
Radiofreccia, fuori e dentro il borgo di Ligabue
January 17, 2018Tra poco vedremo al cinema il terzo film da regista di Ligabue. Sì, proprio Luciano Ligabue, oltre ce cantante e musicista, scrittore è anche regista. Dal trailer si può già percepire che molto probabilmente non sarà un prodotto interessante, neanche lontanamente. Sembra anzi una brutta copia di un film di Castellitto che a sua volta è la brutta copia del peggior Muccino, ma aspettiamo di vederlo prima di sentenziare un giudizio.
Qui vorremmo però ricordare e spolverare il primo film di Ligabue: Radiofreccia.
Era il 1998 e il Liga si affacciava alla regia. Stefano Accorsi non era ancora nessuno e se ne uscì protagonista di questo film che ci piace sottolineare come sia uno dei più riusciti esordi italiani al cinema che gli anni 90 hanno potuto ricordare.
Alla base c’è del materiale cartaceo che Ligabue aveva già pubblicato precedentemente, Fuori e dentro il borgo, storie e aneddoti di anni ’70, sesso, droga, amici e chiaramente il rock.
A contorno della storia quindi c’è Radio Raptus, una giovane radio libera che dopo la morte di Freccia (Stefano Accorsi) cambierà nome proprio in Radiofreccia.
Tranquilli, nessuno spoiler, anzi, la prima scena del film è proprio il funerale di Freccia. Tutta la vicenda è il racconto di chi era Freccia (Ivan Benassi all’anagrafe, ma chiamato così per via di una voglia a forma di freccia che aveva sulla tempia destra) e di cosa lo abbia portato alla morte.
Un esordio brillante quello del Liga perché, a patto che molto probabilmente per quanto riguarda la tecnica si è fatto ampiamente aiutare da qualche buon aiuto regista – anche se ci sono alcuni virtuosismi o stacchi narrativi che sembrano avere una forte impronta autoriale – ma ciò che rende Radiofreccia un film ancora attualissimo e invecchiato senza una ruga, è il pathos con cui Ligabue racconta la storia, aiutato da tanti e sconosciuti (non tutti) attori a supporto di ogni singola scena.
Il borgo romagnolo è così, come tanti altri borghi d’Italia: si lavora quel che si può, gli scherzi con gli amici, il tardo pomeriggio al bar, si scopa con la tipa e se non ce l’avete nessun problema, si dice che ci siano dei biglietti del “Gratta e Tromba” in un particolare bar del centro, i matti del paese, la droga e le radio libere.
Ma libere da cosa? Da tutto. Ecco che l’idea di creare una radio libera (l’FM è tutta libera) si erge a simbolo di una generazione che cerca la propria identità, una voce silenziosa nella notte, forse ascoltata da qualcuno, forse no, per raccontare la nostra versione dei fatti, quella a cui nessuno crede perché forse troppo soggettiva, inesatta e influenzata da una rabbia adolescenziale che difficilmente si riesce a controllare.
Così infatti avviene la scena più famosa del film, Freccia nella notte della stanza dove dimora la radio, cacciato di casa dalla madre un po’ troia, si siede, si mette le cuffie, dissolve la musica per attivare il microfono e parla. Forse nella notte c’è qualcuno che come lui è sveglio, assorto nei problemi come lui o semplicemente a pensare (nota a margine: non è un caso se gran parte della prima discografia di Ligabue ha sempre questi temi nelle sue canzoni, avventure di notte, amore, amici, bar – Mario – e droga) e quindi avere la possibilità di parlare senza filtri, senza censure, dire ciò che non si riesce a dire agli altri o a noi stessi durante tutto l’arco della giornata.
Meno incisivo purtroppo è stato il secondo film di Ligabue, Da zero a dieci, notevole l’intenzione ma qualcosa era venuta a mancare e si percepiva.
Radiofreccia vince nelle emozioni, nell’atmosfera così personale in ogni singola scena che ci si convince quasi che Ligabue ce la stia raccontando quasi fosse un ricordo di gioventù, una cazzata fatta da giovane che ha irrimediabilmente influenzato la sua crescita come uomo.
Una parentesi, uno spaccato di libertà, fino alla maturazione. Difatti un minuto prima di compiere 18 anni, Radiofreccia staccherà per sempre la spina. Perché? Perché è ora, semplicemente è ora di chiudere con il passato, doloroso o non che sia, e fare un passo avanti, guardarsi allo specchio per ciò che siamo ora e ricordare uno spaccato di libertà senza pensieri, tasse, famiglia, automobile o lavoro.
Ligabue sembra voler narrarci dell’importanza di sentirsi liberi, ribelli e con ideali e farli vivere a pieni polmoni finché il tempo ce lo può permettere.
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