Vita e Teatro con Amanti Perduti – Les Enfants du Paradis

Vita e Teatro con Amanti Perduti – Les Enfants du Paradis

December 15, 2017 0 By Alessia Ronge

L’anno 1945 segna l’uscita del leggendario film Les Enfants du Paradis firmato da Marcel Carné e Jacques Prévert. Raffinato omaggio alle arti dello spettacolo, definito durante i César del 1971, come «il miglior film nella storia del cinema sonoro francese» e lo stesso François Truffaut: «darei tutti i miei film per aver diretto Les Enfants du Paradis». Il lungometraggio sancisce un inedito ritorno all’equilibrio tra il muto e il parlato, tra la vita e il teatro, tra i personaggi reali e inventati.

les enfants du paradis amanti perdutiAmbientato nella Parigi ottocentesca di Luigi Filippo con sfondo il malfamato e misterioso Boulevard du Temple, all’epoca sede di moltissimi teatri, troviamo le vicende di svariati personaggi. Al centro della trama scopriamo Garance, attrice e oggetto del desiderio di quattro ammiratori: il celebre attore classico Frédérik Lemaître, il bandito Lacenaire, il ricco conte Montray e, infine, il mimo Baptiste Deburau.

Al centro della trama pare quindi esserci il tema dell’amore, infatti, il titolo della versione italiana (snaturato e mutilato anche nella durata con un taglio di ben 80 minuti) è proprio Amanti perduti. Il film, contrariamente, si rivela piuttosto un’immensa visione nella quale gli avvenimenti dei protagonisti si legano alla vita sul palcoscenico. In questo immenso quadro, con teatri e commedianti, pantomima e melodramma, tragedie shakespeariane e delitti, troviamo tantissime figure come saltimbanchi, piccoli criminali e artisti di strada. La trama seppur esile, è basata sul “non detto” sta cioè allo spettatore intuire le dinamiche dei personaggi.

Quello che contraddistingue il film è, sicuramente, la sceneggiatura che affascina grazie alla sua abilità di intrecciare figure e avvenimenti. I dialoghi di J. Prévert, scritti come le sue poesie e le sue canzoni, sono densi di significati. Ecco quindi che si affastellano vari eventi come un delitto, un amore poetico infuocato e fatale, la corsa vana disperata e strepitosa del mino (al termine del film) che insegue la donna per le vie di Parigi dove impazza il Carnevale.

Il connubio fra la potenza evocativa della parola e la fotografia restituisce un mosaico complesso di caratteri che rendono il film appassionato, disincantato, romantico e commovente. In questo affresco vorticoso, i personaggi nati dall’immaginazione di Prévert si mescolano a quelli veramente esistiti che il lungometraggio presenta. La ricostruzione storica, operata dai due autori, è sopraffina pur con delle mancanze ma nessun film, prima di allora, era stato capace di restituire con tale precisione l’atmosfera della romantica e teatrale Parigi; la realtà storica è quasi palpabile sullo schermo.

Quello che colpisce di Les Enfants du Paradis, letteralmente “I ragazzi del loggione”, è la relatività. Il rapporto tra verità e menzogna è forse uno dei temi più comuni nel cinema francese. Nel film tutto è relativo, tutti recitano e tutti mentono. “Non recita, inventa sogni” sono queste le parole di Garance a proposito di Baptiste. Non dimentichiamo poi i tantissimi specchi presenti nelle scene in cui l’attrice Garance incontra i suoi uomini che, eccezion fatta per il mimo Baptiste, contribuiscono a dare immagini d’illusione e delusione dell’identità. Les Enfants du Paradis sembra più di ogni altro, incarnare il concetto che ogni film, in un certo qual modo, è anche un documentario.

Ogni film ha, infatti, un soggetto come a esempio il mare o qualcos’altro in Les Enfants du Paradis sono gli stessi attori; protagonisti di un documentario sulla loro stessa vita. Carné e Prévert creano un grande palcoscenico sul mondo, ma allo stesso tempo anche un mondo analizzato come palcoscenico: vedere i meccanismi della realtà attraverso gli stessi meccanismi della finzione. I protagonisti sembrano usciti direttamente da un romanzo, ci passano accanto come un alito di vento, ma rimangano concreti come poche creature cinematografiche hanno saputo fare. È forse questo uno degli elementi che rende l’opera attuale ed eterna. I personaggi si muovono in un’eternità del presente e dove è il tempo a diventare il vero protagonista.

La seconda parte del film, in special modo, mostra un salto temporale di ben 6 anni in cui ritroviamo gli stessi personaggi cambiati, invecchiati, in una situazione sociale mutata, ma dove il cuore dell’arte non ha mai smesso di pulsare. Garance, ormai donna di successo, guarda verso il loggione del teatro e malinconicamente afferma: “Anch’io ridevo così, un tempo…”. Sempre Garance parlando con Nathalie, moglie di Baptiste, confessa di aver vissuto con lui per 6 anni: “Sì anch’io, dovunque e tutti i giorni… e anche la notte, tutte le notti che ho passato con un altro, tutte le notti io ero con lui”.

Garance, interpretata da Arletty, è forse la figura che più di ogni altra rimane impressa nella mente perché è il personaggio più inventato e, allo stesso tempo, il più vero di tutti. La figura che occupa il centro del film e che si fissa nella nostra immaginazione fin dal primo momento che la vediamo. Come per gli altri personaggi maschili dove, i confini fra realtà e fantasia si fanno labili, Garance/Arletty è l’eterno del femminile, elevata alle stelle, ma umiliata da molti uomini, infelice come tutti gli altri, ma inarrestabile. Ogni parola da lei pronunciata si tinge di magia, del resto è la donna con il nome di fiore, una sirena misteriosa, melanconica e tremendamente sfacciata. Circondata da mille uomini che non riusciranno mai a possederla è la donna senza età come poche, prima di lei, sono riuscite ad esserlo: «l’unica attrice di cui Carné abbia saputo fare una creatura vivente, tra realtà e mito». La traiettoria di Garance si muove in quattro cerchi, come quattro sono gli uomini che incontrerà costretti, ogni volta, a essere innamorati, gelosi, amanti, rifiutati; insomma tutte le facce dell’amore.

Les Enfants du Paradis è del tutto impensabile senza la femme fatale disincantata e sentimentale Arletty, ed è la sua presenza che il film può diventare anche una storia d’amore, grazie alla donna capace alla fin dei conti di amare solo Baptiste.   

Alessia Ronge