Falchi, dietro il distintivo

Falchi, dietro il distintivo

March 6, 2017 0 By Gabriele Barducci

Prodotto particolare il Falchi di Toni D’Angelo, figlio di Nino che ha curato la colonna sonora del film per nulla banale. Raggruppando un certo stile e cinefilia da un tipo di cinema poliziottesco italiano anni ’70, la confezione finale del film presenta non pochi difetti.
C’è la voglia di mostrare una tecnica sapiente – il regista non è al suo primo film – e interessata a centrare l’attenzione sulla psicologia dei due protagonisti e del male che cresce dentro di loro, uno diverso dall’altro.

I Falchi del titolo purtroppo li vediamo pochissimo: al netto della storia, l’essere poliziotti è un mero pretesto per incentivare la loro natura quasi da ‘corrotti’ – parola mai usata nel film – e degli errori commessi, con o senza il distintivo. Esso non è uno scudo con cui difendersi e le conseguenze delle loro azioni dovranno essere pagate in qualche modo, anche quando nel ‘giro’ entra il capo della questura, pure lui sotto indagine.
La confusione aleggia sovrana per gran parte del film, la trama si perde e non riesce ad essere incisiva, facendo perdere in più punti l’attenzione. L’impressione è che il film sembri dare il meglio se preso a piccole dosi, in piccoli momenti in cui si concentra quanto non si sia riuscito a dire nel minutaggio generale del film.
C’è la Napoli, tratteggiata diversamente dalla serie tv Gomorra, più ghetto cinese con vapori continui stile Blade Runner che città fondata sulla criminalità della serie tv di Stefano Sollima, eppure è una città muta, non resistuisce un valore aggiunto, ed è un peccato perchè alcuni film ‘di borgata’ hanno avuto il loro successo facendo parlare anche il territorio in cui stazionano – pensiamo alla Roma di Lo chiamavano Jeeg Robot o l’Emilia Romagna de Veloce come il Vento.

Nonostante tutto c’è la volontà di inserire in una cornice prettamente attuale un certo tipo di cinema di genere che forse non ha più pubblico, tanto da aver perso una sua cinefilia attorno al racconto narrato. Avrà i suoi detrattori come i suoi supporter, ma a conti fatti, sembra l’ennesima prova che il cinema italiano anche nel suo piccolo e nelle piccole-medie distribuzioni, continua a sperimentare, continua a resistere e a far emergere nomi e storie – magari non originali – che si discostano totalmente dal ‘tipico’ film thriller italiano, ed è il grande complimento che si può fare a Falchi.

Gabriele Barducci
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