
RomaFF12: I, Tonya, farsi amare e odiare negli USA
November 2, 2017Circa un anno fa su Netflix è approdato il documentario Amanda Knox, incentrato come da titolo, sulle indagini dell’assassino di Meredith Kercher e dell’indiziata numero 1, appunto, Amanda Knox. Durante la video intervista esorta con un: “negli Stati Uniti, più del sistema giudiziario, è la stampa che ha bisogno di presentare un soggetto da odiare“.
Niente di più vero come premessa per l’incredibile I, Tonya, nuovo film di Graig Gillespie prodotto e interpretato da Margot Robbie. Se poco fa si parlava di quanto sia saturo il film veicolo per gli Oscar tipo Stronger (senza appuntare nulla sulla bravuta di Gyllenhaal), I, Tonya pur raccontando un fattaccio di cronaca nera sportiva, non lo fa affossando le mani nel marcio, ma con un piglio del tutto esilarante, comico, quasi demenziale. Esattamente sulla falsa riga di ritmo come un The Wolf of Wall Street o La Grande Scommessa, I, Tonya restituisce allo spettatore l’immaginario collettivo di un popolo americano, quello del west Virginia (che ritroveremo nel clamoroso Logan Lucky di Soderbergh) zotico e bifolco. Come può farcela una pattinatrice come Tonya Harding ad ottenere tale grazie (e quindi il consenso dei giudici) anche se esteticamente si presenta meno femminile di altre? Il marito violento e la sua banda di amici idioti faranno da contorno a rappresentare, ancora una volta, che alcuni personaggi alternano un dono naturale – in tal caso sportivo – ad una totale idiozia intellettuale con cui si ritroveranno a fare i conti e saranno loro gli artefici del loro successo come della loro disfatta.
Tonya Harding in questo contesto è una ragazza cresciuta con il pugno di ferro dalla madre (Alisson Janney) questo lo ha portata ad essere una vincente, campionessa del mondo, ma sempre mentalmente instabile e incapace di percepire la gravità delle sue azioni come delle conseguenze.
“Non è colpa mia” ripete Tonya, nelle finte interviste interpretate dagli stessi attori che parlano direttamente allo spettatore. Una storia e una versione ufficiale? Forse non si avrà mai, lo stesso avvertimento a inizio film spiega che tutte le interviste (quelle vere) effettuate ai diretti interessati non coincidevano mai. Gillespie cerca la via facile, mette insieme la storia nei punti che facilmente coincidono e gira al largo dove in molti non sono sinceri.
In questo turbine di eventi scanditi con un ritmo serrato e sempre attento e un’ottima interpretazione di Margot Robbie (questi sono i film intelligenti per ‘rubare’ nomination) spicca ancora lei, la stampa, i telegiornali e i giornalisti che devono raccontare la loro versione, mettendo più volte i bastoni tra le ruote della giustizia, influenzando i fatti e la stessa Tonya.
Eppure è una fotografia degli Stati Uniti che più volte sentiamo dire, tipo leggenda metropolitana: prima ti amano, poi ti odiano. E’ nel DNA statunitense, non ci si può far nulla e la sfacciataggine di Tonya Harding, come del film stesso, fotografa perfettamente un momento nero dello sport come di totale idiozia di chi c’è stato dietro.
Bomba inaspettata I, Tonya, qui alla Festa del Cinema di Roma.
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