
Avengers – Infinity War, fine primo tempo
April 26, 2018In un modo o nell’altro, nel bene o nel male, si arriva sempre a parlare di cinecomics e in questa cornice le fazioni dilagano, fazioni che esulano un apprezzamento in particolare per una casa di produzione a discapito di un’altra, ma ci piace sempre più addentrarci in contesti cinematografici, quindi eccoci a far parte della fazione Vero Cinema, quella composta da tante firme, tutte interessate alla resa qualitativa di un prodotto.
Motivo per cui mai abbiamo nascosto il nostro globale apprezzamento per pellicole come Spider-Man: Homecoming oppure come un Batman V Superman. Entrambe, tanto per essere bilanciati tra DC e MARVEL, regalano un’interessante visione di raccontare e contestualizzare il cinefumetto. Questo prevede quindi una piccola considerazione necessaria da fare attorno a quello che viene considerato l’evento cinematografico insito nel sottogenere del cinecomics: Avengers – Infinity War.
Possiamo già prevedere le interminabili file di spettatori bramosi di una fine (?) di questo universo cinematografico, uno dei tanti visti i tanti emuli necessari a raccontare specifiche storie, alcuni in via di perfezionamento (il DC Universe) altri che sembrano morti nella culla (il Dark Universe) e questo è del tutto comprensibile, perché quel che dicono tutti, in parte, è vero: la Marvel ha sfornato una buona parte di film sicuramente brutti, osando pochissimo, addormentando gli spettatori su un certo tipo di cinema mediocre vendendolo come “blockbuster” e nonostante tutto, ci sono riusciti, anche a discapito di considerazioni fuori dal tempo o limitando la capacità di assorbire quelli che sono i veri blockbuster (gran parte di questi spettatori non riesce ad assimilare film come Ready Player One, tanto per dire un evento recente) questi primi dieci anni di Marvel Studios hanno rivoluzionato, nel loro bacino di realtà, il modo di percepire una possibile continuity narrativa.
Avengers: Infinity War su questo aspetto vince a mani basse, è un film, anzi la prima parte di un film, di arrivo (si spera). Un traguardo solcato da successi e insuccessi, ma che è arrivato forte su una struttura costruita nel corso degli anni. La partenza a razzo del film, senza fronzoli aggiuntivi è quasi una dichiarazione d’intenti: niente fuffa, solo polpa per arriva il prima possibile al finale, quasi come aprire una bottiglia di vino pregiato e lasciarlo respirare tanto basta per berlo. Il sorso finale chiaramente sarà il quarto capitolo degli Avengers, ancora privo di titolo, che concluderà (o cambierà, visto quel finale) gli eventi narrati fino a quel momento. La peculiarità di questo terzo capitolo degli Avengers è quelli di costruire al meglio dei modi tutte le parti che vanno a infarcire il tessuto narrativo del film, assieme ad un finale finalmente audace che per quanto sarà inevitabilmente non permamente, esattamente come il finale di Batman V Superman, osava, narrativamente e cercava di fare qualcosa di assolutamente diverso.
Di contro però il film proprio quando ricompone tutte le sue parti, sembra cadere drasticamente in basso.
Bisogna scindere il discorso in due branchie differenti: il pensiero dell’internet è abbastanza abbracciato nel discorso secondo cui “è un progetto mastodontico, quindi si può soprassedere a tutti i tipi di difetti”.
NO.
Infinity War romperà senza ombra di dubbio qualche bel record al boxoffice, ma è innegabile che abbia, tanti, diversi problemi.
Tutto a partire dal gruppo di eroi presentati: tanti, troppi, mal incastrati tra di loro. Tra tutti a spiccare sono Thor, Thanos, Gamora e forse Star-Lord, ma tutti gli altri restano drasticamente in ombra, ridotti a modelli poligonali da usare in computer grafica nella spettacolare battaglia finale. In particolare c’è da segnalare due grandi bombe che non sono esplose al meglio: il rapporto Thanos-Gamora e Tony Stark-Peter Parker. Questi due peculiari rapporti potevano e dovevano costruire quella mano invisibile atta a delineare al meglio sia entrambi i personaggi, che girare una pagina narrativa durata più di dieci anni. Lo stesso Thanos, si mostra come un villain particolare, che già definirlo villain è un errore: è semplicemente un pazzo, con un’idea concreta. Una visione sociale dell’universo malsana, da modellare, ma in presenza di un potere quasi illimitato, la sua psiche lo convince della bontà delle sue azioni pur essendo consapevole del fine assolutamente non nobile.
Tutti, tanti discorsi interessanti che purtroppo vengono solo puntellati e mai concretizzati. Gli stessi fratelli Russo soffrono il genere. Dopo due ottimi film quali Civil War e The Winter Soldier, si palesa nuovamente il problema di gestire una visione estetica diversa dalla loro: se il thriller urbano gli riesce senza sbavature, sul fantasy sono meno avvantagiati, mostrando il fianco nella gestione dei tempi o delle risorse visive (stessa cosa che successe ad Ayer con tutta la parte finale di Suicide Squad).
Impossibile quindi lodare tutta la costruzione del film, che nasconde sotto l’ottima resa visiva, tra pathos epico riuscito solo nella parte finale, evidenti difetti di costruzione narrativa derivati dalla stretta finalità di arrivare ad un dunque, che sia razionalmente concreto o no non importa, l’importante è arrivarci e Infinty War ci arriva, con una vagonata di difetti strutturali e narrativi, ma ci arriva.
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