
Ready Player One, un sogno chiamato Spielberg
March 26, 2018Solo pochi giorni fa ci siamo persi in qualche chiacchiera sul libro di (Ready) Player One. I più vecchietti ricorderanno quando il progetto di farne un film sembrava vedere Christopher Nolan come regista più accreditato per realizzare l’opera. Poi come uno scambio di ipotetici favori (Interstellar inizialmente doveva dirigerlo Spielberg) ecco arrivare il buon Steven e il suo carico di immaginazione.
Lo speciale che anticipa queste parole prendetelo come parte integrante di questa valutazione finale, perché a fine visione, come nei momenti prima, un’idea che può palesarsi nella mente di ognuno è cosa abbia spinto Spielberg a realizzare un film del genere, tanto da rubargli ben tre anni di lavorazione, infatti il film tra girato in live action e durissima post produzione ha avuto origine nel ‘lontano’ 2015 e giunge nelle sale ora, a pochissima distanza da The Post.
I mondi magnifici costruiti nei suoi più grandi blockbuster prendono tutti vita in un unico grande film. Ready Player One è un’opera in parte unica, perché è forse uno di quei pochi film che usa il cinema per ragionare sul valore della finalità stessa dei blockbuster che vengono realizzati, alcune volte senza cuore o garbo, altre volte con convinzione, regalando quello spettacolo visivo tanto richiesto dallo spettatore che da un blockbuster di Spielberg proprio questo si aspetta: immagini mai fine a se stesse, parlando al fanciullo che è sempre stato dentro di noi, ma in primis, tirar fuori quell’energia che solo un vecchietto come Spielberg, di ben 72 anni, sembra non aver ancora esaurito.
OASIS dunque non è più una realtà virtuale, un agglomerato di mondi da cui fuggire, ma un bacino di ricordi fondamentali per creare il proprio futuro. Il suo creatore, James Halliday, ha infarcito OASIS di riferimenti a ciò che più amava, tutta quella cultura pop/nerd/geek con cui ha passato la sua giovinezza, i suoi anni migliori, prima che il mondo degli adulti, le aziende, i soldi, la burocrazia arrivò prepotentemente sia nella sua vita come in OASIS.
Ready Player One instaura un discorso cinematografico sulla crescita, sul passaggio tra l’adolescenza e la vita matura, tenendo sempre l’attenzione e un occhio al passato, esattamente come ci ha sempre insegnato il cinema di Spielberg. James Halliday è un personaggio non dissimile dal John Hammond spielberghiano, occhi sognanti, immaginare qualcosa di grande, di immaginifico, la tristezza nel vederlo realizzato in parte. La voglia di donare qualcosa all’umanità, di speciale, di incredibile, con cui sognare.
Facile immaginare dunque cosa abbia attirato l’attenzione dello stesso regista, la possibilità infinita di realizzare e distruggere, con la semplicistica finalità, tutta racchiusa nella fase finale del film, nel momento di confronto, di inserire quel discorso umano, elemento dove nessuna simulazione di realtà potrà mai sostituire, l’umanità, il desiderio, il sogno, elementi con cui Spielberg ne ha fatti importanti capisaldi del suo cinema e motivo per cui è ancora qui, a dettare e insegnare cinema.
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