
Il fenomeno di Chiamami col tuo nome
January 24, 2018Il nuovo film di Luca Guadagnino è notevole sotto ogni aspetto. La sceneggiatura, la regia, le scenografie (interni ed esterni), la recitazione di tutto il cast, le musiche e via discorrendo. Chiamami col tuo nome è tutta un’altra cosa rispetto A Bigger Splash, ma la cifra stilistica è la stessa: la raffinatezza. Eppure, perché in Italia il suo precedente film e tutti quelli usciti prima sono stati snobbati dalla critica, salvo casi più unici che rari, e dal pubblico? Perché non è accaduta la stessa cosa anche per Chiamami col tuo nome?
Le ragioni sono molteplici, ma quella principale è il passaparola. Gli addetti ai lavori e gli spettatori europei, per non dire anche quelli americani, sanno riconoscere un bel film, sanno promuoverlo, non vivono di antipatie, pregiudizi verso un prodotto italiano, anche se ne avrebbero tutti i motivi. Di Chiamami col tuo nome si è parlato a lungo fuori dai nostri confini, son stati tessuti elogi. Il film è stato realizzato in un momento storico chiave, ma ciò non toglie che sia capace di alzarsi di molto sopra la media generale. All’estero si son resi conto del suo potenziale ben prima di noi e la sua corsa al successo è cominciata, sì, in sordina, ma in concomitanza con la sua première statunitense (Sundance Film Festival) ed europea (Berlinale). Non c’è stata una rivalutazione “a posteriori”, l’eco si è propagata subito, ma solo negli ultimi mesi è giunta fino all’Italia, proprio dove Chiamami col tuo nome è stato realizzato. Certo, questa è una polemica vecchia, ma il nuovo film di Guadagnino è l’emblema di come la situazione italiana abbia raggiunto un tale livello di saturazione che o si cambia o si muore.
Il nostro paese investe sempre meno soldi nel cinema di qualità, si aggrappa ai soliti nomi noti e spinge perlopiù gente senza arte né parte, persone sbagliate al posto giusto, pensando di fortificare l’industria e l’economia cinematografica senza rendersi conto di stare martoriandola. Cecità e presunzione. Le statistiche illustrano una situazione sempre più desolante in termini di risultati al box office e diffusione della cultura. Il 40% in meno di biglietti venduti nelle sale si può tradurre come “punto di non ritorno”. La crisi che affrontano esercenti e distributori è anche quella che fronteggiano alla bell’e meglio i musei, le istituzioni per la preservazione del patrimonio culturale già esistente, i teatri. Chiamami col tuo nome è arte e in quanto tale è una gioia sapere che c’è qualcuno capace di valorizzarla. Guadagnino prima, il pubblico poi. Un film ricco, pieno, che si presta ad essere rivisto più volte, curato nei dialoghi e nelle inquadrature. Qualcosa di bello, così raro al giorno d’oggi da suscitare un così grande apprezzamento internazionale. Sì, perché il regista ha girato il suo film in Italia, ma senza volersi omologare alla cinematografia italiana o compiacere il pubblico nostrano.
In Chiamami col tuo nome la cultura è substrato territoriale (i ritrovamenti archeologici), fattore sociale e storico (gli anni ’80, le statue e i busti dei protagonisti delle due Guerre Mondiali), eredità genitoriale (il discorso del padre di Elio, verso la fine del film, è avanti anni luce nel ripescare una concezione dell’età classica sulle relazioni omosessuali e tra individui di età così diversa), elemento di conversazione di una classe benestante (non gli spocchiosi intellettuali borghesi dipinti descritti da qualche critico). E quando un film del genere riesce a raggiungere le masse è un successo sotto molti punti di vista.
Probabilmente non ce lo meritiamo un regista come Luca Guadagnino e ciò che gli si può augurare è di continuare a fare cinema come cazzo vuole, senza pensare a chi vedrà i suoi film e a come essi verranno accolti. Ha finito di girare il remake di Suspiria, ha in pre-produzione un thriller con Jake Gyllenhaal, Michelle Williams e Benedict Cumberbatch e sta lavorando ad altri progetti cinematografici. Chiamami col tuo nome ha racimolato importanti candidature per gli Oscar 2018. Non vincerà (forse) ma è un traguardo straordinario comunque. Si parla di un possibile sequel, forse di una trilogia à la Linklater, ma non è ancora il momento di pensarci. Meglio mantenere gli occhi puntati su quello che è il vero film del momento. Se ne parlerà ancora a lungo.
