RomaFF12: The Only Living Boy in New York, Il Laureato di oggi

RomaFF12: The Only Living Boy in New York, Il Laureato di oggi

November 8, 2017 0 By Gabriele Barducci

the only living boy in new york poster

Già in troppi hanno evidenziato la connessione di questo film di Marc Webb (doppietta per questo 2017 assieme a Gifted, ora nelle sale, sicuramente più inquadrato commercialmente) al più noto Il Laureato, quindi evitiamo la già nota parabola.

Thomas è un ragazzo di buona famiglia, anzi figlio di un grande editore, ma la madre negli ultimi anni sembra vivere in uno stato catatonico, il padre va a letto con una giovane collega e lui stesso finirà per sedurre questa donna e portarla al letto pur di allontanarla dal padre. In questo quadretto distruttivo arriva anche il mentore di Thomas, un romanziere famosissimo ma che non ama farsi fotografare, quindi ignota ai più la sua identità, che lo “aiuterà” nella sua vita tra un giovane amore non corrisposto, la relazione con l’amante del padre (gira la testa solo a teorizzarlo) e la madre ameba.
Di quel Marc Webb che incantò tutti con (500) Giorni Insieme ormai è rimasto ben poco. Forse bruciato dall’esperienza disastrosa con i due The Amazing Spider-Man (o forse no), è noto che il regista ama girare e portare al cinema storie fuori dal normale, per svolgimento narrativo, ma sempre compatto per la morale a fini commerciali. Ora al cinema, come detto, c’è Gifted – Il dono del talento, un film sicuramente meglio riuscito di questo, ma semplicemente grazie a classimo morale drammatica che sfocia nel buonismo impietoso.

The Only Living Boy in New York, voleva e poteva essere altro, un racconto più intimo e raffinato, di bruschi rapporti con figure genitoriali, di una progressione sfiducia nel mondo come del domani e di essere perennemente innamorati dell’idea dell’amore ma paura ad innamorarsi veramente. Degli appena 80 minuti che compongono il film, che procedono quasi fossero il triplo, c’è sicuramente una voglia raffinata di fare altro, di cercare qualche aspetto intimo più intrigante, ma tutto, proprio tutto, crolla durante le fasi finali, che mostra come dietro al racconto c’era un’altra storia, più assurda e poco credibile o almeno, un plot twist che non è stato preparato a dovere, con il cocente rischio che lo spettatore si trovi improvvisamente a vedere un altro film. Problemi di sceneggiatura o montaggio? Questa volta no, soltanto una malsana perversione di confezionare morali intime e familiare in un modo non convenzionale, sicuramente coraggioso, ma poco graffiante per il risultato finale.

the only living boy in new york

Gabriele Barducci
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