
Venezia 75: Intervista a Yaron Shani, regista di “Stripped”, e agli interpreti Laliv Sivan e Bar Gottfried
September 7, 2018Il confronto con due culture differenti genera sempre riflessioni stimolanti. L’intervista che segue prende origine dalle tematiche nodali del film israeliano “Stripped”, in concorso nella sezione Orizzonti alla 75esima Mostra del Cinema di Venezia: la concezione della sessualità nella società occidentalizzata, la violenza sulla donna concepita come oggetto senz’anima, il ruolo della famiglia e delle istituzioni nel plasmare individui e cittadini, concludendo con una riflessione sull’influenza del capitalismo nella nostra attuale visione del mondo e perdita di personalità.
È possibile leggere la recensione del film cliccando QUI.
Permettetemi di cominciare un profondo ringraziamento per la vostra disponibilità. Ho visto il film e l’ho adorato. Tanto l’approccio realistico della regia, quanto la sincerità della messa in scena. Anche gli attori sono stati brillanti. Sono rimasto colpito dalla violenza delle immagini, hanno un enorme impatto emotivo.
Yaron, perché hai deciso di realizzare un film sperimentale con attori non professionisti?
Yaron Shani: Perché voglio essere onesto. Voglio rappresentare cosa significa essere vivi. Non voglio fartelo capire, voglio mostrartelo direttamente.
Infatti lo stile realistico del film ha una forte impronta documentaristica. Sivan, la tua esperienza com’è stata?
Laliv Sivan: Un’esperienza molto intensa. Ci siamo incontrati per parlare, per conoscerci. Yaron Shani è venuto nella città in cui sono cresciuta, ha conosciuto la mia famiglia, i miei cani, le mie relazioni, il mio disappunto. È stato come iniziare un’amicizia, per quanto lui avesse l’interesse nella realizzazione del film. Yaron è un buon amico, mi fido di lui.
Yaron Shani: Non è un documentario, è finzione. Ho assegnato il ruolo agli attori e poi ho seguito i personaggi (e non gli attori) per un anno. Loro sapevano di recitare, di interpretare altre vite, però le situazioni riprese erano vere.
Come la scena dell’audizione di chitarra classica. Gottfried, ho notato che sei bravissimo a suonare la chitarra.
Bar Gottfried: Grazie! Certo, quel contest era vero e sono arrivato terzo. Ho vinto il successivo, però!
Complimenti! La domanda che sorge spontanea vedendo il film è la seguente: quanto è sentito il tema dello stupro nel vostro territorio? Vedendo il film, ho percepito una certa urgenza nell’affrontare il tema…
Yaron Shani: È un problema diffuso, come ovunque. Nel passato, nel presente, nel futuro. Il sesso ha sempre a che fare con la violenza, per la gran parte, in particolare nella cultura occidentale. Ha a che fare col controllo, col fare del male. È alienazione, è rendere il corpo un oggetto. E questo accade anche nella cultura islamica.
E dunque quanto l’influenza della cultura occidentale ha contribuito all’attuale concezione del sesso? In diverse scene si vede il protagonista Ziv che guarda pornografia su internet. Nella nostra cultura è comune associare la realtà digitale alla trasformazione della nostra concezione di sessualità.
Bar Gottfried: Penso che nell’era del digitale i ragazzi siano esposti alla pornografia ad un’età molto giovane, in cui non comprendono il significato di ciò che vedono. Penso che crei una distorsione della realtà, un’immagine di sesso violento, in cui la donna è completamente un oggetto, senza personalità, solo un pezzo di carne.
Purtroppo ci stiamo abituando a tutto questo…
Laliv Sivan: Ci siamo abituati a tutto questo perché non devi necessariamente cercare pornografia nel web: lo vedi nelle pubblicità, nei film, nella cronaca di persone famose, persino quando cammini per strada, sui manifesti. Mia figlia ha guardato l’immagine di una donna e ha subito capito come ci si aspetta che la donna debba apparire, come si debba comportare. Quindi siamo a noi a creare queste distorsioni, stiamo reagendo ad esse. È come essere su uno snowboard, difficile da frenare, a meno che qualcuno non realizzi un film, come uno specchio, che riesca a dire: “Ok, questo è quello che stiamo facendo. Fermiamoci”, e vedere cosa riusciamo a cambiare, e se il futuro dei nostri figli sarà diverso.
Ci sono diverse scene nel film che hanno un forte impatto visivo, ad esempio quando Ziv guarda filmati pornografici suonando la chitarra, o gli attacchi di panico di Alice. Yaron, qual è stato l’obiettivo di realizzare scene tanto dirette, tanto forti?
Yaron Shani: Volevo che lo spettatore fosse il più possibile connesso col significato della sofferenza e dell’aggressione sessuale, tramite l’esperienza del sesso tra un ragazzo e una donna in maniera coercitiva. Ho voluto che fosse così perché, come sai, la realtà è molto, molto, molto folle, e noi non possiamo fingere che non sia così, dobbiamo invece toccarla, e farlo con onestà, senza cercare di abbellirla.
Cosa credi che abbia contribuito, oltre alla pornografia, a formare la nostra attuale idea di sessualità?
