
Frank Miller e la dimensione politica di Batman: fascismo, giustizia privata ed istituzioni
July 30, 2018Senza Frank Miller, probabilmente non avremmo mai consentito al Cavaliere Oscuro di ottenere la necessaria profondità psicologica per superare l’immaginario fumettistico ed approdare verso lidi più maturi, in modo da incasellare il suo universo in una dimensione più adulta. Ne Batman: Il ritorno del Cavaliere Oscuro, graphic novel del 1986, è presente ogni elemento che sarà ripreso nelle pellicole e nei fumetti successivi. Vengono cioè seminate tutte le coordinate di una nuova personalità, un nuovo alfabeto di conflittualità a cui ogni autore successivo ha dovuto attingere per imbastire un proprio discorso su Batman. L’universo di Miller rappresenta, quindi, il compendio più completo della mente tormentata di Bruce Wayne, declinata in innumerevoli aspetti la cui complessità ha affascinato ogni lettore. Nel dipanarsi della trama, si riconoscono tutti gli elementi presenti nelle opere cinematografiche successive, siano esse di Burton, Nolan, oppure Snyder.
Nell’universo parallelo di Miller, Batman non è più in attività, è un baffuto cinquantacinquenne dipendente dall’alcol e in preda alle ossessioni del passato. Ha concesso talmente tanta linfa vitale al vigilante, da non riuscire a rassegnarsi alla sua scomparsa: il vigilante coincideva con la sua vita, era l’elemento con cui Bruce Wayne si identificava, e senza di esso è spogliato di ogni impulso, ogni speranza: appassisce al fluire del tempo. Bruce è tormentato dagli incubi, rincorre i ricordi della sua caduta nella caverna sotterranea, popolata dai pipistrelli di cui ha da allora avuto paura, e che ha sfruttato come simbolo per la doppia identità. Continua a rievocare la morte dei genitori, è intrappolato in quel ricordo, non ha superato il trauma.
In una Gotham City traboccante di crimine, il commissario Gordon è in procinto di concedersi la pensione e Harvey Dent, guarito dalla deformità facciale che lo ha reso Due Facce, è ancora vittima delle fragilità della psiche e torna a minacciare la città con folli piani di distruzione. Bruce Wayne, ormai invecchiato e ingessato nella divisa da Pipistrello, senza fiato e arrugginito, torna a difendere Gotham. Il Pipistrello, considerato una vecchia leggenda, ora divide ancora l’opinione pubblica, tra chi lo considera il vecchio paladino della giustizia, e chi un fuorilegge dalla mente disturbata. Il suo ritorno, in parallelo, provoca la rinascita del Joker, rinchiuso da tempo ad Arkham in stato di catatonia, che nella nuova attività di Batman ritrova un motivo per vivere, si reimpossessa della propria identità, specchiandosi nella sua antica nemesi, e la loro simbiosi malata riemerge, nella misura in cui nessuno dei due può rinunciare all’altro, in una modalità che The Killing Joke ha magistralmente sviscerato.
Accanto a queste considerazioni di ordine psicologico, forse l’elemento più importante dell’opera di Miller, come evidenziato anche in altre sue graphic novel e cinematograficamente ripreso solo da Zack Snyder in Batman V Superman (pur in carenza di una posizione autoriale che di certo avrebbe reso l’opera migliore di quello che nel complesso risulta), è la dimensione politica di Batman. L’opera di Miller è profondamente politica, eminentemente politica. A partire dalle considerazioni dell’opinione pubblica e dall’esuberanza dei mass media nella nostra modalità di recepire le informazioni (tema assai attuale, considerando l’infelice conseguenza dell’infiltrazione politica nei social network) fino ad approdare alla modalità di estrinsecazione del concetto di giustizia.
Con la sua nuova lotta al crimine, il Batman del Ritorno è più brutale del passato, più cinico, più spregiudicato. Sfrutta l’alleanza con Gordon per bypassare le istituzioni e mettere in atto una giustizia privata dalle leggi implacabili, sostenute da un potere autoritario e pertanto anarchico (il Batman di Ben Affleck, il migliore per chi scrive, è una magnifica incarnazione del Batman disilluso, violento e reazionario). In un fumetto di Mark Millar, Superman: Red Son, si narra di un ipotetico passato alternativo in cui Superman precipita nella Russia sovietica e diviene il figlio rosso, ovvero il servo delle istituzioni sovietiche, e Batman è rappresentato come una figura sovversiva che contrasta il potere della Madre Russia. Nella logica occidentale, il concetto è il medesimo.
Nell’opera di Miller, dopo che Bruce Wayne ha sconfitto il leader dei Mutanti, la banda criminale che ha terrorizzato Gotham, i suoi membri diventano i seguaci di Batman, che vedono come leader carismatico, di cui seguire le orme ed operare la medesima giustizia a Gotham. Come delle camicie nere al servizio del Duce, questi individui hanno affidato al leader la loro capacità di giudizio, i loro pensieri, la loro personalità, per fondersi in una cosa sola, non pensante, con il Cavaliere Oscuro. Non è dissimile da ciò che abbiamo assistito nella storia, e da ciò che l’attualità politica pericolosamente ripropone, in un periodo di stagnazione culturale e di forte crisi economica. Batman, in questo contesto, è stato associato ad un fascista, e forse lo è stato, ma davanti a un sistema giudiziario ed istituzionale fallimentari, qual era l’alternativa?
La Casa Bianca è preoccupata per la nuova ondata di giustizia privata che ha provocato il ritorno di Batman, e invia pertanto il proprio servo Superman a bloccare Bruce Wayne dall’intraprendere azioni incompatibili con la legge costituita. Lo scontro tra i due è un gioiello della storia del fumetto, in cui non solo si affrontano un umano e un alieno sovrumano, ma si scontrano anche un acuto intelletto e un cervello servile ed arrogante, e ancora due concetti di giustizia differenti, lo scontro tra l’eversione e l’ossequiosa osservanza delle regole. L’esito della battaglia, tutt’altro che scontato, conduce al finale dell’opera, tra i più interessanti mai narrati.
La maturità dell’opera di Miller, il primo a sfruttare la figura del Pipistrello per ragionare di politica e psicologia, di dinamiche del crimine e ideali di giustizia, è un caposaldo che ha contribuito alla fortuna del Cavaliere Oscuro. E questa fortuna, a quanto pare, non è destinata ad interrompersi.
- Tre piani: quel che resta di Moretti - October 18, 2021
- Un altro giro di Thomas Vinterberg: dell’esistenzialismo contemporaneo - May 18, 2021
- Galveston: il cinema e la morte secondo Mélanie Laurent - February 23, 2021