Gypsy: sesso, bugie e psicanalisi

Gypsy: sesso, bugie e psicanalisi

July 19, 2017 0 By Caterina Liverani

“Spesso è con le persone che non conosciamo che riusciamo a essere più onesti.”

Cosa si cela davvero dietro il volto, talvolta comprensivo talvolta impassibile di chi, per professione, ascolta i problemi degli altri?

Jean Holloway è una psicoterapeuta che per i suoi pazienti non è solo un punto fermo nel caos, ma qualcuno capace di ascoltare davvero rimanendo discretamente in disparte e fornendo un concreto sostegno. Ha un marito, Michael, forse un po’ troppo dedito al lavoro ma che ama e da cui è amata, e una figlia ancora piccola ma già alle prese con dei dubbi sul proprio orientamento sessuale. Una struttura esistenziale da manuale che comporta anche naturalmente riunioni con i colleghi, le cene, le chat con le altre madri per organizzare la attività extrascolastiche dei figli, le feste…

La quotidianità scandita dalle abitudini è un porto sicuro che può divenire una prigione opprimente, specialmente se di è come Jean, una donna dal passato turbolento che a un certo punto della sua vita ha scelto gli affetti sinceri e rassicuranti ma continua a essere insoddisfatta.

Tutti abbiamo bisogno di trasgredire, di rompere gli schemi; ma cosa succede quando il nostro desiderio di emozioni finisce per coinvolgere profondamente la vita degli altri?

Il bel volto etereo di Jean (Naomi Watts) è sereno mentre ascolta le confessioni dei suoi pazienti, ma la portata della tempesta che le si agita dentro è forte e totalmente fuori controllo, specie quando raccoglie le confidenze di Sam (Karl Glusman, Love), un ragazzo emotivamente instabile e schiavo di una dipendenza emotiva nei confronti della ex fidanzata.

Cosa di Syd (Sophie Cookson), la ragazza amata da Sam, affascina Jean tanto da iniziare a frequentare la caffetteria dove lei lavora per conoscerla? È attrazione? O piuttosto identificazione nello spirito selvaggio e spregiudicato ostentato dalla giovane?

E infine chi è Diane, il nome fittizio con cui la psicanalista si fa chiamare in questo universo parallelo che inizia a costruire tassello dopo tassello?

È ancora una volta impeccabile Naomi Watts, alla sua seconda prova televisiva di questa stagione (ricordiamo il ruolo di Janey-E Jones in Twin Peaks), in questa nuova produzione Netflix.

Una estate decisamente al femminile quella del colosso dell’intrattenimento che, dopo la quinta stagione di Orange is the new black e il primo ciclo di episodi del delizioso Glow, scommette sulla storia di una affermata professionista dal passato burrascoso a caccia di forti emozioni e di una riappropriazione della propria identità.

Naomi Watts, che di Gypsy è anche produttrice esecutiva, sceglie di percorrere la strada intrapresa dall’amica Nicole Kidman (tra le interpreti e le produttrici della mini serie Big Little Lies) impegnando il suo inconfondibile talento e il suo fascino sempre in bilico tra la dolcezza e una sensualità a tratti sfrenata, nel racconto seriale di una femminilità complessa e attuale. Al suo fianco, nel ruolo del premuroso marito, Billy Crudup il cui enorme carisma appannato negli anni successivi alla incredibile performance in Stage Beauty (2005, di Richard Eyre) da tanti, davvero troppi, ruoli marginali, è riportato a galla.

Nella storia, scritta da Lisa Rubin e prodotta da Sam Taylor-Johnson (Nowhere Boy, Cinquanta Sfumature di grigio) che ne firma anche la regia di alcuni episodi, c’è tutto lo smarrimento di una società governata da una terribile insoddisfazione, dalla repressione della propria reale natura e persino da una certa paura di deludere le aspettative che lo status sociale alto borghese richiede.

Ci sono i social network: Facebook per spiare gli altri, Instagram per mostrarsi agli altri e Tinder, per entrare in contatto con l’altro.

Sono tante le domande senza risposta alla fine della prima stagione e tutte riguardano la sconcertante complessità dell’inconscio di Jean, una donna capace di un sincero amore materno e coniugale ma anche di una pericolosa e quasi spietata manipolazione del suo prossimo, in particolare delle menti dei propri pazienti.

Quello che Jean vuole realmente, quali sono le sue reali motivazioni dietro alle bizzarre e incomprensibili azioni con cui sembrerebbe voler autodistruggere la propria identità per rinascere come spregiudicata Diane non sono svelate, ma restano sospese, forse per essere assimilate, metabolizzate e rielaborate.

Proprio come accade alla fine di una seduta di psicoterapia in attesa del prossimo col terapeuta.

Caterina Liverani