Venezia74: First Reformed, un requiem per la morte di Dio

Venezia74: First Reformed, un requiem per la morte di Dio

September 1, 2017 0 By Simone Tarditi

Toller (Ethan Hawke) è un ex cappellano militare con una crisi di fede dopo che suo figlio, spinto proprio da lui ad arruolarsi, è morto in guerra. Dopo essere entrato in contatto con gli ambientalisti Michael e Mary (Philip Ettinger e Amanda Seyfried) e aver scoperto grazie a loro di un legame stretto tra la Chiesa e alcune oscure società, la sua fede vacilla sempre di più.

In concorso alla Mostra del Cinema di Venezia, First Reformed di Paul Schrader sembra essere uscito da un’epoca remota, molto più vicina agli anni ‘70 Taxi Driver (sua la sceneggiatura, di Scorsese la regia) o Hardcore piuttosto che ai più recenti Dog Eat Dog o a Dying of the Light. Come ammesso proprio dal regista, l’influenza bergmaniana permea come una coltre di dolore ogni inquadratura: persone che vagano in stanze vuote, senza decorazioni, anime svuotate e sperdute che rifuggono la luce di un mondo di cui hanno perso le coordinate per orientarsi. La Morte risuona tra i dialoghi.
Oltre a Ingmar Bergman, in First Reformed c’è anche molto di Robert Bresson e dei suoi personaggi soffocati da una società che non li vuole e non li ama. Nello specifico, il protagonista de Il diario di un curato di campagna (1951) ricorda il Toller di Schrader per più di un motivo: la solitudine assoluta, l’elaborazione del proprio malessere attraverso la stesura di un diario giornaliero, una malattia che li sta consumando e lentamente uccidendo, i pochissimi visi amici che li circondano, un suicidio da elaborare, la disillusione verso un mondo sempre più marcio.

L’idea di un uomo con più nulla da perdere e che vuole fare giustizia è la medesima di Taxi Driver. Toller e Travis sono due uomini perduti, dimenticati da tutti, due senza Dio (paradossale che il protagonista di First Reformed sia proprio un uomo di Chiesa). Non è un caso che anche Travis, come Toller e prima di lui il “curato” portato sullo schermo da Bresson, tengano un diario sulle cui pagine riversano spaesamento e tristezza.
Chi segue Paul Schrader sul suo profilo pubblico su Facebook non avrà potuto fare a meno d’incappare nelle sue sparate contro Donald Trump e il suo entourage, ma anche nei buffi siparietti della sua professione come quando i suoi produttori si lamentarono con lui per aver diffuso -senza la loro autorizzazione- alcune fotogrammi di First Reformed e a cui il regista rispose prendendoli in giro e, ovviamente, lasciando lì dov’erano quelle immagini. Alla fine di febbraio del 2017, concluse le riprese del suo film, Schrader se n’è uscito con un post drammaticamente emblematico: Negli ultimi quattro mesi ho vissuto felicemente nella bolla di girare un film che amo. Ora la bolla si è rotta e mi ritrovo i un posto spaventoso che una volta si chiamava America.

first reformed amanda seyfried

Del morbo Trump, la cui elezione può essere paragonata a un cortocircuito temporale con tanto di ratti che scorrazzano in giro a mordere e diffondere il flagello della peste, in First Reformed non vuole esserci traccia (ancora una volta: il film è anacronisticamente attuale), ma le inquietudini umane narrate dal regista americano appartengono a ogni epoca e quella in cui stiamo vivendo è raccapricciantemente minacciosa. Dio è morto perché gli esseri umani non stati in grado di prendersene cura, non può esserci salvezza per nessuno.

First Reformed è probabilmente il film più potente che Schrader abbia scritto dai tempi di Taxi Driver. C’è così tanto cuore, un indescrivibile dolore di fondo. Come si fa voler mettere al mondo dei figli in un momento storico come questo? Questo è l’interrogativo. L’oscurità nell’animo umano c’è sempre stata, bisogna solo decidere cosa farci. Immolarsi? Fare qualcosa di concreto per cambiare l’ordine delle cose? Altri interrogativi. Nell’universo di Toller in cui tutto dev’essere riparato e in cui nulla è a posto, l’umanità non solo produce rifiuti di cui non sa come disfarsi, ma è essa stessa diventata un rifiuto che si autoproduce, autoalimenta e che vuole continuare così fino al prossimo diluvio universale.

Simone Tarditi
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