
Pacific Rim – La Rivolta, il fattore autoriale dietro un blockbuster
March 22, 2018Via il dente, via il dolore: c‘è tanta disinformazione su quello che è stato Pacific Rim di Guillermo Del Toro, quello datato 2013 che incassò pochino e che soltanto grazie agli incassi del mercato orientale è riuscito a confermare un sequel – prodotto proprio di tasca dai Giapponesi. Ad oggi molti sono i pappagalli digitali che ripetono senza sosta dichiarazioni altrui, trasformando Pacific Rim da semplice e stilisticamente interessante film su mecha contro grossi Kaiju a film di impegno politico e sociale.
Una cosa è sicura: il buon Del Toro frustrato dopo aver lavorato senza frutti per due anni a Lo Hobbit, abbandona e il contratto che lo legava alla Warner gli dava la possibilità di una regia. Il progetto Pacific Rim era nella famosa black list di sceneggiature ipoteticamente interessanti ma di difficile realizzazione. Il resto lo sappiamo e i titoli di coda di questo sequel tolgono anche il dubbio su quanto ci sia di Del Toro nel primo Pacific Rim, ovvero nulla. Tutto è attribuito allo sceneggiatore originale, Travis Beacham. D’altronde basta vedere le sue altre opere d’arte sceneggiate per fare una semplice operazione logica.
La domanda dunque è, quando smetteremo di attribuire tutto questo lato d’autore a film di natura blockbuster che altro non vogliono che fracassare palazzi e orecchie degli spettatori paganti?
Chiaramente non viene meno una lode generale a Del Toro che come abbiamo già scritto, il suo The Shape of Water lo abbiamo amato alla follia, ma film sequel con Pacific Rim – La Rivolta dimostrano proprio l’elemento entertainment era venuto a mancare nel primo capitolo.
Dalla Warner Bros, il progetto passa alla Universal facendo entrare nel giro una grossa produzione Giapponese, tanto che tutta la sequenza finale sarà ambientata proprio a Tokyo. Non è cosa nuova, lo stesso quarto capitolo dei Transformers aveva abbracciato a gran respiro il mercato-produttore orientale per dare nuova linfa vitale al genere e proporre una serie di film di grandi coproduzioni mondiale.
Pacific Rim – La Rivolta quindi cambia tutto, non solo publisher e produttori, ma anche cast, dei vecchi ne rimangono pochi, i nuovi sono inediti o discendenti di protagonisti del primo capitolo, ma tolto questo finalmente sembra che il franchise abbia preso la strada giusta. Che si dica che si preferiscono film con un’impronta originale è chiaro, ma davvero si può pretendere uno stile autoriale o di punta in un film che come tema principale ha i robot che si prendono a pizze con dei mostri alieni giganti? No, assolutamente.
Del Toro sicuramente ha un gusto visivo ed estetico raffinato, cosa che influenzò direttamente l’estetica e la dinamica dei robot, ma il pubblicò gradì solo per metà la cosa. Così facendo Pacific Rim – La Rivolta è uno di quei rari casi di sequel-reboot, dove nonostante il film si piazzi 10 anni dopo gli eventi del primo, tutta la struttura narrativa cambia in favore di un ritmo sempre più alto e un tono generale molto più leggero. Plauso alla sceneggiatura che quindi cerca con intelligenza di riportare i Kaiju sulla Terra, visti gli eventi conclusivi del primo capitolo e anche ad un interessante plot twist a metà film che dimostra un certo coraggio e una maggiore fedeltà a quello che di base è un film che vuole omaggiare i mecha giapponesi degli anni 70/80. Una grande prova produttiva per un film che, come già la stampa americana ha sottolineato, il film verrà ampiamente criticato solo perché non porta la firma di Del Toro, quando entrambi sono esattamente gli stessi film, con gli stessi limiti, con l’unica differenza nel ritmo e nella finalità da blockbuster.
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