
Venezia74: The Devil and Father Amorth: William Friedkin risorge ancora una volta
August 31, 2017Nel maggio del 2016, invitato ad una master class alla 69ma edizione del festival di Cannes, William Friedkin se n’è uscito con una dichiarazione che per qualche ora ha scosso l’ambiente clericale e i cinefili di vecchia data. Senza che nessuno se l’aspettasse, il regista del film cult L’Esorcista ha detto di aver recentemente filmato un vero esorcismo a Roma. Qualche giorno dopo arriva l’attesa risposta da parte della Chiesa: a Friedkin non solo non è mai stato permesso di assistere o di filmare un esorcismo, ma il Vaticano attualmente non ha un esorcista “ufficiale” per questo tipo di pratica.
Ombre su ombre.
Chi mente e chi dice la verità? Friedkin si è bevuto il cervello e va in giro a dire scemenze solo per far parlare di sé? La Chiesa nasconde qualcosa? C’è qualcosa di concreto in tutto questo parlare o solo parole vuote? Una settimana dopo, ripiomba il silenzio come se nulla fosse successo. Giustamente, tutti quelli interessati alla notizia iniziano a pensare che nulla di quanto detto da Friedkin sia accaduto. Cinque mesi dopo capita qualcosa.
Il 31 ottobre 2016, giorno di Halloween, esce su Vanity Fair un articolo scritto William Friedkin e intitolato, tenetevi forte, The Devil and Father Amorth: Witnessing “the Vatican Exorcist” at Work. Emergono nuovi dettagli: durante un suo soggiorno in Italia per ricevere a Lucca il Premio Puccini, il regista si reca in seguito a Roma dove riesce ad entrare in contatto con padre Amorth in persona. I due s’incontrano nell’abitazione del prete e parlano di Satana, delle sue apparizioni sotto mentite spoglie (può manifestarsi come Padre Pio o Gesù Cristo, dice l’esorcista) e Friedkin ottiene il permesso di assistere ad un esorcismo e di riprenderlo con la sua videocamera. Cristina è una donna tra i trenta e i quarant’anni la cui vita è ostacolata da mostruosi cambiamenti d’umore e convulsioni, che raggiungono picchi negativi durante le festività cristiane come il Natale e la Pasqua. Per questo motivo, la sua famiglia si è rivolta a padre Amorth, i suoi esorcismi paiono essere l’ultima speranza per far sì che Cristina possa migliorare. Non è mai successo che i “pazienti” dell’esorcista siano guariti dopo solo una sessione e nel caso di Cristina si tratta del nono incontro (uno ogni mese), quello cui partecipa anche William Friedkin, che filma tutto quello che succede e da lì può partire a mettere insieme il suo documentario.
The Devil and Father Amorth non è da intendersi solo come il ritorno di William Friedkin a una tematica già affrontata nel film per cui viene maggiormente ricordato, ma c’è qualcosa di più. Quando William Peter
Blatty decide di scrivere un libro sugli esorcismi, vuole farlo come se si trattasse di un saggio antropologico-religioso, uno studio sia su quella che (almeno ai tempi) è ancora una pratica per lo più sconosciuta e compiuta da pochissimi preti sia sull’esperienza dell’impossessamento demoniaco. I fatti cui vuole tornare con la mente risalgono ad un caso realmente avvenuto nel 1949, ma nel 1968 firma un contratto con la Bantam Books per un romanzo su quell’argomento. Ecco svanire l’idea di qualcosa di più vicino al vero che alla finzione.
Nel 1971 il libro sta vendendo una marea di copie negli USA e un discreto numero di registi si son detti non interessati a dirigerne un adattamento per il grande schermo. Blatty, in veste di produttore, vuole che sia Friedkin a dirigerlo e inizia così un’avventura cinematografica straordinaria, culminante nella realizzazione di uno dei più importanti capolavori di sempre. L’Esorcista fa da spartiacque per il genere horror, è tuttora uno dei film che ha incassato di più nella storia del cinema, continua a fare scuola per nuove generazioni di cinefili e viene perennemente omaggiato, citato, plagiato.
Al pari di Star Wars (film che, qualche anno più tardi, determinerà la fine del prolungato sogno della New Hollywood e limiterà i poteri dello stesso Friedkin dopo il flop di Sorcerer), un film come L’Esorcista è stato ben più di semplice intrattenimento di successo: un fenomeno culturale propagatosi in tutto il mondo come una nube nera che ha scosso e scavato a fondo negli animi umani.
Quindi, da eventi realmente accaduti si è passati alla finzione (prima del romanzo, poi del film) e ora, con il suo The Devil and Father Amorth, il regista americano William Friedkin tratta lo stesso argomento facendo ritorno al vero, alla professione di padre Amorth e ad un caso di esorcismo che riesce a filmare un po’ per caso un po’ per fortuna … anche se la sensazione è che la sorte lo stesse attendendo.
Quella di The Devil and Father Amorth non è la chiusura di un cerchio dell’orrore, è la realizzazione di un sogno inseguito e solo in parte raggiunto con il film del 1973: documentare, senza interpolazioni, cosa sia un esorcismo.
