Venezia75: danzando con gli spettri del Suspiria di Guadagnino

Venezia75: danzando con gli spettri del Suspiria di Guadagnino

September 1, 2018 0 By Simone Tarditi

suspiria guadagninoPer colpa di Melissa P., c’è chi continua a vedere delle stigmate sulle mani di Guadagnino quasi potessero corrodere la cinepresa e qualsiasi suo nuovo film. Qualcun altro si è dichiarato stufo delle sue storie borghesi con fastidiosi personaggi benestanti e sovracculturati, una sterile critica che lo avvicina a Paolo Sorrentino. Prima ancora del successo internazionale di Chiamami col tuo nome c’è chi ha espresso serie perplessità sul progetto Suspiria, remake non-remake del trip magicorrorifico targato Dario Argento. Dopo A Bigger Splash, sagomato sulla fisionomia de La piscina, la perplessità di alcuni nei confronti di un secondo rifacimento cinematografico si è tramutata ben presto in rifiuto incondizionato, sentimento poi messo momentaneamente da parte dopo il suggestivo teaser trailer. Sì, ma il film com’è?

Dopo averlo visionato alla 75mo festival di Venezia e rinunciando a qualsiasi paragone con l’originale perché non avrebbe senso (sono due prodotti differenti che poggiano le basi attorno a un medesimo soggetto, due gemelli eterozigoti di età diversa cresciuti nel ventre del grande cinema) si può dire ancora una volta quanto il talento di Luca Guadagnino non sia più qualcosa da mettere in dubbio, contestare, sminuire: è uno dei pochi che in Italia abbia ancora un’idea di cosa voglia dire girare un film facendoci confluire al suo interno tutto il suo bagaglio culturale personale.

Siamo onesti, quanti sono quelli ancora capaci di curare una singola inquadratura nel minimo dettaglio? Il suo lavoro sulla fotografia, scenografie, musiche … un sollievo e un piacere di cui godere. In un panorama come quello nazionale dove gran parte di quello che viene realizzato è di una mediocrità imbarazzante, Luca Guadagnino è il regista che può fare realmente la differenza assieme ai soliti noti registi nati tra la fine degli anni ’60 e i primi ’70. Uno è già stato citato qualche riga sopra, un altro è Matteo Garrone il cui Dogman ha fatto parlare di sé quasi quanto Chiamami col tuo nome.

1977, in una Berlino algida e cinerea dove quando non piove, nevica, arriva Susie Bannion (Dakota Johnson) dal lontano Ohio. Dopo un’unica audizione viene presa nell’esclusiva scuola di danza tenuta in piedi da Madame Blanc (Tilda Swinton). La ragazza si addentra in breve tempo all’interno di un mondo misterioso, tra spiriti, streghe, sacrifici umani. Parallelamente, un’indagine solitaria verrà condotta da un anziano psicanalista per portare infruttuosamente alla luce la verità su quel luogo. Riducendolo all’osso, e di ossa martoriate il film straborda, Suspiria è questo.

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Per Susie, danzare è come scopare. Non un uomo, non una donna, bensì un animale (la Bestia per antonomasia?). Di sesso non c’è traccia, cosa rara per essere frutto di Guadagnino, se non altro di un sesso carnale, di corpi avvinghiati e uniti in un amplesso. Susie scopa coi fantasmi, con quegli spettri di pura energia che entrano dentro di lei, che si impossessano di lei. Qui Guadagnino gioca sporco. Inizialmente il regista presenta una protagonista conscia delle sue possibilità, priva di paure, indipendente, ma che ha bisogno dell’infusione di una forza esterna e sovrannaturale per elevarsi magicamente a un livello di conoscenza superiore. Poi però sembra quasi che la sua “missione” potesse completarsi più in fretta e che la sua attività danzante sia un pretesto per osservare da vicino un nemico.

A una prima visione di Suspiria, la trama scricchiola un poco. Una seconda visione potrebbe risolvere certi dubbi? È poi importante? A monte rimane un’opera di cui è Berlino la vera protagonista, divisa dal muro (e di anni prima che esso verrà smantellato ne dovranno passare ancora più di dieci). La città tedesca, minacciosa come nel Possession di Zulawski, è emblema di una crisi nazionale irrisolta dai tempi della Prima Guerra Mondiale e sulla quale aleggiano altri spettri (non quelli con cui s’intrattiene Susie) riconducibili al secondo conflitto bellico: SS, campi di concentramento, deportazioni, il Nazismo vissuto come religione in cui credere incondizionatamente.

Questi sono i retaggi di un passato incancellabile, lo squarcio contemporaneo alle vicende di Suspiria è originato dalla banda Baader-Meinhof e dagli attentati, rapimenti, atti eversivi contro il sistema che quotidianamente si verificano all’epoca. È un substrato di cui Guadagnino si serve per realizzare un film che per diversità si scolla da tutti gli altri che ha diretto. I tempi di Melissa P. sono finiti per sempre e lontani sembrano ormai anche quelli di Chiamami col tuo nome. Per la gioia di molti.

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Simone Tarditi