Berlinale68: Double Feature su When the War Comes e The Waldheim Waltz

Berlinale68: Double Feature su When the War Comes e The Waldheim Waltz

February 21, 2018 0 By Simone Tarditi

Pagine di guerra alla 68ma Berlinale. Eco di una guerra passata, il secondo conflitto mondiale, con The Waldheim Waltz e terrificanti presagi di una guerra sotterranea, futura, non solo teorizzata, con When the War Comes. Due documentari diversissimi tra loro per realizzazione, contesto geografico e storico, ma vicini nel mostrare quanto l’Europa sia lì lì di fronte a una voragine impossibile da superare, ricucire, colmare con quei buoni propositi che tanto servono a vincere le elezioni e che nulla di concreto costituiscono più.

C’è da essere onesti e non fare finta di nulla: dal 9/11 all’esodo di popoli verso l’Occidente il mondo intero è ripiombato nella morsa della paranoia e dell’intolleranza. Col suo Fuocoammare (Orso d’oro alla Berlinale del 2016), Francesco Rosi ha mostrato quanto la questione immigrazione possa essere trattata con discrezione, senza scivolare nei toni patetici. Lontano eppur vicino anche l’Human Flow di Ai Weiwei passato a Venezia74. Indirizzato altrove, al “noi” più che al “loro”, è lo sguardo di Jan Gebert, che col suo When the War Comes (sezione Panorama – Berlinale68) indaga acriticamente (?) il fenomeno della milizia armata Slovak Recruits.

Realizzato in Repubblica Ceca con l’importante co-produzione di HBO Europe, When the War Comes mostra come la madre dei cretini sia sempre incinta. Ragazzini cechi che in cameretta hanno ancora peluche e che si ritrovano per esercitazioni militari, simulazioni di combattimento, marce all’unisono, proselitismo nelle scuole. Armi e paura. Abitazione vuote, piene solo di ideologie. Una web-generazione omofoba, demente, pericolosa. Servirebbe, sì, una guerra come igiene del mondo, ma al contrario: un suicidio collettivo dei sostenitori di questo dilagante revival nazista. When the War Comes documenta una realtà su cui si può solo sperare di ridere fra qualche anno perché sennò vorrà dire aver sottovalutato quest’ondata insidiosa.

Il The Waldheim Waltz della regista Ruth Beckermann è invece il tentativo di fare luce sulla figura di Kurt Waldheim (1918-2007), austriaco leader carismatico dai radicati valori cristiani. L’uomo di cui il mondo si fida. Sì, questa è la facciata di un uomo altresì macchiatosi di crimini di guerra come la deportazione di ebrei. Molte accuse sul suo oscuro passato, nessun processo per la mancanza di prove, ma la certezza sulla colpa morale.

La Beckermann utilizza filmati in bianco e nero e a colori girati da lei stessa e mai usati. The Waldheim Waltz, collage filmico d’interviste, riprese televisive e amatoriali, spot propagandistici e reportage dell’epoca, assume la medesima forma documentaristica di The Reagan Show, con cui condivide -seppur con un piglio decisamente meno ironico e più incazzato- il medesimo impianto cronachistico. È interessante il rapportare quei tempi e il contenuti di quei video (da finti processi in tv su migliaia di ebrei morti si passa a cocktail party, case lussuose, la passione per i quadri di Corot dei coniugi Waldheim) ai giorni nostri. Di fronte a politici italiani collusi con la mafia, ladri e criminali a capo della Stato, diatribe infinite, macchine del fango che non sporcano mai davvero nessuno, cosa penseremo quando rivedremo fra qualche decennio tutte queste facce di gomma? Ci pentiremo per non aver fatto nulla a tempo? Sarà troppo tardi.

Simone Tarditi