
Atomica Bionda, Charlize mena più di John Wick
July 21, 2017Atomica Bionda, che uscirà nelle nostre sale solo a metà agosto, è un ‘classico’ film che puoi riassumere in poche affermazioni.
Un John Wick al femminile, in un mondo cinematografico in continua evoluzione, è giusto presentare un film girl power di un certo livello.
La storia c’è e non c’è, o almeno anche qui l’ambientazione della Berlino pochi giorni prima del crollo del muro, è solo uno sfondo per le avventure, giustificare tutto questo esercizio di stile comunque notevole. Poi siamo lì, spie che spiano altre spie che in realtà sono controspie come la prima che è controspia della fazione avversaria che a sua volta ha una controspia e sì, avete capito. Un giro di testimoni, di passaggi, una ricerca della spia doppio/triplogiochista.
Nonostante John Wick sia stato diretto dal duo David Leitch e Chad Stahleski, come sappiamo John Wick 2 ha visto in cabina di regia solo quest’ultimo, Stahleski, mentre Leitch si è dedicato alla regia di Atomica Bionda. Senza nulla togliere al sicuro talento di Stahleski (entrambi i registi sono ex stuntman) e anche senza nulla togliere all’effettiva qualità di John Wick 2, mi sembra evidente, a fine visione di Atomica Bionda, di come il più coraggioso dei due, sia proprio David Leitch. In particolare c’è una sequenza, girata con perizia chirurgica, di quasi dieci minuti, in piano sequenza. Un piano sequenza finto, su stile Birdman per intenderci, ma il modo in cui il regista compone passi fantasiosi ad altri geometrici nel muoversi, sono notevolissimi.
Anche qui, colori saturissimi, musica 80’/90′ ad alti volumi che non si trovano inseriti nel contesto solo come aggiunta estetica al tutto, ma al contrario il film cerca proprio una diversa forma di comunicazione tra il ritmo delle immagini, della musica e delle luci.
Un valore aggiunto come unico grande valore su cui basare il ritmo del film.
La nostra Charlize Theron sembra averci preso gusto con ruoli cazzuti dopo l’iconica Furiosa di Mad Max. Qui è al pari di una qualunque incarnazione di James Bond, senza la stessa raffinatezza, ma con la decisione di una spia che ha tutto sotto controllo e che si trova in una città inospitale e sicuramente in uno dei periodi più caldi della sua storia post Seconda Guerra Mondiale. Ancor di più zona calda se ci si fa accompagnare attraverso il muro con un James McAvoy marcissimo e ubriacone, sempre sfatto e con gli occhiali da sole anche in piena notte. Un piccolo ruolo portatore di caos, ma sicuramente incisivo.
Il film, ormai da prassi, è tratto da una graphic novel pubblicata nel 2012 ma tutta l’opera è fruibilissima, ecco quindi che la forza sia tecnica che estetica si impone su tutta l’opera quasi a cercare di esistere al di fuori di una derivazione cartacea. Il film ha un cuore, ha un’anima, non per i colpi di scena, non per la vodka che manda giù la Theron e neanche per la densissima scena lesbo tra Charlize Theron e Sofia Boutella (Vita di Adele, lèvati proprio) ma vince dove molti altri film non riescono, trasmetterti quell’energia, quell’adrenalina che si prova per tutto il film, fartela arrivare dritta nelle vene e uscire dalla sala consapevoli di aver assisitito non al thriller action dell’anno, no, ma semplicemente un ottimo film, confezionato sia con cuore che con testa, consapevole dei propri limiti derivativi, ma usare ogni singolo centesimo del budget a disposizione, non per riempire il film di grossi nomi (Theron, Boutella, McAvoy, Goodman ecc ecc) ma per rendere quello spettacolo unico, rendere viva ogni staturazione di immagine, di musica o di sparatoria.
C’era parecchio scetticismo attorno al film, in special modo quando si comincia ad elogiare un film per la sua bellezza ancor prima di averlo visto, ma a fine visione si giustifica tutto ciò. Con un 2017 (personalmente) povero di grandi film, ecco arrivare quasi a fine dell’anno, una bella sorpresa. Finalmente.
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