
RomaFF12: Last Flag Flying, la maturazione di Linklater
October 30, 2017 0 By Gabriele BarducciGià nella scorsa edizione della Festa del Cinema di Roma ci siamo imbattuti nella figura di Richard Linklater grazie al documentario a lui dedicato. Lo abbiamo visto, ci siamo commossi e abbiamo scoperto quello che è considerato il miglior regista del panorama indipendente. Al buon Richard non interessano i virtuosismi tecnici, gli effetti speciali o puzzle movie, a lui interessa raccontare una storia, sia delle più semplici e banali possibili, tipo una storia d’amore (la trilogia dei Before) ma anche qualcosa di leggermente più gioioso e sopra le righe (School of Rock).
Nonostante un trailer pessimo che faceva presagire al classico film americano, con tanto di bandiera, infarcito di retorica, per fortuna la pratica ha smentito e ci si sbilancia facilmente e senza paura nel dire che Last Flag Flying è forse uno dei migliori film che Linklater abbia mai scritto o diretto.
2003, Larry (Steve Carell) si muove alla ricerca di due suoi vecchi amici con cui ha prestato servizio in Vietnam, Sal (Bryan Cranston) e Muller (Laurence Fishburne). Inizialmente tra risate e vecchi ricordi, i due non capiranno bene il motivo di questa rimpatriata finchè Larry non vuota il sacco: il figlio 21enne è morto in Iraq e deve andare a prendere la salma e fare il funerale. Inizierà quindi un particolare road movie che ragiona come prassi nel cinema di Linklater, sul tempo, sul cinema stesso e sulle solite contraddizioni su cui certe volte ci si rispecchia nella bandiera a stelle e strisce, tanto da perde – o donare – la vita per quella bandiera.
Mai come in altre occasioni, il film di Linklater è asciutto e diretto, confezionato senza fronzoli, ma con una forza inarrestabile quale la sua personale Santa Trinità di attori, i quali si rivelano senza ombra di dubbio la vera scommessa del film, in particolare con Bryan Cranston e Steve Carell che per ora hanno sicuramente ipotecato una candidatura per i prossimi Oscar 2018. E’ quindi proprio in queste tre corpi attoriali che si incarnano personaggi così ricchi e sfaccettati che fanno da pendenti per la bilancia morale del personaggio di Larry: se Muller è l’uomo di chiesa e in queste situazioni altro non può che pregare per l’anima dei defunti, Sal invece è il pragmatico, lui si muove senza pensare due volte alle cose, è ti è vicino con una pacca sulla spalla. Larry però è un uomo a pezzi, e forse avrà bisogno di entrambi, sia della preghiera che della pacca sulla spalla.
Linklater ragiona sui suoi tre attori rispecchiandone il tempo che cambia. Negli anni ’70 sono andati a combattere i comunisti nel Vietnam, poi sono stati riportati a casa con la ‘missione’ di combattere i comunisti nel loro Paese: “sono in questo bar da 30 anni e di comunisti neanche l’ombra” ironizza il Sal di Bryan Cranston. Loro sono tre uomini puri, pieno nella loro mezz’età e con i loro dubbi e la fiducia mal riposta in quella bandiera.
Eppure nonostante si parli di tempo che avanza, sembra proprio che ogni uomo debba sempre combattere una guerra: loro quella del Vietnam, altri reduci sono scampati senza avvelenamenti dalla Guerra del Golfo e i nostri giovani oggi sono in Iraq a dare la caccia a Saddam (ricordiamo il film è ambientato nel 2003). I tre protagonisti non hanno più quell’attaccamento alla divisa, che si contrappone nella giovane leva che invece ci crede, sempre sull’attenti, che li accompagnerà e fedele amico del figlio defunto di Larry. La retorica del soldato ucciso in guerra eroe della patria forse ha stancato, forse è l’ennesima bugia che necessitiamo di sentirci dire per andare avanti e voltare pagina.
Linklater stesso, forse, non lo sa. Gira attorno al tema, come giusto che sia lascia parlare i suoi tre cavalli di razza che alternano momenti di divertimento puro – si ride tantissimo quando rievocano le ragazzate fatte in Vietnam tra sesso selvaggio, scherzi tra compagni e qualche spinello di troppo – ma ci si commuove nella stessa misura: ciò che stiamo seguendo è un dramma, la sepoltura di un figlio. Sono cose che non vanno mai affrontate da solo, magari con un amico troppo spirituale e un altro troppo scanzonato, ma in situazioni del genere, il ricordo di anni passati, può portare sollievo.
Che grande film Last Flag Fliyng. Da piangere, veramente, diamanti.
Ma quanto diavolo è bravo Steve Carell in questa seconda vita da attore drammatico?
`Cause tramps like us, baby we were born to run"
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