Venezia74: Nico, 1988. Collezionare i suoni della propria esistenza

Venezia74: Nico, 1988. Collezionare i suoni della propria esistenza

September 2, 2017 0 By Mariangela Martelli

NICO 1988 Poster veneziaApre la sezione “Orizzonti” di questo Venezia 74 il film Nico, 1988 della regista italiana Susanna Nicchiarelli (Cosmonauta, La scoperta dell’alba). Il biopic musicale vede protagonista la cantante Christa Paeffgen (interpretata dall’attrice danese Trine Dryholm) meglio conosciuta come Nico, icona della Factory di Andy Warhol, dei Velvet Underground e di tutto l’immaginario che ruota intorno ai sixties.

Quei giorni (citando il brano: “these days” della colonna sonora) al Greenwich Village appartengono al passato, sono frammenti di una N.Y. ripresa con il super8. Nico adesso non si ossigena più i capelli e come confessa in un’intervista nel 1986 (presso una radio di Manchester) è finalmente riuscita a lasciarsi alle spalle le tante etichette affibbiatele nel corso della sua carriera di icona: son passati vent’anni dal consiglio datole da Jim Morrison di mettere nero su bianco i propri sogni e di cantare se stessa. Meglio tardi che mai. Dopo tante serate passate sullo sfondo a suonare il tamburino segue solamente ciò che è, senza farsi problemi di dover per forza piacere a tutti e godendosi con voracità i propri vizi fatti di cibo, alcol e droga. Appesantita dagli eccessi, consapevole di una decadenza che si ripercuote sulla propria pelle, Nico è una donna alle soglie del mezzo secolo che riconosce di non essere stata felice quando le persone intorno la reputavano giovane e bella.
Un’esistenza/sopravvivenza in bilico tra dipendenze in tour (anche tra i membri della band) e la ricerca della qualità di un suono sentito da bambina e forse perduto per sempre (che sentiamo fuoricampo nell’incipit). Sfoga così il bisogno di colmare le mancanze, continuando ad urlare con la sua voce profonda “my heart is empty”, la necessità di dare e ricevere amore. La vulnerabilità di questa “vichinga” trapela nel suo modo di essere madre: son passati diversi anni dalla separazione dal figlio Ari perché incapace di prendersene cura.
Pensieri mai abbandonati ma ri-percorsi nella memoria trovano una concretezza nel presente, durante i brevi incontri all’ospedale psichiatrico. La regista da voce al periodo post etichette di Nico, ai suoi ultimi tre anni in cui si può dire che abbia iniziato a vivere, in cui ha cantato quello che ha imparato a proprie spese. Non mancano le scene evocative: dallo stato di trance di lei sul palco come una sciamana, alla ballata dei Nibelunghi per far riecheggiare sui gradini di pietra le parole che non sente, per poi cristallizzare lo sguardo nel corteo che le sfila davanti, nella notte dei Luminatia: vivi che guardano i morti in uno scambio di punti di vista. Nico sa essere dura con se stessa e grata per le piccole attenzioni donatele senza chiedere, si perde nelle sensazioni che prova anche durante la lettura delle poesie che le hanno prestato (il Preludio di William Worsworth).
Chiede che le siano spiegati i passaggi che non afferra: perché sia necessario trovare la forza in ciò che è rimasto dietro. Nella collezione di suoni messi da parte, domina il tuono in lontananza. Non il rumore della sconfitta ma di qualcosa che si avvicina al silenzio dopo tanta confusione.

nico 1988 venezia

Mariangela Martelli