
Alien: Covenant, una space opera allo sbaraglio
May 7, 2017Premessa: si affronterà un’analisi del film, senza ricorrere a spoiler. Per completare l’analisi, si parlerà anche molto di Prometheus, quindi di questo film si farà ampio ricorso ad eventi chiave e teorizzazione del finale. Buona lettura.
Negli anni che hanno posticipato Prometheus in molti si sono sentiti in dovere di criticarlo o difenderlo. Era palese che l’operazione commerciale che mirava a narrare le origini degli Xenomorfi che tanto abbiamo amato, colpiva al cuore fan e non. Il post visione è stata una dura ammissione di aver assistito ad un film che, almeno narrativamente, non si reggeva in piedi. Al netto di un impianto estetico accattivante come pochi, non si è potuto dire altrettanto della trama.
Siamo nel 2012, il film era stato scritto e girato nel 2011 e la serie tv Lost è finita nel 2010. Cosa hanno in comune queste date ed eventi? Lui, Damon Lindelof, Re Mida della serie tv ideata da J.J. Abrams che ha tenuto in piedi la Lost room, partecipando attivamente agli sviluppi della trama. In quel momento l’idea di esportare un modello narrativo, metafisico e pregno di misteri esistenziali da risolvere, era sembrata ad Hollywood una mossa strategica per impostare nuovi prodotti così da portarsi dietro, tipo pifferaio magico, i fan rimasti affascinati da questo tipo di narrativa. La stessa televisione ha impostato molti dei suoi progetti su questa linea , basti pensare a, tutti rigorosamente falliti in tempi brevi, Flashforward, The Event o anche quel V – Visitors ripescato a distanza di anni e costruito su questa formula. Esattamente cosa aveva reso unico Lost da tutti i suoi cloni fallimentari, non è dato sapere. La serie di J.J. Abrams si costruiva in parte dal suo recente Alias e in parte da un’esperienza talmente forte con lo spettatore che ognuno aveva un proprio motivo per seguire le avventure dei naufraghi televisivi. Una cosa era sicura in tutto questo caos, al cinema, questa formula (seguita anche da quel Tomorrowland che, guarda un po’, sempre sceneggiato da Lindelof) non ha funzionato per nulla.
Prometheus portava tanti dubbi e domande, zero risposte e alcuni passaggi incomprensibili. Siamo talmente cattivi che ve li spieghiamo anche nei dettagli.
- Vickers (Charlize Theron) nella sua stanza privata, ha una capsula per le operazioni chirurgiche, un macchinario estremamente raro. Quando la dottoressa Shaw la usa per asportare il feto alieno, la voce robotica della macchina dice esattamente “questa macchina non esegue operazioni chirurgiche su soggetti femminili”. Quindi la domanda è: perché una donna dovrebbe tenersi nel suo habitat privato una capsula che non può utilizzare dato che è settata solo su soggetti maschili?
- Il capitano della Prometheus (Idris Elba) davvero decide di sacrificare la sua vita e quella dei suoi due co-piloti solo perché una donna, che conosce da pochissime ore, parla di catastrofe globale e si fida ciecamente di questa? Così facilmente e senza un minimo dubbio crede a tutto quello che gli dicono?
- Diventata famosa, ma necessaria: scienziati di fama mondiale che appena vedono un alieno lo toccano senza pensarci due volte. La loro fine è palese. In fondo se la sono cercata.
- La stupidità di tutto l’equipaggio, persone che in teoria e per la delicatezza della missione dovrebbero essere cervelloni dal quoziente intellettivo altissimo, si comportano da veri idioti.
- La perdita di fiducia del compagno della dottoressa Shaw. Piccolezza ma aggiunta in un quadro completo, è disarmante: euforico per la scoperta un secondo prima e subito dopo depresso per non aver incontrato nessuno degli Ingegneri vivo.
Piccolezze, elementi che, quando un film è pieno di difetti, ne arricchiscono una visione totalmente negativa. Salvando il salvabile certo, perché, come già scritto poco sopra, visivamente e alcuni concetti teorici, erano affascinanti.
Alien: Covenant è la risposta capricciosa, dopo cinque anni di silenzio, di Ridley Scott ad un certo Neill Blomkamp che aveva convinto la Fox a farsi finanziare il progetto di un interessantissimo Alien 5. Saputa la notizia, Scott è andato alla Fox, ha assicurato di voler continuare con Prometheus, facendo così annullare Alien 5 e dare il via libera ad Alien: Covenant. Non è tanto una critica a Ridley Scott che ormai viaggia verso gli 80 anni e qualche rotella comincia a mancare, ma una situazione palese, mai ufficializzata ma sicuramente reale. Le risposte vaghe e sempre irritate di Scott su quell’Alien di Blomkamp la dicono lunga.
In teoria, il compito di Alien: Covenant doveva essere quello di riuscire a raddrizzare una storia e quindi colmare tutti i difetti di Prometheus, un sequel che riuscisse quindi ad andare diritto a quel Alien del 1979. Lo pseudo Xenomorfo visto alla fine di Prometheus era un indizio che questa saga prequel avrebbe ‘sperimentato’ diverse opzioni, anche aliene, per poter arrivare allo Xenomorfo che tutti conosciamo come l’essere vivente perfetto.