(Simone Tarditi)
Chiamami col tuo nome arriva nelle nostra sale forte dell’eco che si è prolungato per quasi un anno, già dalle prime presenze nei Festival cinematografici del mondo, eppure anche durante la Berlinale, il feedback è sempre stato entusiasta ma contenuto. Solo negli ultimi due o tre mesi si sta seriamente prendendo in considerazione l’ipotesi che il nuovo film di Luca Guadagnino possa essere veramente un nuovo punto di riferimento per un certo tipo di cinema autoriale.
Le grandi critiche, complimenti e pacche sulla spalla comportano sempre una grande attenzione mediatica, creando inevitabili aspettative che produrranno una reazione da classico spartiacque nel pubblico pagante.
Ricordate La Grande Bellezza di Sorrentino? Una cavalcata incredibile, facendo incetta di premi nel mondo e uccidendo chiunque si mettesse in competizione nella stessa categoria dove era presente il film, eppure uscito in sala nel primo periodo della primavera del 2013 le reazioni della stampa furono divise. Un anno dopo, forte del fresco Premio Oscar come Miglior Film Straniero, qualcuno ebbe la malsana idea di passarlo in tv, in prima serata. Il pubblico improvvisamente si sentì necessariamente fedele alla sua bandiera e tutti guardarono il film in tv e più o meno ricordiamo ancora il feedback divertito e colorito di chi il mattino successivo, criticava il film come “lento” oppure “le musiche da chiesa nei primi minuti non si potevano sentire”.
Questa lunga e forse inutile premessa è stata necessaria anche in vista dell’arrivo al cinema di Chiamami col tuo nome, un film sicuramente molto più accessibile narrativamente a confronto con il film di Sorrentino, ma in virtù del suo carico di aspettative, molti spettatori, interessati o non, avranno un’evidente difficoltà nell’approcciarsi al film.
Di base, Chiamami col tuo nome, ha un incipit e uno svolgimento di trama dei più banali e semplicistici che si possano trovare nel panorama cinematografico: una vacanza estiva, il caldo, i corpi nudi, le pulsioni sessuali, il desiderio, la scoperta del sesso, ed effettivamente oltre questo il film non porta alcunché di nuovo.
Dove si trova quindi tutta questa bellezza? Dentro e fuori dal film come dentro e fuori di noi. I colori saturi, i rumori circostanti che quasi sovrastano la voce degli attori, riuscire a veicolari gusti e odori al di fuori del medium cinematografico per farli sentire sulla pelle dello spettatore, la cucina disorganizzata, la tavola sporca. Se di base il concept è dei più commerciali possibili, l’estate adolescenziale fatta di amore e sesso da ricordare e raccontare per i successivi anni della nostra vita, Guadagnino riesce a filtrare questa visione, per rendercela diversa, autoriale, più vicino possibile a quello che potremmo trovare veramente nella nostra vita o nella nostra casa.
Le sensazioni emergono fortemente in ogni momento della pellicola, il caldo, il vento che smuove i rami degli alberi e le cicale. La fontana trasformata in una piscina, corpi seminudi che si bagnano e altrettanti corpi che bramano di toccare quest’altri. Questo è Chiamami col tuo nome, una sublimazione di sensi e visione saturata di una piccola parentesi d’amore, toccando qualche piccolo tasto erotico pur rimanendo nella delizia e nella raffinatezza narrativa che non cade mai in volgarità, anzi, mostrandoci nonostante tutto, la dolcezza in quei momenti che anticipano il sesso fatto di imbarazzo, piedi che si toccano e abbracci goffi ma sinceri.
Elementi che purtroppo non saranno percepiti come giustificazione per tutte queste lodi, eppure proprio di questi momenti si compone tutto il progetto artistico di Guadagnino. Forse, film di questa bellezza, ancora non ce li meritiamo.
(Gabriele Barducci)
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