
Silence, intervista all’attore Takahiro Fujita
June 9, 2017Dopo l’intervista con Yutaka Mishima e Laura Calvo, torniamo a distanza di mesi con un’altra dose di ricordi dal set di Silence. Questa volta è il turno di Takahiro Fujita (nome d’arte ENGIN#9), ballerino hip-hop prestato al cinema. Poche parole, quelle essenziali, per tornare a parlare dell’ultimo film di Martin Scorsese attraverso una voce silenziosa come quella dell’attore giapponese a cui siamo felici di dedicare questo spazio.
Ciao Takahiro, ci puoi raccontare la tua esperienza sul set di “Silence”?
Il mio background non è quello della recitazione, ma della danza e da qualche anno a questa parte ho momentaneamente smesso di ballare hip-hop e mi sono dedicato al cinema e agli spot televisivi. Le riprese che mi hanno visto coinvolto sono durate complessivamente un mese e si sono svolte vicino a Taipei. Fatta eccezione per una scena, tutte le altre son state girate all’aperto. Non saprei indicare tutte le location perché il lavoro è stato molto faticoso e approfittavo dei viaggi dall’hotel al luogo delle riprese per riposarmi e dormire.
Che atmosfera si respirava sul set?
L’atmosfera sul set era veramente di grande professionalità, tutti erano calati nei loro personaggi. Andrew Garfield, per esempio, era sempre molto concentrato per la sua parte, per questo motivo non scambiava molte parole con gli altri attori. Volevamo tutti che le cose andassero perfettamente, pertanto c’è stata molta serietà prima e durante le riprese. Per esempio, tutti i cellulari venivano “requisiti” ogni mattina per evitare che venissero fatte e diffuse immagini dal set prima della release del film. Nonostante non abbia potuto scattare fotografie, il ricordo di questa esperienza rimane ben presente nella mia mente.
Ti sono stati dati particolari consigli su come interpretare il tuo ruolo?
No, direi di no. Una persona mi ha consigliato di guardare I Sette Samurai di Akira Kurosawa, che non conoscevo. Non conosco tutti i dettagli tecnici su come si gira un film, ma in quel caso sono rimasto veramente impressionato dalla passione degli attori. Prima di allora non ero molto interessato ai vecchi film giapponesi, dopo aver conosciuto il lavoro di Kurosawa ho visto molte altre pellicole.
Prima parlavi della tua vera carriera, quella di ballerino. Ci puoi raccontare qualcosa di più a riguardo?
Ho ballato professionalmente per quasi trent’anni, fin da quando avevo diciotto anni. Ho cominciato a ballare a Osaka, tutti i weekend andavo nei club e così ho fatto esperienza. Successivamente, sono andato a New York dopo aver ottenuto una parte in un musical. Le parole di Yuki Yasutoko sono state di grande motivazione per me. Yuki è colui ha importato dall’America in Giappone la roller dance, un particolare modo di ballare hip-hop utilizzando dei pattini a rotelle. Ho vissuto tredici anni a New York dove mi sono guadagnato da vivere facendo lo street performer perché entrare in contatto con le minoranze etniche era ciò che m’interessava di più. L’hip-hop arriva dal South Bronx ed è stata una grande esperienza visitare i luoghi dove vivevano gli apripista di questo movimento. Anni dopo sono anche andato a Los Angeles per partecipare all’evento “Radiotron”. Circa dieci anni fa sono tornato in Giappone dove ho iniziato a fare l’insegnante di hip-hop e a dirigere coreografie, come quella del 2010 per il Shanghai World Expo.
(Intervista a Takahiro Fujita condotta da Simone Tarditi nella primavera del 2017)
(Vero Cinema ha recensito “Silence” di Martin Scorsese in due occasioni: QUI e anche QUI)
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