
Venezia75: The Sisters Brothers, il western di Jacques Audiard
September 4, 2018“This world is an abomination”
Oregon,1851. Eli e Charlie Sisters (John C. Reilly e Joaquin Phoenix) sono due criminali al soldo di un Commodoro. I fratelli vengono incaricati di mettersi sulle tracce di Kermit Warm (Riz Ahmed), brillante chimico che ha scoperto una formula in grado di svelare con più facilità la presenza di oro nei fiumi. A informarli degli spostamenti di Warm c’è John Morris (Jake Gyllenhaal). Nel corso di una galoppata attraverso le pianure e le montagne, Charlie ed Eli arriveranno fino in California. Le disavventure si moltiplicano, gli inseguitori diventano inseguiti, la missione cambia.
Se qualcuno avesse voluto scommettere sul primo film in inglese di Jacques Audiard difficilmente avrebbe puntato tutto su un western che finisce col risultare anche differente dalle sue precedenti fatiche: lontano dall’epica moderna dell’eroe comune mostrata ne Il profeta, lontano dal dramma degli umili di Un sapore di ruggine e ossa e anche di Dheepan – Una nuova vita.
A ben vedere, The Sisters Brothers si svolge negli Stati Uniti, ma in realtà le riprese del film son state effettuate in Almeria, Spagna (dove Sergio Leone e Enzo G. Castellari hanno realizzato i loro spaghetti western, un luogo già attrezzato per ospitare produzioni di questo tipo), una considerazione marginale e di carattere prettamente interessante solo per gli studiosi (il film è sinergia di tantissime case di produzione internazionali). In fondo, è un’opera così americana da far dimenticare questi dettagli.
È l’idea del viaggio senza fine, con mete e percorsi che cambiano col dipanarsi della trama, a muovere The Sisters Brothers. È qualcosa di profondamente westerniano se non, addirittura, il motore stesso del genere e dell’immaginario che si porta appresso come un bagaglio, singolo, trasportato da un luogo all’altro dell’America. In conferenza stampa (presenti del cast principale solo il regista e l’attore-produttore John C. Reilly, assenti Phoenix e Gyllenhaal probabilmente impegnati su qualche set), Audiard dice di non essere molto legato alla cinematografia western classica (John Ford, il nome che si erge su tutti) e neppure al già menzionato orgoglio italiano Sergio Leone, ma un po’ di più alla fase degli anni ’60 (Missouri Breaks, con Marlon Brando e Jack Nicholson). Lo afferma con convinzione, eppure non si possono non intravedere in The Sisters Brothers quegli elementi canonici -per alcuni prototipici- che hanno reso immortali pellicole come Sentieri selvaggi oppure Il fiume rosso.
Niente classici come punto di riferimento per il filmmaker francese? Il suo film è destinato comunque a diventare un classicone per schiere di cinefili. Il rapporto fraterno tra Charlie ed Eli, che condividono lo stesso sangue, o anche quello tra Kermit e John, fratelli senza geni in comune che si affezionano umanamente e professionalmente nella seconda metà del lungometraggio, è ciò che interessa veramente Audiard. Il resto è un contesto di matrice letteraria che usa per realizzare un prodotto straordinariamente positivo e rasserenante soprattutto se paragonato al cupo Hostiles o a quel Bone Tomahawk così venato d’influenze horror (titoli, questi ultimi due, diversamente notevoli).
Il trailer di The Sisters Brothers poteva far pensare a un western parodico, per non dire comico, preoccupazioni accantonabili nel momento stesso in cui il film inizia. Non mancano le scene divertenti grazie soprattutto al personaggio clownesco di Phoenix. La cupezza c’è, ma è velata: Charlie, alcolizzato, ha paura di avere figli perché il padre era un folle ubriacone, il rischio è quindi quello di tare ereditarie nella progenie. Fondamentale è proprio tutto il discorso sui padri, i quattro poveri diavoli protagonisti hanno tutti qualcosa d’irrisolto con gli uomini che li hanno messi al mondo. Ben altro affetto è riservato alle madri, diventando così ancor più un film vicino alla poetica di John Ford.
Il personaggio più tratteggiato è sicuramente Eli, il fratello maggiore che vorrebbe potersi prendere cura del più piccolo, non riuscendoci sempre. È un uomo sensibile, legato moltissimo al suo cavallo e all’importanza delle parole, come lo è anche John, che annota con costanza tutto ciò che gli succede, persino analizzando comportamenti e reazioni di chi gli sta intorno.
Presentato alla 75ma Mostra del Cinema di Venezia insieme a The Ballad of Buster Scruggs, il lavoro di Audiard si fa immediatamente notare rispetto a quello dei Coen per una coesione narrativa maggiore, come tutti quelli che hanno avuto modo di visionarli entrambi. Il punto della questione è proprio questo: Audiard forse non si è posto il fine ultimo di creare un western perfetto, ma ci è riuscito lo stesso. I Sisters Brothers hanno convinto nettamente di più rispetto ai Fratelli Coen ed è ormai un fatto indiscutibile.
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