Diciamo subito che purtroppo così non è. La storia riprende da lì, dieci anni dopo gli eventi di Prometheus e un nuovo equipaggio che durante la sua traversata verso un pianeta abitabile e quindi, pronto ad essere colonizzato, devia su un altro pianeta, che solo dopo scopriremo essere la casa dei famosi Ingegneri di Prometheus e lì, l’equipaggio della Covenant incontrerà David. Il resto è catalogabile come spoiler quindi ci fermiamo qui.
Cosa funziona e cosa non. In una fretta assoluta e quindi, relativa paura di affidare un nuovo film di Alien a Blomkamp, Scott cambia gli sceneggiatori, Spaihts e Lindelof vanno via e questo è un grande bene, perché narrativamente il film è molto più compatto ed asciutto ma purtroppo quegli scivoloni da ‘equipaggio idiota’ continua e forse è un problema di continuità a cui non si può porre rimedio.
Il succo del discorso, anche qui, è lo stesso di Prometheus: grande realizzazione estetica, almeno un paio di scene che hanno una potenza talmente distruttiva da rimanere impresse negli occhi dello spettatore (già la primissima scena fa parte di queste) ma tanti, tanti errori sul teorizzare i messaggi mal veicolati da Prometheus.
Una consapevolezza c’è: di Alien, in questi prequel, ormai non ne è rimasto praticamente nulla. Da claustrofobici e cattivissimi film horror, adesso questo tipo di fantascienza ha abbracciato più un lato strettamente action. Inserito all’interno, ci saranno sempre quei temi di creazione e onnipotenza che ossessionavano l’androide David in Prometheus e che qui continuerà la sua ricerca di perfezione.
L’aspetto metafisico del film si manifesta come la sua centralità. Il grande problema di Prometheus era il non avere un baricentro su cui far girare storia e relativi personaggi attorno. Covenant rafforza questo concetto, già presente ma mal teorizzato: David. Egli è il vero protagonista di questa saga prequel e tutti gli altri risulteranno solo essere tristi cavie per le sue sperimentazioni. Un elemento talmente semplice che invece riesce a inquadrare narrativamente meglio la saga.
Ma le stesse teorizzazioni metafisiche, hanno difficoltà a palesarsi al proprio meglio, sempre per errori di stampo narrativo. Viene da pensare quindi che con Prometheus, tutta l’operazione prequel ha creato una storia che purtroppo non riesce a chiudersi e si sono messi, Scott e compagnia bella, automaticamente con le spalle al muro, trovandosi ora con la necessità di portare a conclusione una storia che, per quanto si cambi chi ne metta mano, non riesce ad esplodere e quindi continuare a vivere nella sua forma fumosa, pretenziosa e inconcludente. Tanti, tutti temi interessanti che stuzzicano la curiosità ma non si addentrano mai oltre il classico pretesto onnipossente della creazione e quindi, della sostituzione a Dio, e vivere nell’immortalità. Tutto bello ma mal teorizzato.
Il voler riprendere questi concetti equivale ad avere un fabbro che picchietta con un martello ogni nostro singolo dente. Ricordate il flauto che in Prometheus attivava le strumentazioni della nave aliena degli Ingegneri? Qui ritorna sotto un’altra forma, iconica, quanto come strumento di attivazione e comunicazione intergalattica, ma manca sempre quel piccolo particolare per rafforzare questo oggetto nell’intera economia del film.
Cosa rimane quindi Alien? Ben poco. Un ultimo spruzzo di minutaggio finale per farci ritornare in un’angoscia simile a quella provata nella Nostromo e tanto amaro in bocca. Anche gli accenni a quella che sembra voler essere una space opera a tutti gli effetti non salvano Covenant dal baratro.
C’è comunque un’osservazione che potrebbe proiettare il film verso una diversa teorizzazione e, magari, farlo apprezzare.
Con Covenant è stato palese come ormai la saga si sia allontanata dal genere horror per abbracciare altro e in questo caso, l’esistenziale, l’action e il metafisico. Si può quindi ‘salvare’ in zona Cesarini Covenant relegandola in questo genere? Forse no, come sì. Partendo sempre dal presupposto che anche questo film vive degli errori ed idiozie precedenti, ciò che potrebbe far cambiare idea è una presa di posizione, sempre opinabile, per cui ormai anche questa si è tramutata in una semplice operazione commerciale e per quanto ben infiocchettata, ne risente una totale mancanza di qualità. Esempi? Tanti: Lo Hobbit o Episodio I-II-III di Star Wars, tutti prodotti che arricchiscono l’immaginario collettivo come la stessa economia del film, ma perdono qualità a vista d’occhio.
Alien: Covenant quindi non è un film su cui perderci in troppe chiacchiere, teorizzare misteri (che non ce ne sono) o altre opzioni. E’ un film che nasce da una precedente idea sbagliata e quindi, come pretesto per tornare su qualche passo per aggiustare storia e mitologia. Possiamo trovare le già citate due o tre scene bellissime come tutti i cliché da horror da serie B, ma nulla toglie che Alien: Covenant esige le giuste critiche, che forse i fan estremisti potrebbero trovare sterili, ma che ad altri occhi, risulteranno esattamente quelle stesse critiche mosse per Prometheus.
Alien: Covenant è a tutti gli effetti il sequel di Prometheus proprio per questo aspetto: ne riprende tutti gli errori, ne corregge alcuni, ma ne ingigantisce altri.
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