
TFF35: Piangere diamanti con The Disaster Artist
November 29, 2017The Disaster Artist, il film più amato dal pubblico della 35ma edizione del Torino Film Festival. Sale piene come un uovo, proiezioni sold out, incontenibili risate. Chi se l’è perso se ne dispiace, se ne pente, si venderebbe il box set coi film di Hitchcock ricevuto a Natale pur di poter tornare indietro nel tempo e comprare il biglietto. C’è chi vorrebbe James Franco vincere l’Oscar, chi almeno vederlo candidato, chi si accontenterebbe anche di un trionfo ai Golden Globes, c’è chi parla di “ruolo della vita”, chi si vanta di aver visto The Room prima che diventasse un cult dell’orrido, c’è chi si bagna per quel patatone di Seth Rogen, chi non ha riconosciuto il cameo di Zac Efron pompato dal set di Baywatch. Inutile dirlo: il film ha già vinto tutto e conquistato tutti.
James Franco e l’allegra brigata di The Disaster Artist rendono ancora più mitica l’aura attorno all’attore-regista Tommy Wiseau con un lungometraggio che, sì, ripercorre la caotica lavorazione di The Room, ma ne sfrutta anche l’aneddotica per mostrare quanto maledettamente difficile sia fare cinema. A Hollywood ce la fa uno su un milione e spesso questo qualcuno è solo un grande professionista, non necessariamente un attore capace. Quanto poche diventano le possibilità di sfondare se non si è né bravi né professionali? Quasi zero, a meno che non si finisca col raggiungere involontariamente uno status leggendario andando controcorrente. Esattamente quello che ha fatto Tommy Wiseau.
Senza capacità attoriali, registiche, figurarsi da sceneggiatore, il realizzatore di The Room ha finanziato di tasca propria (6 milioni di dollari, non noccioline) il suo film. Dittatore insicuro e strambo personaggio a metà strada tra Gene Simmons dei Kiss e un pellerossa Navajo, Tommy Wiseau ha conseguito (attenzione, cosa diversa è il raggiungimento) il sogno americano borghese: utilizzare i propri soldi per dare alla luce un progetto personale. Nessun doppio turno da cameriere, nessuna pila di piatti da lavare, nessun pavimento da pulire. Non si sa dove arrivino tutti quei milioni, ma sono veri. Chiunque bazzichi per i festival o semplicemente sia appassionato di cinema sa bene quanto possa costare fare un film, pertanto quello che è stato fatto con The Room va considerato, nonostante la mediocrità del prodotto, come un successo produttivo a prescindere.
Con The Disaster Artist si ride di gusto, eppure, nella realtà, quanta tristezza si dev’essere celata dietro al fallimento di The Room e prima ancora dei sogni di quelle persone in cui nessuno aveva mai creduto fino a quel momento e che nonostante le convention, i messaggi d’amore da parte di fan sparsi in tutto il mondo, gli omaggi, le parodie, le proiezioni di mezzanotte, gli autografi, i selfie, dovranno fare a patti con l’essere diventate solo della minuscole presenze ai margini delle pagine della Storia del cinema. American dream smarrito e allo stesso tempo raggiunto attraverso una forma di fama lontana da quella immaginata. È anche questa l’America. Meglio non intristirsi troppo, meglio riderci su. Viva The Disaster Artist!
- Le palle d’acciaio di The Caine Mutiny Court-Martial - September 11, 2023
- Appunti sparsi su Crimini e misfatti - September 8, 2023
- Quell’unica volta in cui Douglas Sirk si diede al genere western - August 29, 2023