
Rimetti a noi i nostri debiti, un sistema distorto
May 15, 2018Guido (Claudio Santamaria) ex informatico ora vive di lavoretti precari, faticando nonostante tutto ad arrivare a fine mese. La situazione non è certo rosea per quanto riguarda i diversi debiti che si ritrova sul groppone. Dopo essere stato malmenato con relativa minaccia di pagare subito i debiti, Guido decide di andare a lavorare per la finanziaria a cui deve dei soldi ad un patto: un lavoro per saldare il suo debito. Verrà così affiancato dallo squalo dei recupero crediti, Franco (Marco Giallini) che gli mostrerà pregi e difetti di un lavoro non proprio eccellente.
Non solo serie tv, Netflix si tuffa anche nella produzione e distribuzione di film e Rimetti a noi i nostri debiti è il primo, con alla regia Antonio Morabito.
Racconto duro e attuale, il prodotto restituisce con una certa fedeltà, applicata ad una regia mai dispersiva anzi attenta a dare il giusto respiro ad ogni scena, la situazione lavorativa e di relativi crisi nel nostro paese.
C’è chi prova a dare le colpe ai poteri forti e magari trovare una soluzione, chi passa le giornate davanti un bancone del bar e chi come Guido è costretto a passare dall’altra parte della barricata pur di vivere. La situazione come sempre si capovolgerà quando, in seguito all’ossessione dei due, alcuni debitori arriveranno alla disperazione o al suicidio. Qui il regista affonda il coltello nella piaga, mostrandoci come il sistema italiano – e non – sia totalmente distorto e lontano da una logica equilibrata.
Il povero rimane povero, il ricco rimane ricco e tra creditori e debitori forse non c’è tutta questa differenza, d’altronde il termine ultimo della nostra vita lo conosciamo: un bel posto letto in una bara.
Particolarmente macabro sarà l’appartamento dove abiterà il personaggio di Franco, proprio fuori da un grande cimitero, dove ogni mattina si perderà in una sessione di corsa salutare. Quasi un reminder di quale sarà la nostra ultima stazione, anche se ai suoi occhi sembrerà quasi un lungo e disteso campo di sue potenziali vittime.
In questo gioco di creditori e debitori però la maschera che indosserà Franco scaverà e porterà lo spettatore a domandarsi e a ragionare su quello che il sistema di credito bancario offre oggi e le dirette conseguenze sulle persone. Uomini disperati come Guido saranno costretti a entrare in quel mondo che lo stava facendo affondare poco prima, provando un costante senso di colpa, invece Franco vive di questa colpa, la somatizza con una sigaretta, e il giorno dopo torna in azione. D’altronde per mantenere la bella moglie e i suoi due figli, serve un lavoro e quello del recupero crediti non è un lavoro del cazzo, ma un cazzo di lavoro.
Interessante tutto il comparto della fotografia, in special modo nelle scene in notturna, con un taglio sempre attento a restituire un certo fascino autoriale, con lunghi piani sequenza in automobile, quasi a dare un senso di totale immersione nella vicenda.
Ottimo film che forse non ha ricevuto le adeguate attenzioni degli addetti del settore.
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