Venezia74: The Insult, il peso delle parole

Venezia74: The Insult, il peso delle parole

September 1, 2017 0 By Mariangela Martelli

The insult (L’insulto) è tra i titoli in concorso per aggiudicarsi il Leone d’oro in questa 74esima mostra internazionale del cinema di Venezia.
La trama prende spunto da un incidente accaduto al regista libanese Ziad Doueiri (operatore di camera per Quentin Tarantino) quando viveva a Beirut: un banale stillicidio (scintilla che alimenta molte cause in tribunale anche da noi) diventa qualcosa di esplosivo ed incontrollabile. A maggior ragione se la storia è catapultata in una società come quella di provenienza dei personaggi, attori e regista: il Libano. Terra legata da sempre a strati di conflitti etnici alimentati nel corso di più generazioni in cui sembra impossibile far convergere i diversi sentimenti religiosi e politici.

All’interno del delicato background della questione palestinese si muovono i due protagonisti: il cristiano Toni (Adel Karam) ed il palestinese Yasser (Kamel El Basha, attore teatrale qui alla prima interpretazione cinematografica). Due persone ordinarie che diventando portavoce delle tensioni libanesi si ritrovano a essere al centro di circostanze straordinarie. Il messaggio “le parole cambiano tutto” sintetizza il contenuto dell’opera che come precisa il regista, vuole focalizzare su un possibile scambio di opinioni sul piano personale anziché intellettuale. L’intento è di raccontare con realismo e semplicità uno squarcio delle vite dei due antagonisti senza andare alla ricerca di significati nascosti a tutti i costi. Premessa che ritroviamo nella didascalia dell’incipit in cui i fatti narrati e le idee espresse non sono quelle del governo libanese. In questo modo da un episodio particolare (e banale) si arriva a parlare di qualcosa che sfugge di mano, come la guerra conclusa sì nel 1990 ma di fatto ancora presente nel modo di pensare di un popolo ancora diviso.
Un insulto viene innalzato come barriera per difendersi e allo stesso tempo per rievocare le colpe passate e scagliarle dall’altra parte, verso chi non ha ragione. Il litigio diventa presto causa giudiziaria in questa pellicola in cui i dialoghi (e le invettive) non mancano neanche nelle scene in tribunale.
La scelta dell’utilizzo della steadycam per queste scene risulta di estrema efficacia in quanto contribuisce a dare fluidità all’azione e al potere delle parole capaci di cambiare la situazione da un momento all’altro.
Non mancano i conflitti anche tra gli avvocati delle parti (assistiamo anche ad un “dramma familiare” che sposta il difficile rapporto padre/figlia dalle quattro mura domestiche al posto di lavoro). Interessante il ruolo dei personaggi femminili (mogli, madri, figlie) come se già sapessero l’evolversi della vicenda: cercano fin da subito di calmare i loro uomini per farli abbattere il muro di dolore con cui si sono circondati da troppo tempo. Quartieri come cantieri, officine di nuovi equilibri precari che crollano alla prima occasione: non è semplice ma si prova a riparare ciò che è distrutto. Il rifiuto di una possibile riconciliazione delle parti, il chiedere scusa diventa difficile e basta poco affinché i malintesi si trasformino in cause politiche. La grondaia che viene giù diventa metafora capace di sfaldare l’atmosfera in un profondo malessere, tensione costante e intolleranza, mentre il coro dell’opinione pubblica è sempre presente, nelle strade come in tribunale.

La necessità di uscire da questa situazione è palpabile ed in mezzo a tanta sofferenza è intuibile una labile speranza proiettata al futuro: nel corpicino di una figlia nata prematura per cause esterne come nella luce calda del Libano color dell’oro. Forse c’è ancora chi riesce a mettere da parte ciò che è stato per andare incontro all’altro in difficoltà, come nella scena del parcheggio. The insult è un film che apre una riflessione sul nostro ruolo civico, sulle responsabilità che abbiamo come esseri umani. Sul modo di intendere la solidarietà perché sebbene la guerra sia finita, ognuno continua ad espiare il dolore, convivendo con il peso del passato. Quando poi viene oltrepassato il limite scoppia la reazione verso l’altro, come tanti piccoli campanelli d’allarme liberati dalla sofferenza che i personaggi di The Insult portano in sè. Unicità che non rimane nello specifico ma riesce ad innalzarsi ad un livello più alto, distendendosi in un ampio respiro che è ancora possibile condividere.

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Mariangela Martelli