
Venezia75: Sunset è il nostro Leone d’Oro
September 8, 2018“Neanche a Vienna si divertirebbero così”
Budapest, 1913. In una delle due capitali dell’allora Impero Austro-Ungarico, la trentenne Írisz Leiter (l’attrice Juli Jakab) prova a farsi assumere nella cappelleria che un tempo fu dei suoi parenti ed è invece ora gestita da un nuovo proprietario. La protagonista prova a riprendersi ciò che le spetta, ma viene trattata ostilmente da tutta la città a causa dell’onta gettata sulla sua famiglia. Scoperto dell’esistenza di un fratellastro ancora vivo, forse l’unico legame di sangue che le rimane, Írisz attraversa Budapest da cima a fondo, dai quartieri del centro alla pericolosa periferia, in cerca di una verità impossibile da trovare e lottando con una realtà indecifrabile.
“Stanotte scriveremo il nostro nome nel firmamento”
Occorrerebbe una seconda visione per poter parlare a fondo di un’opera complessa come Sunset, secondo lungometraggio del regista László Nemes. Personalmente, è il Leone d’oro di Vero Cinema per quanto concerne questa 75ma edizione della Mostra. Titolo insuperato e superiore a qualsiasi altro sia stato visionato, nonostante l’ottimo livello della selezione generale. Si sente la necessità d’immergersi nuovamente all’interno di questo film per vari motivi. Il primo è di natura esperienziale dal momento che la proiezione veneziana è stata fatta in pellicola, supporto con cui Sunset è stato realizzato. Questo fatto comporta l’aver assistito a un prodotto meravigliosamente imperfetto, cioè senza interpolazioni relative a color correction e ritocco dei difetti (polvere, graffi, impurità lasciate lì).
Registi come David Cronenberg o William Friedkin possono difendere quanto vogliono il digitale, fanno bene, ma ogni qual volta si ha la possibilità di godere, ormai rarissimamente, di un film girato e proiettato in pellicola ci si accorge di cosa ci si sta lasciando via via alle spalle. E non basteranno Paul Thomas Anderson, Quentin Tarantino o Christopher Nolan a cambiare le inevitabili sorti, neppure ai piani altissimi della scala produttiva. Tornando a Sunset, quando finalmente uscirà nelle sale italiane grazie alla Movies Inspired, il pubblico potrà sedersi in sala e vedere su un grande schermo un film ugualmente maestoso. Tuttavia non sarà la stessa cosa di ciò che è stato portato al Lido. I fortunati spettatori di Venezia75, identificati come “privilegiati” da coloro i quali sono rimasti a casa, hanno avuto la possibilità unica e irripetibile di guardare il vero Sunset. Quelli che lo vedranno in futuro, avranno a che fare con una versione resa perfetta per la grande distribuzione in digitale. Sarà e contemporaneamente non sarà lo stesso film.
Il secondo motivo riguarda la stratificazione spazio-temporale su cui il film di László Nemes poggia. La sua protagonista, Írisz Leiter, travalica e trascende letteralmente gli anni e i luoghi, si aggira come uno spettro che non conosce pace in un mondo violento e spaventoso. In breve, dentro Sunset ci si smarrisce inevitabilmente, con un certo inspiegabile piacere, ed è una delle ragioni per cui si tratta di una straordinaria opera d’arte. Alcuni degli individui che la giovane incontra sono realmente lì? Qualcuno prova davvero a farle del male o se lo immagina? Con chi parla? Sono ectoplasmi o esseri di carne? Sono prefigurazioni mentali? In quale frammento della Storia ci si trova davvero? La tecnica che il regista applica è analoga a quella sperimentata con successo ne Il figlio di Saul tant’è che le vicende possono quasi sovrapporsi così come unificati finiscono per essere i due personaggi principali (un uomo, una donna). Si accompagna la protagonista ovunque vada e si finisce col diventare lei, a fare i suoi errori, a sentirsi opprimere, a vedere il proprio corpo lambito da ogni lato, a fare conoscenza di sentimenti distruttivi, a prendere per mano la Morte, a scrutare rilievi indefiniti nel buio universale senza sapere se prima o poi si tornerà alla luce.
Si parla spesso della cosiddetta “immedesimazione” del soggetto che esperisce nei confronti di chi o cosa viene esperito, il Cinema si basa su questo trasferimento emotivo verso un’immagine immateriale, ma il livello raggiunto con Sunset segna una pietra miliare in questo processo. László Nemes e le persone che hanno lavorato con lui sono semplicemente arrivate dove nessuno prima di loro si era spinto. O meglio, il promontorio è lo stesso su cui altri cineasti si sono inerpicati, ma il panorama è diverso. Al regista un solo augurio: che continui su questa strada europea, magari slegata dall’Ungheria e vicina ad altri paesi del Vecchio Continente, ma che non vada mai a fare cinema in America dove, con ogni probabilità, la sua immaginazione verrebbe corrotta e omologata.
“Il male si cela nell’Uomo, lo corrompe”
A monte di quel che finora si è scritto, Sunset è un film indimenticabile e allo stesso tempo di cui non si può assimilare tutto subito. Lo sconforto e la resistenza rispetto a ogni evento che la investono, rendono Írisz una fragile creatura capace di mettere in discussione se stessa. Formatasi a Trieste, quando torna a Budapest fa ritorno anche nella casa in cui è nata, che affettivamente le appartiene e da cui viene scacciata via peggio di un indesiderato insetto. Difficile non empatizzare con lei, difficile non diventare lei per oltre due ore. Indesiderata, maltrattata, perseguitata, sottostimata, preferita se morta, Írisz è conosciuta da tutti e voluta da nessuno. Vuole avere informazioni sulla sua famiglia e nulla le viene detto, vuole far parte di una società che le appartiene di diritto eppure c’è chi vuole schiacciarla, farla sparire, impedirle persino di parlare. Completamente sola. Sensibilità mitteleuropea.
Infiltrata in party esclusivi dove si cerca lo spillone perduto della principessa Sissi ed evitando di venire raggirata da baroni con monocoli alla Erich von Stroheim e contesse vestite a lutto, la splendida Írisz saprà se non altro trovare dentro se stessa una forza che non crede neanche di avere. A quale costo? Quello di non sentirsi una vittima che ha ereditato una maledizione perché nessuna colpa ha riguardo a ciò che i suoi parenti hanno fatto. Innocente e flagellata. Il suo pare il destino dell’Europa che si sta affacciando su una guerra da cui uscirà a pezzi, divisa e lacerata. La festa è finita e ci si risveglia con un certo stupore nello scoprirsi ancora vivi. È l’inizio di un’altra era.
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