
Tokyo 2018: Siren’s Call, sognando una vita diversa
October 26, 2018Omero (o chi per lui visto che con ogni probabilità non è mai esistito) racconta di un Ulisse così furbo da costringere i suoi marinai a mettere dei tappi di cera nelle orecchie per non udire il canto delle sirene e di farsi legare da questi all’albero maestro della nave per poter ascoltare quelle voci ammalianti senza dover finire annegato in mare cercando di raggiungere quelle seducenti creature. Nel corso dei secoli, il mito si è riproposto similmente con piccole varianti da una volta all’altra, ma l’umanità è sempre stata accompagnata da storie di seduzioni, incantesimi, che hanno portato innumerevoli individui su strade sbagliate e alla rovina.
Siren’s Call s’inserisce in questa lunga lista. È il racconto di una lunga ed estenuante giornata nella vita di Tahsin, architetto stufo della frenesia d’Istanbul e desideroso di abbandonare tutto e tutti. Metropoli è sinonimo di caos, fretta, tensione, pertanto il protagonista pensa bene di dover lasciare il suo lavoro e trasferirsi altrove dopo aver incontrato una sua vecchia conoscenza (Siren), la quale ora gestisce apparentemente in maniera serena un’azienda agricola nel sud della Turchia. Insomma: basta fiato sprecato, basta parole vuote, basta ramanzine dalla moglie, basta traffico, basta cementificazione, basta musica distensiva che non serve a nulla, basta con tutto ciò che genera stress.
Il piano di Tahsin non va a buon fine, né quando tenta di sfuggire alla robotizzazione della sua esistenza né quando, dopo una serie infinita di peripezie, raggiunge la terra promessa dove trova altre rotture di cazzo. Chakra, energie spirituali, meditazioni orientali, erbe medicinali, mantra. Arriva, finalmente, la consapevolezza che il paradiso non c’è, inutile cercarlo, quindi tanto vale fare i bagagli e tornare a casa. Siren’s Call manca di originalità ed è zeppo d’ingenuità, ma lo si può massacrare per questo? No, perché in ogni minuto si nota la difficoltà incontrata dal regista (Ramin Matin) nel portare a termine un film in quella nazione (il budget è chiaramente molto basso, lo si capisce con chiarezza in molte scene). Il mondo si sta trasformando in un mostro d’acciaio e vetro, palazzi sempre più alti svettano verso il cielo, la città perde la sua identità a favore del progresso, così come questo lungometraggio via via si palesa come un incubo a occhi aperti con elementi tradizionalmente da comica (gli inseguimenti, i personaggi strampalati, le gag, persino l’idea prevedibile della circolarità).
Presentato alla 31ma edizione del Tokyo International Film Festival, sul suolo nipponico Siren’s Call sarà in programmazione con grandi titoli degli ultimi tempi tra cui l’italianissimo Loro di Paolo Sorrentino, ma anche importanti opere passate a Venezia75 (The Favourite, Roma, A Star Is Born, Doubles Vies), per non parlare della Palma d’Oro Un affare di famiglia di Hirokazu Kore’eda e anche del documentario di Margarethe von Trotta Searching For Ingmar Bergman proiettato questa estate a Bologna per Il Cinema Ritrovato.
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