Quando Blatty scrive il suo romanzo si trova a vagare nel vuoto. Sa che gli esorcismi vengono eseguiti, ma la difficoltà nel trovare una documentazione a riguardo sembra invalicabile. La Chiesa Cattolica tiene ben segreto tutto ciò che fa “dietro le quinte”, esorcismi compresi. Nel 1973, con l’uscita del film nelle sale, l’interesse generale sulla questione si amplia a tal punto da sdoganare la pratica. Improvvisamente la figura dell’esorcista viene ricercata, richiesta, retribuita profumatamente attraverso donazioni su donazioni. Non solo in America, non solo a Roma. Ovunque nel mondo. Il merito / la colpa devono essere imputati al film. Anche questo elemento contribuisce a rendere L’Esorcista non una semplice produzione cinematografica, ma qualcosa dalle ramificazioni generazionali. E chi è uno degli esorcisti a ringraziare pubblicamente i realizzatori del film nella sua autobiografia? Sì, padre Amorth.
Quasi cinquant’anni dopo la pubblicazione del libro di Blatty, Friedkin può ormai accedere a tanto più materiale quanto mai -durante la lavorazione del film- avrebbero mai potuto immaginarsi. C’è di più, ora il regista può osservare un esorcismo a un palmo dal naso e può, perché ne ha il permesso, filmarlo, sostituendo ai suoi occhi l’obiettivo di una videocamera e restituire quelle immagini agli spettatori, il 99,9% dei quali mai nella vita avrà la possibilità di vedere un esorcismo dal vivo (e meno male).
E non finisce qua. I personaggi de L’Esorcista sono quasi tutti ispirati a persone realmente esistite e a cui il romanziere ha cambiato nome: preti, archeologi, medici. Sotto l’abito talare di padre Karras si cela nientemeno che Blatty stesso, che scarica sul protagonista da lui creato le frustrazioni e la sofferenza provate dopo la morte della madre (non è un caso se è una delle parti più angosciose dell’intero libro e film). Il mondo in cui si addentra Friedkin con *The Devil and Father Amorth *è, come già ripetuto più volte, quello vero e pertanto la narrazione si districa attraverso rinomati medici, neurochirurghi californiani, psichiatri newyorkesi, esperti di epilessia.
Tra farsa e realismo, la lunga sequenza dell’esorcismo in The Devil and Father Amorth non è la più terrificante. O meglio, non è l’esperienza della possessione a incutere angoscia, non è Cristina, ma la sua famiglia. Sì, perché i suoi cari sembra nutrirsi del suo male piuttosto che sperare che il suo stato di salute migliori. Più che un tentativo d’aiuto,il loro sembra un atto di violenza. Il volto del suo fidanzato, Davide, assume tratti demoniaci per davvero tant’è che si finisce col spostare lo sguardo su di lui e non più su Cristina. Per l’ennesima volta Friedkin ci ricorda quanto l’Uomo sia l’unica bestia malvagia a vagare sulla Terra.
Non si dimentichi che The Devil and Father Amorth è per Friedkin un ritorno alle origini più remote della sua carriera. Infatti, ufficialmente il suo primo lavoro dietro la macchina da presa è del 1962: The People vs. Paul Crump, un documentario in bianco e nero a bassissimo budget per la TV (ai tempi, non trasmesso per la sua natura controversa), girato per salvare dalla sedia elettrica un afroamericano accusato di omicidio.
Tornato alla forma documentario solo sporadicamente nel corso degli anni (vale la pena citare la sua storica intervista del 1975 al maestro tedesco Fritz Lang e The Painter’s Voice del 2007 sul restauro di due quadri di Jean-Baptiste Oudry), Friedkin ha pubblicamente espresso il suo giudizio positivo nei confronti di serie televisive come Making a Murderer senza però mai dare a intendere di stare lavorando / voler lavorare egli stesso ad un nuovo progetto documentaristico. La consapevolezza del potenziale che oggi i documentari hanno raggiunto, tanto da porsi in piena concorrenza per bellezza delle immagini e potenza della narrazione ai lungometraggi di finzione, rappresenta una tappa storicamente importantissima non solo per Friedkin, ma per l’arte cinematografica. In tal senso, The Devil and Father Amorth è un tassello ulteriore per meglio apprezzare la filmografia del regista e un ponte col passato: con L’Esorcista e, ancora prima, con The People vs. Paul Crump.
Se non era ancora chiaro quanta forza e freschezza si celasse in Bug e Killer Joe, gli ultimi due film di un Friedkin più che settantenne, un documentario come The Devil and Father Amorth è il lucidissimo lavoro di un ultraottantenne con una grande voglia di sperimentare e il desiderio di ammorbare gli animi del pubblico, conducendolo negli anfratti dello spirito umana dove si annida inestirpabile il Male. La scelta di tappezzare le pareti con delle inquietanti luci rosse, prima e dopo la proiezione, è stata è stata sicuramente vincente, l’atmosfera era suggestiva. Una ventata d’aria mefitica e mefistofelica al Lido di Venezia, ci voleva.
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