’ho mai sentito fare dei commenti del genere. Noi c’incontravamo sul set e lavoravamo anche dodici/quattordici ore al giorno e quindi non c’era molto tempo per parlare di quello che stava succedendo nel mondo reale. Inoltre devo dire che il film è stato girato prima del cambio del governo polacco e perciò non c’era molto da commentare.
Jerzy Skolimowski ha definito la pittura come qualcosa di spirituale, quasi una pratica zen. Cos’era invece per Andrzej Wajda?
Andrzej tendeva a concepire ogni suo film come un dipinto. Oltre a questa sua visione del cinema, con Afterimage in qualche modo ha realizzato un sogno perché erano venti anni che voleva fare un film su Strzeminski.
Il film è molto bello, ma anche molto triste. Qual è invece il momento più felice che hai trascorso durante le riprese?
Il momento più felice è stato l’ultimo giorno delle riprese perché sapevo che subito dopo sarei partito da quella città così triste, fredda, grigia e avrei fatto ritorno nella mia casa, col mio letto, tutte le mie cose.
Ci sono stati dei film o degli attori che ti hanno spinto a intraprendere questo percorso nel mondo del cinema?
La persona che più mi ha influenzato è stata mio cugino che aveva portato da New York delle canne, del fumo. Io ero ancora un ragazzino, andavamo in giro per la Polonia, guardavamo film e ascoltavamo musica degli Stati Uniti, soprattutto blues, ogni qual volta fosse possibile. Una sera abbiamo visto The Missouri Breaks, con Jack Nicholson e Marlon Brando, e tutti i racconti di ciò che era successo durante la realizzazione di quel film, ciò che facevano gli attori quando fuggivano dal set e venivano poi trovati ubriachi, erano tutte cose che all’epoca ci colpirono molto quindi forse questo è stato ciò che più mi ha spinto a seguire quella strada.
I manifesti cinematografici polacchi, insieme a quelli cubani e in certi casi anche quelli italiani, hanno la fama di essere delle vere e proprie opere d’arte perché i realizzatori erano soliti disegnarli da zero, dopo aver visto il film. Non sono delle copie di quelli fatti nel paese d’origine, ma sono proprio tutta un’altra cosa, spesso sono molto più suggestivi. Secondo te, questo è proprio dovuto ad una cultura artistica ben precisa che c’è in Polonia?
Questa cosa è vera, c’è un forte legame tra le cosiddette Belle Arti e la cultura generale. Il manifesto, sia quello cinematografico sia quello teatrale, ha costituito una sorta di qualità a parte, a sé stante. Questi manifesti erano fatti dai più grandi artisti dell’epoca, purtroppo ormai questa tendenza è in declino e tutta questa tradizione sta scomparendo. Sicuramente tutto questo influenzava anche l’esperienza cinematografica perché noi spettatori, quando guardavamo i film, eravamo comunque condizionati dalla visione del manifesto come opera d’arte, ciò che l’artista aveva voluto ritrarre.
(Intervista condotta da Simone Tarditi presso il Mazda Lounge della Festa del Cinema di Roma in data 14/10/2016. Un ringraziamento speciale ad Anna Rita Peritore e a Daniela Staffa, che hanno reso possibile questo incontro, e a Katarzyna Skorska, che ha fatto da interprete tra l’intervistatore e l’intervistato)
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