
Venezia74: The rape of Recy Taylor, una visione necessaria
September 12, 2017The rape of Recy Taylor, documentario in Concorso nella Sezione Orizzonti della 74esima edizione del Festival di Venezia. Opera dolorosamente necessaria, per corroborare una memoria spesso vacillante, in cui si ripercorrono le orme dello stupro di Recy Taylor, giovane ventiquattrenne di colore, da parte di sei ragazzi bianchi, avvenuto nel 1944.
Tra interviste ai familiari, in particolare al fratello e alla sorella minori, e alla registrazione della voce della stessa Recy Taylor, sopra immagini di repertorio di antichi film girati dai neri per i neri, in cui si aveva cognizione dello stato delle cose, si ricostruisce un contesto storico alienante e perturbante al tempo stesso.
Era costume abusare delle donne di colore, un’idea che discendeva dalla mercificazione dei neri, concetto largamente assimilato ed accettato dai neri stessi: di padre in figlio si tramandava l’idea dello stupro, o comunque della legittimazione al possesso del corpo femminile, che la donna di colore spesso concedeva consensualmente.
Casi di stupro erano pertanto la norma, in particolare negli Stati del Sud, assieme ad altri delitti di cui nessuno osava parlare. Nella cittadina di Abbeville, Alabama, Racy Taylor fu la prima che ebbe il coraggio di denunciare lo stupro e le mutilazioni subite. Rientrava dalla Chiesa quando fu aggredita, e certamente la fede le ha permesso, nel tempo, di riconquistare una relativa serenità od accettazione dell’accaduto. L’impatto emotivo fu tuttavia disastroso, ed esteso a tutti i membri della famiglia, che a decenni di distanza rivivono nitidamente, con acutezza, il dolore e la rabbia provati allora.
La ricostruzione del contesto sociale, rafforzata dalle dichiarazioni degli aggressori e dalla rievocazione degli atti giudiziari, pur sviscerata con rigore accademico, glaciale, penetra spietatamente nelle carni: ad Abbeville regnava l’omertà, nessuno avrebbe denunciato i ragazzi (alcuni minorenni), e il processo di Recy Taylor, con la complicità dello Stato, fu insabbiato, come avveniva regolarmente per i delitti perpetrati dai bianchi sui neri, poiché, come si dice, “non fu un problema di fatti, ma di colore”. Le stesse Associazioni di protesta per i diritti dei neri, dopo un’iniziale coinvolgimento nel caso, persero interesse, poiché stupri del genere erano dilaganti, e ben presto usarono altre vittime come simboli per le loro attività, dopo una battaglia per ottenere un nuovo processo equo per Recy Taylor che, prevedibilmente, fallì ancora, avendo contro sia le istituzioni che la stampa “bianca” (la stampa “nera” si fece portavoce a livello nazionale della denuncia degli stupri, pur essendo una voce flebile che si sarebbe rafforzata nel corso di lunghissimi anni).
Gli assalitori non furono mai puniti. Alcuni di essi hanno ricevuto onorificenze di guerra e sono considerati al pari di eroi nazionali. Nel 2011, una Recy Taylor ormai anziana ha ottenuto le scuse ufficiali da parte dello Stato per lo stupro avvenuto più di sessanta anni prima.
The rape of Recy Taylor sfrutta la ricostruzione del contesto razziale per estendere il discorso ad un piano più generale, universale, dell’abuso sulle donne, sempre “deboli rispetto alla legge”, sviscerando lo spettro emotivo-traumatico della donna stuprata, complesso, viscerale, mai pienamente elaborato a livello di coscienza, per supportare il coraggio della denuncia (spesso negata dalla donna per ragioni di vergogna), e rielaborare, pur con il pretesto di avvenimenti passati, la barbarie tuttora perpetuata dagli uomini.
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