Yaron Shani: Non dipende solo dalla pornografia, è qualcosa che dipende dai rapporti che abbiamo noi come esseri umani. Siamo nella cultura del neocapitalismo, in cui ognuno di noi è privato della propria umanità. Stiamo diventando sempre meno umani. Non ci interessiamo più degli altri, ruota sempre tutto attorno a noi stessi, ai nostri bisogni, a ciò che possediamo. Le persone sono automi: se hanno bisogno di qualcosa, fanno di tutto per averla, senza alcuna preoccupazione. In banca nessuno si preoccupa per te, negli ospedali la stessa cosa, in televisione anche. Siamo diventati un nulla, questo è il problema, e il sesso fa parte del problema, come il porno. Nel porno non ci sono esseri umani, e hanno il potere di influenzare chi guarda i filmati.
Il porno oggi copre una grande fetta di commercio, è soprattutto business…
Laliv Sivan: Innegabile. E tornando alla sessualità, alla nostra concezione contribuisce anche il percorso educativo dei ragazzi, le tradizioni insegnate. I ragazzi vengono educati per essere maschi, per essere forti. Gli uomini non possono essere deboli, mentre le donne devono essere belle, educate, fare quello che viene loro detto. Come uomo, se vuoi qualcosa puoi ottenerla, perché hai il potere per farlo, tanto il potere fisico quanto quello economico.
Ho notato che l’espressione di Ziv cambia radicalmente quando entra nell’esercito. L’alienazione è palpabile, mi ha ricordato molto “Full Metal Jacket” di Stanley Kubrick. In quel periodo, lo Stato americano trasformava gli uomini in macchine da guerra. Mi chiedevo quale fosse il contributo dello Stato nel trasformare gli individui, se promuove la loro individualità o contribuisce a renderli oggetti uniformati. E vorrei conoscere il vostro parere anche sul ruolo della famiglia, che vediamo spesso nel film.
Bar Gottfried: Da noi il servizio militare è obbligatorio, proprio nel periodo in cui si forma la personalità: da 18 a 21 anni per i maschi e da 18 a 20 anni per le femmine. Io lotto per l’individualità, cosa che non puoi avere nell’esercito. Là devi fare quello che ti viene detto, la tua personalità prende forma da questo. Per questo vedi così tanto i cambiamenti di Ziv nel film, nella sua espressione, nel suo fisico (ho dovuto fare tre mesi di attività fisica per l’esercito). Nonostante questo, penso che la famiglia rimanga l’elemento più importante nella crescita di un individuo.
Yaron Shani: Immagino tu conosca già la risposta! [Ride]. Lo Stato vuole il controllo. Penso che la famiglia e l’esercito siano due aspetti che contribuiscono a modellarti. Tutto viene modellato dalle esperienze di vita. Anche i Capi di Stato vengono plasmati dalle loro esperienze e da come la vita viene concepita sulla base di una ideologia. L’ideologia è molto più potente della famiglia o dell’esercito. Siamo proprietà di qualcos’altro? E come possiamo tornare ad essere individui? Tutti dovrebbero domandarselo.
Nella nostra cultura la famiglia ha perso molto del suo ruolo nel plasmare gli individui e cittadini, mentre nel passato è stata fondamentale per la trasmissione dei valori su cui si fondava la nostra civiltà. In questo periodo storico di grave crisi economica, l’ideologia sta prendendo nuovamente piede, così come era stato durante il regime fascista. Resta l’istruzione. Cosa ne pensi, Sivan?
Laliv Sivan: Concordo con te. L’educazione è la cosa più importante. I valori trasmessi dalla famiglia ti formano, letteralmente. Per quanto riguarda l’esercito, la situazione è più difficile. Nel film, Ziv dice: “Sei proprietario dell’esercito, e se non fai quello che ti dicono, vieni punito”, quindi se scegli di non aderire a quei valori, sai già le conseguenze che ti aspettano. In qualche modo, ti costringono a diventare quello che vogliono. Qualsiasi sia la personalità, l’esercito annulla tutte le differenze, si diventa uguali. Però in alcuni casi c’è qualcosa all’interno delle persone che resta vivo, e che può rompersi. Le conseguenze possono essere gravi, estreme, come si vede nel film.
Nel film vediamo i genitali e i video pornografici censurati. Ma anche i capezzoli di Alice, o i volti delle lap dancer nella scena della danza, che è forse la scena madre del film: la perdita della verginità e dell’innocenza. Si è trattato di una scelta artistica?
Yaron Shani: Sì, è stata una scelta artistica. Gli attori non erano nudi. Avevano delle toppe che coprivano le parti genitali. Dopo aver girato le scene, abbiamo sostituito le toppe con immagini delle rispettive parti del corpo nude e le abbiamo opacizzate come se fossero censurate. Tutto pianificato dall’inizio.
“Stripped” è il primo film di una “Trilogia dell’Amore”, come è stata definita. Come proseguirà il progetto?
Yaron Shani: Questo è il primo film della trilogia, gli altri due sono in post produzione. Si analizzerà sempre la dimensione del sentimento, ma con storie e prospettive diverse. Ci cono altri attori e altre storie, ma ci sono dei collegamenti con il primo film.
(Intervista al regista Yaron Shani e agli attori Laliv Sivan e Bar Gottfried condotta da Angelo Armandi in data 31/08/2018 presso il Palazzo del Cinema, Lido di Venezia, durante la 75esima edizione della Mostra del Cinema).
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