Berlinale68: Thirty Souls, spiriti e regno dei morti

Berlinale68: Thirty Souls, spiriti e regno dei morti

February 24, 2018 0 By Simone Tarditi

Prodotto in Spagna e diretto dalla regista Diana Toucedo, Thirty Souls (tit. originale Trinta Lumes) è stato presentato nella sezione Panorama della 68ma edizione della Berlinale. Un film sull’impalpabilità della morte come forza annientante eppure vitale. Un film che è quasi un documentario alla Francesco Rosi, senza attori professionisti e solo persone vive, immerse in una quotidianità fatta di riti e tradizioni, retaggi e credenze, sullo sfondo di una natura semi-incontaminata lontana chilometri (e secoli) dal frastuono incessante delle grandi città.

Thirty Souls fotografa medesimi luoghi (casolari diroccati, montagne, boschi, …) in stagioni diverse, ambienti bagnati dalla pioggia o paralizzati dalla neve in un divenire costante fatto di alternanze sempre uguali. In fondo, la vita è nulla più che un ciclo di ripetizioni illusoriamente infinite e che invece terminano con l’interruzione finale, quella che impedisce un nuovo “dopo”.

Chi è deceduto, va omaggiato, ricordato. Nei cimiteri vanno offerti fiori ai defunti, vanno estirpate le erbacce attorno alle tombe, vanno lustrate le lapidi, fatte brillare le lettere che compongono i nomi e i numeri che ne contengono l’arco temporale trascorso su questo pianeta. La civiltà tecnologizzata rifugge la morte, sostanzialmente l’astrae dalla vita, non la considera una parte di essa e non ne vuole parlare, mentre dove ancora è forte l’attaccamento alla terra e ai frutti che essa produce si è così vicini alla sfera dei morti dallo stabilire (quasi) un dialogo con essi.

Nell’universo umano descritto da Thirty Souls, il regno dei morti e quello dei vivi sono interconnessi, l’uno completa il percorso dell’altro. A volte accade che si aprano le porte tra queste due dimensioni (tra il giorno dei Morti e quello di Ognissanti) ed è in quel momento che avvengono gli scambi tra chi è nel mondo e chi non c’è più. O non c’è ancora.

Seguendo un approccio -come già detto- più documentaristico che di finzione cinematografica, il film colloca i suoi personaggi dai volti consumati dalla fatica (i più anziani) e affamati di conoscenza (tutti i non-adulti) su di un piano sospeso, forse solo di passaggio. Thirty Souls è uno spiraglio di luce nel mistero della vita. Una luce che tuttavia non è in grado d’illuminare alcunché perché non è possibile farlo. Perché non ha senso farlo (vedi The Discovery, buon prodotto Netflix solo fino a quando non dà risposte o spiegazioni). O forse perché gli esseri umani non sono più in grado di raggiungere quel livello di conoscenza. Il film sorregge la tesi che gli spiriti popolino gli stessi luoghi dei vivi, ma questi ultimi non riescono a vederli. Gli animali sì, loro riescono eccome …

Simone Tarditi