
The Beguiled – L’inganno, soffocante silenzio e carità cristiana
July 14, 2017Virginia, 1864. Quattro anni di Guerra di Secessione Americana hanno provocato complessivamente quasi un milione di morti tra soldati e civili, le munizioni cominciano a scarseggiare, la fame e la malattia non risparmiano nessuno. Incredibilmente isolato dagli scontri, per lo meno in maniera diretta, un edificio che funge da scuola femminile sorge tra querce secolari e sentieri percorsi dalle truppe.
Nonostante il sanguinoso conflitto stia affamando anche i civili, Martha Farnsworth (Nicole Kidman) continua ad insegnare alle sue allieve e a far loro da madre. Quando un giorno si trova costretta ad accogliere e curare un soldato ferito (Colin Farrell), il fragile equilibrio fino a quel punto tenuto miracolosamente in piedi verrà messo duramente alla prova.
C’è il mondo là fuori in cui sta impazzando la guerra e c’è un posto in cui si stringono i denti in attesa che le ostilità cessino. Come in ogni fabula, l’idillio nel quale vivono le protagoniste e l’unico personaggio maschile della vicenda è destinato a interrompersi bruscamente salvo poi tornare tutto com’era all’inizio. Quella che però vale la pena notare è una scelta estetica optata per The Beguiled: il paradosso luce / tenebre.
Il film è bipartito. Nella prima abbondante metà si assiste all’adattamento sia delle figure femminili sia di quella maschile in seguito all’arrivo di quest’ultima nell’abitazione. In quello che è tutto un gioco di amorazzi, sospetti, fascinazioni, adulazioni, il clima che pervade la narrazione è dominato da ombre, saloni bui, totale assenza di una colonna sonora fatta eccezione per i brani suonati e/o cantati personalmente dalle protagoniste (suono diegetico). Insomma, l’inatteso ospite getta scompiglio, ma anche una buona dose d’inaspettata speranza e desiderio e, se il risveglio dei sensi e la scoperta della carnalità sono accolti con gioia, a fare da contrappunto vi è però un’atmosfera tenebrosa, creata dalla guerra in corso e presagio delle cose che verranno.
Nel secondo e ultimo atto, invece, accade pressoché l’opposto: caduto il castello di carte che ha tenuto insieme false promesse e tradimenti, tutto il resto comincia col vacillare. Se fino a poco prima la luminosità degli animi si contrapponeva a luoghi tetri, ora succede l’esatto contrario. La rivalità, la paura, la perdita e la sensazione di essere tratti in inganno assumono tinte particolarissime perché non si uniformano con il chiarore delle stanze, dell’orto, dei volti non più in penombra, ma visibili nella loro interezza. Fanno la loro comparsa anche suoni extradiegetici, avvertibili solo dallo spettatore, che accennano ad una minimale colonna sonora dai toni grevi, che schiacciano ancora di più i personaggi all’interno di loro stessi e di quella situazione da cui devono uscire ad ogni costo.
È il silenzio soffocante di un’epoca spaventosa quello che atterrisce di più, un silenzio che non può essere spazzato via neanche dall’arrivo di un ospite. La guerra è una minaccia, il mondo là fuori può fare irruzione da un momento all’altro e spazzare via ogni flebile sensazione di sicurezza raggiunta con difficoltà da Martha e le sue allieve, ma quel loro minuscolo angolo di universo in cui hanno trovato rifugio è anche una gabbia da cui nessuna sa come uscire, ma vorrebbe farlo. Le lezioni sono noiose, la musica è sempre la stessa, tutto sembra immobile come una cartolina dell’epoca dai colori sbiaditi. Il film si apre e si chiude con un nulla di fatto, con un gran tonfo che produce rumore, che annulla il silenzio per qualche istante prima di tornare ad essere tutto com’era.
La produzione di The Beguiled è dell’American Zoetrope fondata da Francis Ford Coppola e oggi passata di mano ai figli Roman e Sofia; quest’ultima ha sempre voluto precisare che il suo film non è un remake di quello del 1971 con Clint Eastwood, piuttosto un nuovo adattamento cinematografico del romanzo da cui entrambi i lavori sono tratti.
Il The Beguiled della Coppola sembra un banco di prova per collaborare finalmente con la Kidman dopo il naufragio del progetto in comune su La sirenetta, che sarebbe stato ispirato all’omonima favola di Hans Christian Andersen dalla quale la Disney ha preso spunto per il suo celebre film d’animazione, ma anche per girare un prodotto più sobrio dei precedenti The Bling Ring o Marie Antoinette, sempre però con grande attenzione all’argomento che sembra stare più a cuore alla regista: la condizione femminile, in ogni epoca, in ogni dove.
La società di metà Ottocento è ancora ad impostazione rigorosamente androcentrica: gli uomini al potere, le donne chiuse in casa. Al contrario, nel film della Coppola si può assistere ad un ribaltamento di questa prospettiva nel momento in cui il protagonista maschile è uno solo e si trova in minoranza assoluta e sotto ogni punto di vista rispetto alla micro-società di donne che lo accolgono, che si prendono cura di lui. Forza e fragilità femminile diventano spigoli contro cui il soldato McBurney va a sbattere quando sonda il terreno e prova a entrare nelle menti di Martha, Amy, Edwina, Alicia, Emily, Jane, Marie. Le inganna con le parole, sfrutta la sua condizione di bisognoso d’aiuto, approfitta della carità cristiana di cui gli viene fatto dono e, non appena si sente meglio, si mostra volenteroso a dar loro una mano solo per far sì che lo tengano con sé e non lo costringano a tornare a combattere.
Premiato per la miglior regia alla 70ma edizione del festival di Cannes, The Beguiled dovrebbe uscire in Italia (il condizionale è d’obbligo perché la release nostrana è già stata posticipata una volta) il 14 settembre 2017 con il titolo L’inganno, sebbene la traduzione letterale sarebbe quella de L’ingannato, che ancor meglio rende l’idea sottesa in tutta la narrazione.
Negli USA invece, il film della Coppola è stato distribuito a partire dalla fine di giugno e in alcuni cinema sono stati esposti gli abiti di scena utilizzati per le riprese, come nel caso dell’Angelika Film Center di New York dove The Beguiled è stato visionato dallo scrivente, borbottante cinefilo impossibilitato dal non chiudersi in qualche sala anche quando è in vacanza.
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