
Silence, intervista all’attore Yutaka Mishima
February 10, 2017Lontano dal glamour, lontano dai red carpet, lontano dai paparazzi, lontano dai pettegolezzi, lontano dalla pubblicità, lontano dai nomi grossi, c’è il vero cinema. Quando si guarda un film, poi ci si ricorda del regista, ogni tanto dello sceneggiatore, qualche volta del direttore della fotografia o del compositore della colonna sonora, ma soprattutto del cast, protagonisti e qualche caratterista.
Questo è normale, basti pensare che nei primi decenni del Novecento non c’era una distinzione precisa dei ruoli dietro la macchina da presa e le fondamenta della cinematografia mondiale sono state poste da persone di cui ci si è dimenticati anche il nome. Quando nei primi anni ’20 la gente andava a vedere un film con Rodolfo Valentino, lo identificava come film di Rodolfo Valentino, incurante del fatto che il divo, più che mettere la faccia di fronte alla cinepresa, altro non aveva fatto. Tutto questo per dire cosa? Che il cinema è fatto da una moltitudine di persone di cui quasi mai viene riconosciuto alcun merito. Eppure senza questi individui, non ci sarebbe alcuna magia, niente di niente.
Abbiamo raggiunto l’attore Yutaka Mishima in Giappone, per la precisione a Tachikawa, città della prefettura di Tokyo. Yutaka ha recitato una piccola parte in Silence di Martin Scorsese e ha condiviso con noi dei ricordi bellissimi sulla lavorazione del film. Serietà, gentilezza, disponibilità ed estrema professionalità. Non potevamo chiedere di meglio. Forse in pochi collegheranno il suo nome a quello del film, ma nelle sue parole abbiamo scorto la meraviglia di cosa vuol dire fare cinema e ci siamo ricordati del perché stiamo dedicando parte delle nostre vite a questa forma d’arte, basata sull’illusione, ma che illusione non è.
Ciao Yutaka, come sei entrato a far parte del cast di “Silence”?
È iniziato tutto nel 2009 quando ho scoperto che il mio agente si stava occupando di alcuni casting per Silence. Tra i molti nominativi che ha passato alla produzione di Silence c’era anche il mio e visto che non volevo che il mio foglio venisse sepolto sotto molti altri, ho disegnato sopra delle vignette per Martin Scorsese. Non so dire se fu dovuto a quei disegni, ma fui chiamato qualche mese dopo per un provino. Ellen Lewis, casting director di Scorsese, mi diede dei consigli e superai con successo quel provino. Dopodiché, non ci fu nessun contatto per quasi sei anni fino a quando non iniziarono le riprese del film [Nel 2014, NdR].
Magnifico. Possiamo sapere cos’hai disegnato a Martin Scorsese?
Sono un attore e non un disegnatore professionista, ma da giovane ho studiato un po’ di disegno. La “striscia” che ho fatto è a quattro vignette, un po’ come quelle dei Peanuts.
Ci puoi descrivere il primo giorno che hai trascorso sul set di “Silence”?
È stato verso la fine di gennaio 2014 nelle montagne a nord del Taiwan. Sono dovuto stare vicino ad un cespuglio ad osservare un capanno per il carbone poco distante da lì [è il capanno dove sono stati nascosti i due preti gesuiti dopo essere arrivati a Tomogi, NdR]. Pioveva molto. Tutto la crew del film compiva movimenti estremamente precisi e sul set c’era una sorta di confortevole tensione. Io ho cercato di essere il più serio e concentrato possibile invece che farmi prendere dall’agitazione e dall’emozione. Ad un certo punto è stata decisa la posizione della macchina da presa e Martin Scorsese, a bassa voce, ha detto “azione!”. In quel momento è iniziato tutto.
Che ruolo interpreti nel film?
Io interpreto Kuro, capo del villaggio di Goto, e accompagno il protagonista [Rodrigues, interpretato da Andrew Garfield, NdR] da Tomogi, dove c’è stata una pesante repressione dei Cristiani, verso un villaggio nascosto, un piccolo paradiso, dove segretamente si pratica il Cristianesimo.
Ci puoi parlare della scena della barca nella nebbia durante il viaggio verso Goto?
C’è quella scena notturna in cui si raggiunge Goto sopra delle barche a remi: io silenziosamente osservo il protagonista, che è in ansia per quel viaggio. Dopo aver finito le riprese, ho scoperto che è un omaggio a Ugetsu Monogatari, il primo film giapponese che Martin Scorsese ha visto.
Il villaggio di Goto è stato allestito nei minimi dettagli, ci puoi raccontare qualcosa di più su quel set?
Goto è un villaggio di pescatori e quindi è stato ricreato sulla costa est di Taiwan, nei pressi di Hualien e per le riprese ci sono voluti tre giorni in tutto. Martin Scorsese voleva che ci fosse un contrasto tra il villaggio di Tomogi e quello di Goto e pertanto il primo è spesso mostrato sotto la pioggia, mentre il secondo quando c’è bel tempo.
Che tipo d’indicazioni ti ha dato Martin Scorsese?
Sul set Martin mi diceva “rimani come sei”, “non provare a recitare”, “sii come sei sempre”. Non mi ha mai detto d’interpretare un ruolo. Quando tutto è stato pronto per le riprese, io ho semplicemente dovuto comportarmi come se fossi un abitante di un villaggio giapponese nel periodo Edo.
Hai letto il romanzo di Shūsaku Endō da cui è tratto il film? Cosa ne pensi?
Il romanzo affronta profondamente il tema del credere e tutti i personaggi lottano per proteggere la loro identità, ma secondo me il messaggio veramente importante contenuto in Silence è che nulla è perduto finché c’è vita. Ovviamente, queste tematiche non sono estranee a quello che oggi sta succedendo nel mondo a causa delle religioni.
Tu hai recitato una parte anche in “Tetsuo: The Bullet Man”. Ci puoi parlare di quell’esperienza?
Sì, interpreto il ruolo di uno dei killer che vuole uccidere Tetsuo. Per fare quel film il regista Shin’ya Tsukamoto ha declinato tutte le offerte delle grandi compagnie cinematografiche e all’inizio se l’è praticamente autofinanziato. Per la mia scena, tutti gli effetti speciali sono stati realizzati dal vivo senza la CGI quindi c’è voluto un mese per girare trenta secondi. È stata un’esperienza emozionante. Ho conosciuto Shin’ya Tsukamoto sul set di Bullet Ballet, nel 1997. In quel film interpreto un membro della mafia cinese. Lì ho anche conosciuto il suo discepolo Keisuke Yoshida, il regista di Himeanole, che è diventato uno dei miei migliori amici.
Cosa ne pensi del cinema giapponese al giorno d’oggi?
Oltre ai film di Shin’ya Tsukamoto e Keisuke Yoshida, mi piacciono molto anche quelli di Shinobu Yaguchi, Hirokazu Kore’eda, Masayuki Suo. Attualmente, i film giapponesi sono un po’ “chiusi” entro i confini nazionali, credo che il problema sia il fatto che venga considerato quasi esclusivamente il pubblico giapponese e non quello internazionale. È triste che solo pochi film raggiungano il mercato estero. Durante la lavorazione di Silence ho parlato con persone americane e asiatiche e pochissime di loro hanno visto gli attuali film giapponesi.
(Intervista all’attore Yutaka Mishima condotta da Simone Tarditi tra gennaio e febbraio 2017)
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