
Riflessioni tardive su The Place
December 22, 2017Ci sono molte cose che non funzionano nell’ultimo film di Paolo Genovese. Preciso e spiccicato alla serie TV americana, che però era spalmata su tre stagioni. Le trame così cervellotiche vengono meglio se il minutaggio a disposizione lievita sensibilmente. C’è un uomo che siede sempre allo stesso posto, sempre nello stesso bar, tutti i giorni, dalla mattina alla sera (assicuriamo che il bar esiste davvero, si trova a Roma ed è più accogliente di quello mostrato nel film). Ha un enorme quaderno davanti a sé, in cui scrive ogniqualvolta uno sconosciuto si presenta da lui ed esprime un desiderio. Affinché il desiderio si realizzi, lo strano personaggio legge cosa c’è scritto nel libro, ed assegna all’avventore un compito tanto più difficile quanto irrealizzabile è il desiderio. Alla suora (Alba Rohrwacher) che ha perso la fede in Dio chiede di rimanere incinta. Al cieco che vuole riottenere la vista (Alessandro Borghi) comanda di violentare una donna. Al metalmeccanico che desidera una notte di fuoco con una donna bellissima (Rocco Papaleo) affida il compito di proteggere una bambina. Ad una ragazza che vuole apparire più bella (Silvia D’Amico) chiede di organizzare una rapina. Ad un poliziotto (Marco Giallini) Al padre col figlio malato terminale (Vinicio Marchioni) ordina di uccidere una bambina.
Intanto, una Sabrina Ferilli al meglio del suo peggio fa la barista h24, e osserva con curiosità la processione di disperati verso lo sconosciuto.
Pian piano si capisce che le vicende dei personaggi – che non si vedono mai, in nome di un’unità di luogo che a Genovese piace molto – sono intrecciate l’un l’altra. Ma la finalità e la riuscita felice o meno delle esistenze di ciascuno rimangono avvolte nel mistero. Ciò determina il sentimento di incompleto e di insoddisfazione che anima The Place, che non avvince né conquista mai davvero. Valerio Mastandrea gioca a fare Dio – o il Diavolo, dipende da come lo si legge – ed ha un che di enigmatico, e i suoi clienti sono alternativamente bravi. Giulia Lazzarini è l’unica che non finge, quando recita, e purtroppo le hanno assegnato la parte meno credibile: quello della donna che, con un marito malato di Alzheimer, è spinta a costruire una bomba per riaverlo indietro sano.
Contorto, psicologico ed enigmatico, The Place promette ma non mantiene, appesantito da una sceneggiatura ridondante e da una recitazione enfatica che ha la tendenza a sottolineare ogni battuta.
Era meglio Perfetti sconosciuti, migliore in termini di sceneggiatura e scene registiche.
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