
IT, galleggiare nella paura
October 18, 2017La miniserie del 1990, oggi, non è ricordata come una buona versione audiovisiva, per tanti, diversi motivi, complice anche l’impossibilità di poter osare, di mostrare i denti e coraggio in tv, sia per questioni di target, di messa in onda e di budget. Ci si ricorda invece molto bene di Tim Curry, del suo Pennywise che aveva un aspetto fondamentale per la sua riuscita: incutere paura e timore con azioni che in altri contesti potevano solo che divertire. Era una risposta geniale alla domanda “come lo rendiamo terrificante?” Tanto che, ad oggi, è forse l’unica cosa buona di quella produzione. O almeno, come Pennywise perculava i perdenti al loro ritorno adulto a Derry, è fantastico.
L’IT di Andy Muschietti cambia tutte le carte in tavola, si allontana drasticamente dal romanzo ma ne mantiene lo spirito incondizionato, condito da una forte metafora della paura e da un spirito d’amicizia incondizionato.
Al tempo stesso, l’idea produttiva dietro al film potrebbe non abbracciare o trovare consensi unanimi, questo a causa di una standardizzazione di un genere che molti, noi di Vero Cinema compresi, abbiamo a cuore: l’horror.
Nonostante il divieto VM18 negli States e VM14 qui in Italia, il film, in termini di critica e boxoffice è stato un successo clamoroso (il flop di Blade Runner 2049 è stato influenzato anche da questo), ma proprio questi divieti di visione, raccontano tanto di quello che c’è dietro il film.
Più o meno quando abbiamo visto Stranger Things, abbiamo pensato a IT e guardando questo IT abbiamo pensato subito a Stranger Things. Inevitabile e necessario per arrivare ad un pubblico maggiore, quindi ecco qui l’ingrediente segreto del successo – anche commerciale – dell’IT di Andy Muschietti: falsare il genere, modificarlo e renderlo inclassificabile, forse troppo accomodante, ma affrontando comunque la storia con alcuni pigli coraggiosi, in particolare sul tabù di mostrare bambini squartati vivi (ricordate le polemiche di Mimic?) o anche non aver paura di mostrare giovani attrici senza alcun tipo di pudore (no, Weinstein non c’entra nulla) e tutto questo aumenta il fattore emotivo di del film: amiamo i Perdenti, vorremmo davvero tornare tredicenni per vivere con loro questa avventura mortale, per quanto pericolosa e dal destino incerto.
Tutto questo è veicolato in modo raffinato dalla paura e dagli “errori dei padri” che tanto ci piace citare o tirare in ballo, gli stessi su cui Hollywood si ciba annualmente. Più che padri, le figure genitoriali, così lontane e patriarcali, ricordano tantissimo le avventure dei giovani protagonisti di Nightmare, prodotto dal genio di Wes Craven e più volte citato nel film. Anche lo scontro con IT avverrà in una dimensione narrativa particolare e i giovani protagonisti dovranno capirne le meccaniche per sconfiggerlo.
IT quindi perde gran parte della mitologia narrativa (niente entità divoratrice di mondi, niente Tartaruga, anzi questa c’è, ma inutile nell’economia della trama, per ora), ma solo un mostro che incarna la paura e l’odio che serpeggia nella cittadina di Derry. Sarà proprio la paura a normalizzare l’immonda creatura e quale miglior metafora per raccontare la crescita se non sconfiggere la paura del domani?
IT è un viaggio che scalda il cuore, complici anche le ottime ambientazioni in pieni anni ’80, altra modifica grossa dal romanzo che poco dovrebbe dar fastidio, questo perché Muschietti, anche cambiano tante, troppe cose, ha realizzato il suo film. Esso deve essere teorizzato dentro quella rettangolo cinematografico e come prodotto blockbuster, che poi di natura neanche lo è, è veramente un piccolo miracolo.
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