
Il Cinema Ritrovato 2018: Scendendo lungo il fiume di Deliverance – Un tranquillo weekend di paura
July 1, 20181972, nel pieno degli anni d’oro della New Hollywood, John Boorman (Excalibur, L’Esorcista II- L’eretico) è reduce della vittoria a Cannes del Gran Prix (Miglior regia nel 1970) riconoscimento ottenuto per il film Leone l’ultimo con il nostro Marcello Mastroianni. Due anni dopo decide di portare sul grande schermo l’adattamento cinematografico del romanzo di James Dickey, Dove porta il fiume, qui anche sceneggiatore, con cui ebbe numerosi diverbi durante la lavorazione del film tra cui una feroce scazzottata. Quale? Deliverance, tradotto in Italia con l’ormai leggendario titolo di Un Tranquillo week-end di paura.
Deliverance è il capolavoro indiscusso di Boorman. All’epoca il film suscitò grande scalpore tra pubblico e critica per molteplici motivi, tra tutti ovviamente la presenza di Burt Reynolds (sex symbol e personificazione della virilità dei 70s, il suo baffone “macho” diventerà celebre nelle pellicole successive) e Jon Voight (reduce dal successo di Un uomo da marciapiede), ma anche il suo essere innovativo in un genere (quello drammatico e d’avventura). Deliverance venne candidato a tre premi Oscar nel 1973, tra cui Miglior Film e Miglior Regia e ottenne anche diverse candidature ai Golden Globes, senza però vincerne alcuno. Le riprese si svolsero nella Georgia, sul fiume Chattoga e non sul fiume Cahulawassee, nome immaginario utilizzato solo per il film, successivamente ribattezzato dai fan.
Già dalle primissime battute del film, Boorman ci introduce in un dialogo filosofico-politico, col quale si cercava di prevedere un futuro di omologazione materialista e di preservare i luoghi di Madre Natura dall’istinto insito nell’uomo verso la distruzione. Stabilimenti, parcheggi, centri commerciali, una critica sociale e politica che ai tempi fece molto discutere, un pensiero in linea con quello romeriano o carpenteriano. Deliverance, tra l’altro, è il primo film ad essere fotografato dal maestro Vilmos Zigsmond (Premio Oscar nel 1977 per Incontri Ravvicinati del Terzo Tipo): l’inizio di una leggendaria carriera con maestri del cinema quali Spielberg, Cimino, De Palma tra vari capolavori quali Blow Out, Il Lungo Addio, Il Cacciatore e I Cancelli del Cielo tanto per citarne qualcuno.
“È la fine della natura, sono gli inconvenienti della civiltà moderna, era l’unico luogo rimasto incontaminato… diventerà un enorme stagno puzzolente e nessuno cerca di opporsi al volere dell’evoluzione dell’uomo moderno.”
Le tematiche sociali non erano le uniche a comparire durante il film, l’altro aspetto e tassello fondamentale è quello dei comportamenti selvaggi/violenti dell’uomo “civile” all’interno della società moderna, comportamenti che ancora oggi, 2018, a distanza di ben 46 anni dalla sua uscita non sono affatto cambiati.
Ed e Lewis rappresentano i modi e i pensieri delle due sub-culture che post-guerra fredda e post-68, cercavano ancora di sopravvivere; chi si schierava verso l’omologazione e quindi la costruzione di una famiglia, il mutuo, la polizza assicurativa, la pensione, la macchina, tutti elementi e oggetti fondamentali oggi e d’ordinaria amministrazione per l’uomo moderno interpretato da Voight e il pensiero più libertino di Lewis (Burt Reynolds), sfrontato, non curante dei pericoli, selvaggio, rude; non a caso le sue “armi di difesa” sono proprio un arco e un pugnale, le prime armi create dall’uomo moderno (Homo Sapiens Sapiens).
Giunti nella località i quattro amici si troveranno davanti ad una realtà ben diversa da quella che si potevano immaginare, le famiglie vivono in condizioni di estrema povertà, senza i comfort moderni, igiene né alcun tipo d’istruzione ed è qui che Drew incontrerà un ragazzino autistico e improvviseranno una delle sequenze più celebri del film (e non solo) con il duello di banjo/chitarra.
Iniziata l’escursione lungo il fiume, i problemi e le differenti idee e personalità dei quattro sventurati li faranno finire prede di due cacciatori del paese che minacciandoli con un fucile, sevizieranno e violenteranno il povero Bob (Ned Betty) nella famosissima quanto controversa scena dello stupro, in cui il povero Betty fu costretto a grugnire come un maiale alle sevizie disgustose del violento bifolco. La sequenza all’epoca fece un gran discutere non solo per la sua imprevedibilità in un film drammatico, ma anche perché era la prima volta che in un film di cosi grande rilievo per pubblico e critica veniva mostrata una scena di violenza carnale omosessuale (anche se non viene proprio inquadrato l’atto ma solo i primi piani dei due protagonisti in questione).
Ad arrivare in soccorso di Ed e Bob giunge però Lewis che uccide con una freccia al cuore l’aggressore di Bob facendo scappare l’altro. Dopo aver preso la comune decisione di seppellire il cadavere del cacciatore, i nostri sventurati avventurieri cadranno lungo il torrente perdendo Drew che non aveva indossato il giubbotto salvagente. Con Lewis ferito gravemente ad una gamba resta soltanto Ed l’unico in grado di salvarli dai possibili futuri attacchi del cacciatore che sembra essersi rifugiato in cima alla montagna, con la costante paura che il cacciatore possa farli tutti fuori con il suo fucile.
E come ogni film che si rispetti, è proprio l’uomo moderno e civilizzato che deve ritornare sui suoi passi per rendersi conto ancora una volta di come tutte le cose materiali, gli usi e i modi civili che oggi ci sembrano e sono d’uso quotidiano, di fronte alla natura selvaggia e spietata e dell’uomo contro uomo, non valgono più niente e si deve tornare ai propri istinti primordiali: tocca adattarsi e sopravvivere. La legge e tutte le altre forme di civilizzazione sono nulle in un territorio quasi allo stato primitivo, e quando l’uomo si trova a lottare per la propria incolumità, l’istinto di sopravvivenza si riaccende in ogni animo.
Un tranquillo week-end di paura è l’espressione massima del cinema di sopravvivenza drammatico, l’eterno dilemma e lotta dell’uomo per la sua supremazia sulla natura incontaminata, ma la natura, come ribadisce più volte Lewis non si fa comandare e le insidie sono sempre dietro l’angolo, pronte ad aspettarci, come forze incontrollabili.
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